Il paradosso della felicità per gli ansiosi

Gli ansiosi non riescono a convivere con il dubbio, la mancanza di controllo su quello che potrebbe accadere li manda fuori di testa. Come la maggior parte delle fatiche mentali, anche l’intolleranza all’incertezza degli ansiosi rappresenta lo zenit di un comportamento condiviso da tutti noi. Basta pensare alla sensazione spiacevole che proviamo quando dopo aver inviato un messaggio importante con il nostro smartphone, aspettiamo la risposta del nostro interlocutore. In quel momento la nostra attenzione è catalizzata da quale potrà essere la sua risposta, perché da quello dipende il nostro buonumore. Non necessariamente dalla risposta in sé, direi piuttosto dai suoi risvolti pratici.

felicità

L’ansioso affronta con fatica qualsiasi attesa ed è bravissimo a costruire gli scenari più disastrosi partendo dall’eventualità che le sue aspettative vengano deluse. Stila mentalmente il campionario dei risvolti negativi. Per questo quando controlla la situazione, non dipende dagli altri, si sente più tranquillo. Il controllo è la chiave presunta del suo benessere.

Ahimè, controllare ogni cosa allontana la felicità.

Se, per assurdo, il controllo totale sulla nostra vita, sugli esiti delle nostre scelte fosse possibile, non potremmo mai raggiungere la felicità. Il massimo a cui potremmo aspirare sarebbe un livello medio di benessere nel quale vivere sereni perché certi che non può accadere nulla di male.

Il motto epicureo secondo il quale la felicità consiste nell’assenza di dolore è alquanto inesatto. Oggi, quella condizione la chiamiamo benessere o qualità della vita.

Si pensi al malato che soffre di un male incurabile, il suo obiettivo e quello dei medici sarà garantirgli proprio l’assenza di dolore. Potrà anche vivere con qualità i giorni che gli restano, ma in questa programmazione non troverà la felicità. Quando la troverà sarà sempre in qualcosa di incalcolabile e inaspettato.

Perché la felicità è sempre qualcosa che accade all’improvviso.

Il malato può ricevere la visita di un amico che non vedeva da tempo, può ricordare un evento divertente, può scoprire che il libro che sta leggendo è veramente bello. Potrebbe anche ricevere la notizia che la malattia è andata in remissione e all’improvviso non c’è più.

Tanto più grande è la sorpresa, tanto più intensa è la felicità. 

Quello del malato è un esempio drastico e certamente circostanziale. Però la logica descritta si applica a tutti noi.

Con il lavoro e la fatica possiamo costruirci una nicchia di benessere, ma la felicità arriva per caso.

Quando l’ansioso teme l’imprevisto fa bene. Non tutti gli eventi improbabili veicolano felicità, come ogni cosa della vita sono una medaglia a due facce. Per l’ansioso la diffidenza verso l’ignoto è l’unica forma di attesa possibile, è troppo spaventato dai capricci del caso per cedergli. Così facendo, però, si preclude la possibilità di essere felice. Lo scetticismo verso tutto quello che non dipende da lui diventa una prigione mentale, dalle grate della cella in cui sono rinchiusi i suoi ragionamenti, anche gli eventi positivi acquistano un grigiore negativo.

Gli ansiosi hanno provato a dare un’etichetta socialmente accettata a questa visione del mondo, l’hanno chiamata cinismo. Il cinismo è un’altra cosa, non è un timore né uno sguardo malinconico, è una visione onesta perché priva di sovrastrutture. Il cinismo di diogene era masturbarsi sull’agorà perché aveva voglia di eiaculare, non piangersi addosso perché la morale comune condannava gli atti osceni in luogo pubblico.

La massima aspirazione dell’ansioso è vivere nella sua zona di conforto, lontano dai capricci del caso. Una fascia di bonaccia dove niente di inaspettato può accadere. Il paradosso è che questo luogo non esiste, nonostante tutto l’impegno profuso per evitare l’imprevisto lui sfuggirà sempre al nostro controllo. Ma l’imprevisto, anche se positivo e potenzialmente foriero di felicità, sarà accolto dall’ansioso sempre in modo negativo, spogliandolo di ciò che ha di buono e rendendolo un colpo a salve di felicità.

Anche per questo, l’ansioso non si gode mai nulla.