IL VIRUS DELLO SCIENTISMO

“Cogito ergo sum” (Cartesio, 1637).  È il pensiero che umanizza la vita dell’uomo; La peculiare capacità dell’uomo di pensare o meglio, di pensare i pensieri per dirla in termini metapsicologici, è una delle tante caratteristiche che distingue l’umano dall’animale. Il pensiero inteso come funzione di ciò che noi chiamiamo coscienza, la cui natura rimane ancora oggi un mistero, rende unico ed irripetibile l’essere umano di fronte alle altre specie sulla Terra. È in ultima analisi l’essere stesso, la quinta essenza dell’uomo. Ma ancora scriveva il filosofo e matematico: “dubito ergo sum vel quod item est cogito ergo sum” (dubito dunque sono, o ciò che è lo stesso, penso dunque sono). Cartesio scardina l’essere di aristotelica memoria sostenendo che non è esclusivamente il pensiero il discriminante tra l’uomo e l’animale ma una sua specifica funziona: la capacità di dubitare. “dubito ergo sum”. Potremmo dire:” se io dubito, allora io sono, io esisto”. È il dubbio che fonda la certezza di essere umani. È ciò che ha permesso alla Filosofia prima e alla Scienza dopo, di essere la più grande invenzione dell’intelletto umano. Tutto prende vita dalla capacità di dubitare.

René Descartes (Cartesio)

La Scienza medica ormai da mesi, è la protagonista della scena mediatica italiana.  Messaggi contraddittori e ipotesi spacciate come leggi empiricamente validate da chi pensa di possedere la veritas medica e consigli basati sul vuoto scientifico, sono solo alcuni degli errori comunicativi dei mass media che non fanno altro che alimentare una comunicazione schizofrenica su cui poi il cittadino modellerà il proprio stile comportamentale. La Scienza oggi più che mai vive un periodo di estrema fallibilità di fronte ad un oggetto di indagine nuovo e misterioso che come tale ci mette di fronte al fatto che la nostra conoscenza scientifica non può basarsi aprioristicamente su asserzioni universalmente valide. L’apriori del pensiero non è riconducibile a nessun tipo di legge immutabile ma risiede esclusivamente nella capacità dell’essere umano di dubitare. La scienza che piaccia o no procede attraverso il dubbio; è dal dubbio inteso come funzione motrice che si costruiscono una o più asserzioni conoscitive che poi daranno vita ad un’ipotesi da dover sottoporre al vaglio della validazione empirica. Notiamo come l’approccio mediatico su cui si fonda buona parte della divulgazione sul tema COVID-19, sia tutt’altro che di matrice scientifica. Il medico in televisione ci fa dono di conoscenza e di questo gliene siamo grati ma dovremmo sempre ricordare che in momenti in cui la Scienza si avvicina a piccoli passi verso la comprensione di un nuovo fenomeno, la verità dello scienziato è una verità estremamente fallace ed approssimativa. Senza mettere in moto la macchina del pensiero dubitante, restiamo ancorati ad un pensiero unilaterale, che verrà spacciato e frainteso come universalmente valido. Ricordiamoci che siamo passati in poco tempo da comunicazioni come: “il rischio di contagio nel paese è zero” a “numeri di decessi sconvolgenti”. Così come siamo passati da: “le mascherine non servono a niente” a “la mascherina da lunedì è obbligatoria.” Ognuna di queste affermazioni, purtroppo, è stata recepita come veritas assoluta a causa di una mancata onestà intellettuale (da parte dei medici stessi) nell’ammettere che la Scienza adesso, su questo fenomeno, ha ben poche certezze. 

La Scienza della veritas è la Scienza in cui vogliamo credere? Essere ciechi di fronte al principio epistemologico per cui ogni tipo di dottrina che si proclami scientifica si fonda sul dubbio e sul principio di falsificabilità (Antiseri, 1999) (Popper ce lo ha meravigliosamente insegnato), vuol dire propendere per una Scienza autoritaria, anti-liberale e anti-democratica. La Scienza privata della sua capacità di dubitare non è Scienza ma scientismo. 

