Negli anni della crescita, quelli scanditi dal proprio percorso di studi, il nostro sé non è ancora completo, fagocita famelico tutto il mondo esterno spinto dal bisogno di trovare una sua definizione.
Tre tipi di felicità.
Per Schopenhauer, la felicità relativa deriva da tre cose: quello che uno è, quello che uno ha e quello che uno rappresenta agli occhi degli altri.
La prima strada per la felicità, quello che uno è, è preclusa ai bambini e ai ragazzi perché il loro sé non è ancora completo. Fino all’adolescenza ci si definisce attraverso l’adesione alle mode e attraverso l’approvazione del branco, cioè grazie a quello che uno ha e a quello che uno rappresenta agli occhi degli altri.
Questa dinamica è vera per tutti, ma ognuno la vive in modo differente. Intendo dire che non tutti possiedono le cose che desiderano o sono popolari nel loro gruppo. Queste differenze sono causa di grande sofferenza per alcuni bambini o adolescenti che non riescono a farsi accettare dagli altri, sofferenze che possono portare fuori rotta il percorso di formazione del sé, causando profondo disagio psicologico in futuro.
Dall’altra parte, sul versante della troppa popolarità, il pericolo è enorme. I bambini o ragazzi abituati da sempre a ottenere tutto quello che vogliono e a essere apprezzati da tutti, rischiano di affezionarsi troppo a queste lusinghe esterne.
Sto talmente bene che non ho voglia di crescere.
Costruire il proprio sé è un processo faticoso e difficile perché implica il superamento dei contrasti. Nella vita, ogni volta che ci capita qualcosa di spiacevole – un fallimento, una perdita, un abbandono – dobbiamo lottare per non farci travolgere. Una volta vinta la lotta, abbiamo imparato qualcosa su noi stessi, il nostro sé ha una caratteristica in più che ci rende più simili a noi e meno simili agli altri.
È molto importante cominciare a combattere da piccoli, quando le energie sono tante e la fantasia per superare le avversità è infinita.
Il problema dei bambini viziati e amati da tutti è di non trovarsi mai nella necessità di superare una sofferenza. Loro possono risolvere la ricerca della felicità in quello che hanno e in quello che gli altri pensano di loro.
Facciamo un esempio.
Una bambina molto bella e diligente sarà benvoluta sia dalle maestre sia dai compagni di classe. Il fatto di essere ubbidiente le garantirà la sicurezza di avere buoni voti e il fatto di essere bella le garantirà l’approvazione sociale. Definire se stessa non le serve a niente perché è completamente soddisfatta da come la definiscono gli altri. L’unico problema di questo idillio è che potrebbe finire.
Quando quello che si ha e quello che gli altri pensano di te non basta più.
Se la nostra felicità dipende esclusivamente da quello che possediamo e da quello che gli altri pensano di noi, ci si presenta il problema di lasciare tutto com’è. Nulla deve cambiare.
Ma questo non è possibile.
Una ragazza che per tutta la vita ha avuto il via libera grazie al suo aspetto fisico ben presto si troverà a fronteggiare l’invecchiamento.
Un ragazzo molto popolare per il suo atteggiamento ribelle, incurante delle regole, sempre pronto a godersi la vita procrastinando gli impegni ben presto dovrà fronteggiare la necessità di guadagnarsi il pane.
Una ragazza che ha sempre ricevuto amore dai suoi genitori e apprezzamento dai suoi insegnanti ben presto dovrà scontrarsi con il mercato del lavoro ostile e indifferente.
Un ragazzo la cui unica gioia nella vita è sempre stata il fare parte di una grande compagnia di amici ben presto dovrà scontrarsi con il fatto che gli amici saranno sempre più impegnati nello loro vite private.