Possiamo continuare senza legami?

Attraverso queste due dimensioni, contatto e separazione, possiamo riflettere sul periodo che noi tutti stiamo vivendo. Da un giorno all’altro abbiamo dovuto privarci del contatto con l’esterno, della relazione, della dimensione dello “stare con”. Se togliamo la relazione dall’essere umano, togliamo l’umano che c’è dentro ognuno di noi. Spesso sentiamo di violenze domestiche in questo periodo, addirittura di persone che vogliono tornare in carcere per non stare più ogni giorno con la propria pena l’omicidio. Siamo stati catapultati da un mondo dove ognuno poteva vivere, forse anche in maniera eccessiva, la relazione con l’Altro, verso il mondo del suo estremo opposto, quello del non rapporto. Oggi siamo imprigionati dentro un confine, dentro il limite. L’unica legge che abbiamo è quella della separazione tra noi e l’Altro che sta fuori dalla nostra casa. Chiediamoci: Dov’è che la libertà prende vita? La libertà non si fonda forse sulla legge, sullo stare dentro un perimetro di azione? Agire dentro un limite è la forma più alta di libertà. Non c’è libertà se non dentro un confine altrimenti vivremmo nell’anarchia, nella totale assenza di leggi e ciò che regnerebbe non sarebbe la regola di cui noi tutti abbiamo bisogno ma l’unica legge sarebbe quella del caos. Ma cosa succede quando lo spazio dentro cui la libertà si manifesta diventa così stretto? È qui che la libertà cessa di essere tale. Siamo sicuri che possiamo resistere ancora per molto? Uno dei grossi problemi del post quarantena oltre alla situazione economica sarà anche quello del ritorno alla relazione, del ripristino del contatto che non sarà più (per molto tempo almeno) come prima. Purtroppo non possiamo fare previsioni esatte su come questo evento inciderà sulla psiche delle persone ma possiamo immaginarci che quando sarà il momento di uscire da questo situazione, ci potrebbero essere delle complicazioni non indifferenti. Siamo ovviamente dentro un campo ipotetico ma se pensiamo al sentimento che domina in questo periodo, la paura, non ci è difficile immaginare che l’angoscia del contatto con l’Altro, del salutare qualcuno per strada e dello stare sempre a distanza minima di un metro, possa segnare la nostra futura quotidianità. L’Altro non sarà più un semplice passante per il marciapiede ma sarà colui che può recare danno alla mia persona e a cui devo per forza tenermi a debita distanza.

Fin dai primi giorni del lockdown abbiamo assistito a spot di personaggi famosi che ci dicevano di riscoprire quanto è bello stare a casa, di stare a contatto con noi stessi, di fare le cose che non facciamo mai. Molti l’hanno definita come una possibilità di riscoperta. Questa riscoperta è assolutamente impossibile se prima non facciamo il lutto di ciò che abbiamo perso. Fare il lutto non significa ritirarsi dentro un mondo fantastico, a tratti delirante, che questa situazione sia positiva, perché il principio di realtà ci impone di aprire gli occhi e di vedere che essa non lo è. Solo riuscendo a fare il lutto del “prima”, inteso come elaborazione psichica della perdita, possiamo arrivare ad una dimensione di cambiamento, di scoperta e non di riscoperta. Scoprire ciò che prima non eravamo in grado di rappresentarci psichicamente, lavorare su noi stessi, sui nostri pensieri, sulle nostre passioni ci permette di crearci una nuova libertà dentro i confini che oggi ci vengono imposti dall’esterno. Ma ancora una volta dobbiamo chiederci: quanto possiamo resistere senza stare in relazione con le altre persone di cui sentiamo la mancanza? Il lockdown improvviso ha provocato una spaccatura tra il passato e il presente, tra il prima e il dopo, tra il vecchio e il nuovo, tra il legame e il non legame. Ogni persona a questa spaccatura reagisce in modo puramente soggettivo, come del resto ogni reazione ad un evento improvviso ed inaspettato è del tutto singolare. Il nostro trauma, quello con cui tutti abbiamo dovuto fare i conti in questi giorni di quarantena, ha spaccato la linearità della nostra vita favorendo vissuti angosciosi, di paura e di sconcerto di fronte all’incertezza. Ognuno a modo suo sta cercando di elaborare la spaccatura ma molte persone che già prima erano in difficoltà, potrebbero non riuscire a ricucire lo strappo e a ritrovare la linearità della loro vita. Questo è forse il compito che ognuno di noi dovrebbe cercare di assolvere in questo periodo: provare a rendere definibile e lineare, attraverso un processo di cambiamento e di elaborazione psichica, il nuovo che si è manifestato di fronte a noi ed anche ciò che si manifesterà nei prossimi mesi. Sperando che il 4 Maggio si possa finalmente uscire da questo recinto costrittivo per tornare in contatto con l’esterno, l’unica cosa che possiamo ricordarci nei momenti in cui sentiamo di essere messi a dura prova, è che nessuno nella vita si salva da solo. Piaccia o no, siamo fatti per ricercare e per stare dentro le relazioni umane.

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Bibliografia

American Psychiatric Association. (2014). DSM – 5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.Raffaello Cortina Editore.

Bion, W. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando Editore, 1972.

Klein, M. (1945). Complesso edipico e angosce primitive. In Scritti, 1921-1958. Torino: Bollati Boringhieri, 1978.

Kraepelin, E. (1919). Dementia Praecox I. Pisa: ETS,1989.

Maslow, A. H. (1954). Motivazione e personalità. Armando Editore, 2010.

Luca Zompa

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