Francesco Zurlo psicologo psicoterapeuta, consulente

L’essenza – tra arte e follia

Il linguaggio della follia e quello della poesia sono accomunati dal desiderio impossibile di uscire da se stessi, di valicarsi. Camminando sul confine tra arte e psicologia, ho contribuito con questa mia poesia al progetto documentale “la esencia” per la "escuela de cine Bande à Part – Barcelona". Sarà pubblicato, per chi fosse interessato, un articolo che permette di meglio comprendere il senso dell’opera.Il testo del poema:Ho costruito sulle mie ossa rotte e invece di aggiustarmi ho continuato a costruireSono andato avanti Anche quanto pensavo indietroHo camminato di traverso alla natura delle coseCome su un treno che non guidavo io Guardavo i miei orizzonti lateraliDove volevo andare ma non andavo maiPosso descrivere i luoghi in cui non sono stato Hanno i nomi delle mie sofferenze e fantasie

Posted by Francesco M Zurlo on Thursday, July 16, 2020

Unendo l’arte alla psicologia, l’autore legge e dipinge il suo poema su una manipolazione sonora della sua stessa voce. Da un lato l’opera esprime l’impossibilità di valicare i confini di se stessi, dall’altro riconosce all’arte e alla malattia il ruolo di punto di apertura verso lo sconosciuto, l’altro da se.

Il sottofondo musicale, o paesaggio sonoro, è un cut-up di una registrazione in cui l’artista legge lo stesso componimento poetico con sullo sfondo l’opera “Études aux chemins de fer” (il pioneristico lavoro di Pierre Schaeffer sulla musica concreta): i segmenti di informazione sonora, in cui ancora si riconoscono alcuni passi del poema, sono manipolati in modo da creare una dimensione onirica, astratta e malata. La dimensione implacabile del tempo, come eterna tensione umana e musicale, si legge già nella prima parte del poema.

Ho costruito sulle mie ossa rotte

e invece di aggiustarmi ho continuato a costruire

Sono andato avanti 

Anche quanto pensavo indietro

L’idea è sottolineata dall’immagine del treno che l’uomo non guida, dal quale non può uscire perché lui stesso costituisce il treno, del quale tuttavia non riesce a comprendere la direzione lineare, il punto di arrivo, ma osserva gli “orizzonti laterali”, dove desidera, ma non può, andare.

Ho camminato di traverso alla natura delle cose

Come su un treno che non guidavo io

Guardavo i miei orizzonti laterali

Dove volevo andare ma non andavo mai

L’intera opera, nella sua complessa varietà, esprime un significato ridondante: il desiderio e l’impossibilità di uscire da se stessi. Il viaggio impossibile dell’uomo che si lancia da un trampolino e, dopo un lungo volo, rompe la superficie dell’acqua per attraversare la matrice e ritrovarsi invece ancora una volta catapultato dentro di se. È per questo che l’artista non distoglie mai lo sguardo dalla tela, su cui dipinge la stessa poesia che ha scritto e che adesso recita, sullo sfondo musicale alterato dalla masticazione di se stesso, reso malato da un impossibile dialogo interiore. Una volta finito, resta a dipingere nel silenzio, finché il sottofondo musicale non ricomincia: tutto si ripete, la linea insegue se stessa in un cerchio infinito, senza mai davvero raggiungersi, senza mai spezzarsi. Eppure, nel suo compiersi, l’opera contiene una speranza: il chiuso contiene un punto di apertura, di comunicazione con la matrice che pure non si riesce ad attraversare e con gli altri esseri umani che pure non possono mai essere toccati davvero nella loro intimità psichica. Il punto di apertura in cui si esprimono la sofferenza e la fantasia, l’arte e la malattia, le due dimensioni dell’esistenza di un artista che, prima di esser tale, è uno psicoterapeuta.

Posso descrivere i luoghi in cui non sono stato.

Hanno i nomi delle mie sofferenze e fantasie.

Video realizzato per il progetto cinematografico “la esencia”, di Lilia Lee, per la “escuela de cine Bande à Part”, Barcelona.

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