Dissonanza cognitiva: riassunto

La dissonanza cognitiva è una teoria della psicologia sociale che descrive la complessa elaborazione cognitiva che effettuaiamo quando dobbiamo conciliare nella nostra mente concetti in contrasto tra loro

La teoria della dissonanza cognitiva è stata introdotta nel 1957 da Leon Festinger, psicologo sociale statunitense vissuto tra il 1919 e il 1989.

Successivamente la teoria è stata ripresa e adattata all’ambito clinico dallo psicologo tedesco (naturalizzato statunitense) Milton Erickson.

La dissonanza cognitiva definisce il disagio e la tensione generate dalla presenza nella nostra mente di due idee incompatibili tra loro o dalla discrepanza tra i nostri valori e le nostre azioni.

L’esempio accademico classico di dissonanza cognitiva è la resistenza delle persone al cambiamento, anche quando la situazione è oggettivamente svantaggiosa. Pensiamo per esempio a una donna che vive con un partner violento. È impossibile trovare un motivo razionale per restare accanto a qualcuno che ti picchia, tuttavia, la vittima riesce a ingannare se stessa e, nei casi più gravi, persino a giustificare il suo carnefice. La dissonanza cognitiva spiega come questo sia possibile.

La nostra reazione alla dissonanza cognitiva

Quando nella nostra testa ci sono due elementi inconciliabili tra loro, cerchiamo di eliminarne uno e di interrompere tutto quello che potrebbe nutrirlo.

In breve, agiamo per ridurre la dissonanza cognitiva.

Nell’esempio della violenza domestica, la vittima potrebbe minimizzare le botte, raccontando a se stessa che si tratta di un evento isolato, mettendole su una bilancia dei pro e dei contro vantaggiosa per il carnefice, addirittura ci sono donne che arrivano a incolpare se stesse per la condotta violenta del partner. Tutto pur di eliminare la tensione tra due elementi inconciliabili: l’amore e la violenza.

“Lui è il mio partner, lo scelto, lo amo, non può farmi del male”.

Più in generale, ci sono diversi modi per ridurre la dissonanza cognitiva. Cambiare contesto, agire diversamente, cercare nuove informazioni che riducano l’impatto dell’idea che vogliamo eliminare.

Tre modalità per ridurre la dissonanza cognitiva

Secondo Festinger esistono tre modalità per ridurre la dissonanza cognitiva:

#1 Cambiare un pensiero per renderlo più coerente con l’altro: se una persona spende troppo denaro e pensa allo stesso tempo di doverne accumulare, dovrebbe cambiare uno dei due comportamento o in un senso o nell’altro

#2 Aumentare le evidenze a favore del comportamento incoerente: di fronte all’evidenza che il bere troppo fa male, chi approfitta di questo comportamento tenderà a difenderlo anche facendo uso di massime, come: ‘il vino fa buon sangue‘.

#3 Diminuire la dissonanza: fare in modo che le posizioni assunte siano meno discordanti; una persona che ha il colesterolo molto alto dovrebbe non ingerire cibi grassi, ma questa cosa diventerebbe insopportabile al punto da pensare che è meglio una vita felice che una piena di sacrifici e rinunce.

Vita, mi giustifico!

Quando andavo a scuola la prof ci aveva dato due giustificazioni bonus da usare durante tutto l’anno. Il giorno di interrogazione bastava alzare la mano e dire “prof mi giustifico” per uscire dall’elenco degli interrogabili.

Con la dissonanza cognitiva funziona più o meno così, solo che dall’altra parte anziché la prof, c’è la vita.

L’ansia, l’angoscia e la tensione per aver agito nel modo sbagliato (per esempio restando con il partner violento) mi obbligano a inventare una giustificazione credibile per il mio comportamento.

“Mi ha picchiato ancora, sarei dovuta andare via già la prima volta che l’ha fatto… no, non avrei potuto, non avevo nessun posto dove andare!”

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