La modella di Gucci che ha scatenato una serie infinita di commenti è un esempio perfettamente riuscito di manipolazione mentale tramite il principio della dissonanza cognitiva
La manipolazione di massa realizzata da Gucci proponendo una modella distante dalle aspettative estetiche della maggioranza è basata sulla dissonanza cognitiva.
La dissonanza cognitiva è una contraddizione interna, chi la vive dice e pensa cose contrarie a quello che sente e percepisce. L’esempio più semplice e terrificante di questa meccanismo cognitivo è la donna che resta accanto al compagno violento. Le botte, a livello razionale, suggerirebbero una sola scelta: abbandonare il partner violento. Qualunque altra opzione è logicamente sbagliata. Tuttavia, a volte, a quell’uomo basta mostrarsi pentito e offrire una cena per cancellare una nottata di ceffoni.
Questo è un esempio estremo, ma in generale siamo tutti bravissimi a negare l’evidenza. Lo facciamo continuamente quando scegliamo di restare di una condizione a noi sfavorevole pur di non prendere la responsabilità del cambiamento.
Cosa c’entra tutto questo con la modella di Gucci?
Appena vedi la modella di Gucci pensi che non assomiglia all’idea di modella che hai in testa. L’aspettativa tradita genera una sensazione di disordine, come se qualcosa non fosse nel posto giusto.
Come la foto qui sotto.
Tra le ante sfasate del mobile e la modella di Gucci però c’è una grande differenza. Mentre puoi pensare serenamente che le ante dovrebbero essere allineate, se pensi che la modella di Gucci sia inadatta a ricoprire quel ruolo immediatamente ti censuri, perché chi sei tu per giudicare l’estetica di quella donna?
Tutti vedono che l’estetica della modella di Gucci non è aderente alle aspettative, altrimenti non se ne parlerebbe, ma se ti permetti di dire che è brutta subito vieni giudicato a tua volta. Ti diranno che ti sbagli, che il tuo giudizio è superficiale, persino che non ti puoi permettere di giudicare una donna solo dall’aspetto.
Breve intervallo: giudicare una donna in copertina per la sua estetica è lecito, è lì proprio per quello. Da un punto di vista logico è più sbagliato giudicare un calciatore per i suoi congiuntivi visto che è in vetrina per giocare a pallone.
Fatto sta che chiunque faccia notare l’ovvio, cioè che la modella di Gucci non è bella (almeno nel modo in cui ci aspetteremmo), rischia di passare dalla parte del torto. Sotto il peso del bisogno di approvazione sociale, le persone sono portate ad affermare persino il contrario di quando sentono: la modella è bella!
Sbagliato! Non puoi mentire a te stesso!
Tradire il proprio sentire non è gratis. Il corpo accumula tensione che in qualche modo dev’essere sfogata. Se andate a leggere i commenti ai post che parlano di questa trovata di Gucci vi renderete subito conto del livello di rabbia e livore che si è generato.
Chi sfoga la sua tensione insultando la modella ovviamente compie un atto miserabile che va condannato. Un ipotetico tribunale morale però, dovrebbe tenere conto che l’imputato è stato provocato. La sua reazione è scorretta, ma non ha cominciato lui.
Davanti alla foto della modella abbiamo due possibilità, entrambe svantaggiose. La prima è negare quello che sentiamo e dire che è bella. La secondo è assecondare quello che sentiamo e dire che brutta.
Come si esce da questo tranello?
Lo si fa riconoscendo chi ce l’ha predisposto: Gucci. È lui il burattinaio che muove i fili dei nostri pensieri e ci spinge a discutere, indignarci, litigare per niente.
Con un po’ di pratica diventerà più facile individuare nella nostra vita le terrificanti ripercussioni dei tentativi di manipolazione perpetuati ai danni dei nostri pensieri. Nelle relazioni, come nell’esempio della donna che giustifica le botte e arriva persino a dubitare del suo dolore quando il partner si scusa. Nel lavoro, quando un nostro superiore sfrutta la sua autorità per abbassare la nostra autostima. Nella pubblicità, quando l’inutile viene lucidato fino a sembrare irresistibile.
Comprendere i meccanismi comunicativi alla base del mondo ti libera dal male.
Questo testo è stato riscritto sulla base della riflessione di Alessandro Baccaglini (LINK).