Entriamo per un secondo nel metodo. Siamo tempestati ogni giorno da numeri senza che qualcuno ci ricordi che questi sono il frutto di studi statistici e come tali soggetti ad errori di misurazione, errori di campionamento, errori standard, errori procedurali e così via. Quando lo strumento statistico viene usato per validare una teoria medica (ancor più una teoria psicologica) non è altro che un’aberrazione metodologica, nonchè espressione dello scientismo contemporaneo. Siamo davvero sicuri che basti lo strumento di misura (in questo caso la statistica) per cogliere a pieno la realtà? Oggi l’ipotesi per cui stiamo ritornando ad una situazione emergenziale come quella di marzo viene posta sotto validazione empirica tramite l’indagine statistica, contribuendo a creare un agglomerato di numeri, indici statistici, curve di incidenza, che hanno un peso scientifico estremamente labile. La realtà medica, così come la realtà psicologica è talmente multi-variabile che non può essere colta dalla sola statistica per poi essere spacciata come verità scientifica tramite i mass-media.

L’evidenza clinica che fine fa? L’osservazione squisitamente qualitativa di un occhio clinico deve per forza cedere il posto allo strumento quantificatorio? Il genio illuminante di Freud, così come tutti gli esponenti del pensiero Psicoanalitico e non solo, hanno rivoluzionato il pensiero psicologico non grazie ai numeri ma grazie all’osservazione clinica, uno strumento che oggi sta andando nel dimenticatoio per la sua presunta non affidabilità empirica in favore ahimè, dei più moderni strumenti neuro-scientifici e statistici. Ma siamo davvero sicuri che un numero sia più affidabile di un’intuizione clinica? “l’immaginazione è più importante della conoscenza” scriveva Einstein (1929); e forse l’immaginazione è anche più importante della tecnica. Sradicare l’oggetto di indagine dalla realtà in cui è immerso ed eliminare dall’analisi ogni variabile ad esso collegato solo perché “sporca” i dati, da un lato permette di ottenere una più elevata affidabilità statistica ma dall’altro riduce la possibilità di comprendere il fenomeno nella sua complessità. Al contrario di come oggi la Scienza ci propone, studiare un determinato fenomeno con metodologie quantitative e meccaniciste non può essere alla base della validazione di una teoria che si propone di essere definita scientifica.

Se così fosse la nostra Scienza sarebbe giunta al capolinea. Se bastasse un codice alfanumerico per spiegare i fenomeni naturali, medici o psicologici che siano, i nostri modelli di riferimento non crollerebbero di fronte all’ eccezione rappresentata da un fenomeno che noi definiamo inspiegabile. La pratica clinica ce lo insegna giorno per giorno: ogni modello di fronte alla singolarità irripetibile di un individuo, è fallace in almeno un punto del suo impianto teorico. Questa è la presunzione della Scienza scientista del nostro tempo: innalzare a verità scientifica ciò che è stato meramente quantificato, perdendo così di vista la reale natura multivariabile intrinseca al fenomeno stesso.  

Ernst Von Glasersfeld

Affermare che il numero dei contagiati è aumentato non basta per validare la teoria per la quale il virus è ancora altamente pericoloso. Nel mezzo tra l’aumento dei contagi e l’asserzione “il virus è pericoloso” ci sono una moltitudine di variabili che per cause metodologiche non vengono prese in considerazione ai fini dell’analisi e questo ne inficia inevitabilmente la capacità di cogliere la realtà del fenomeno. Per conoscere a pieno la realtà, dovremmo avere a che fare con ogni singolo paziente rientrante nel campione di indagine ma questo, capiamo bene, è impossibile. Di conseguenza, possiamo limitarci non solo a leggere i numeri per come appaiono ma ad interpretarli secondo un modello di riferimento che ci permetta (almeno in parte) di cogliere la complessità dell’oggetto che stiamo analizzando. Il numero in sé è un puro artificio metodologico con cui possiamo giocare a nostro piacimento. Siamo talmente attratti dalla presunzione di poter conoscere i fenomeni della natura tramite la quantificazione che stiamo perdendo la capacità di tollerare il dubbio originato dalla non conoscenza, che in fondo è il fondamento stesso di ogni teoria scientifica. Von Glasersfeld (1999), esponente del costruttivismo radicale ed accanito oppositore dell’oggettivazione scientifica, scriveva che “Appellarsi all’ oggettività significa sopprimere la responsabilità. Per questo ha tanto successo!”. 

In conclusione

Per tornare sui passi iniziali, tutta questa fiducia nella quantificazione ed oggettivazione statistica mette il bavaglio al dubbio, alla capacità di proporre modelli di lettura e di comprensione del fenomeno alternativi, alla possibilità di criticare scelte politiche e in fondo anche un po’ alla nostra libertà di pensiero. La Storia ci ha insegnato che quando le persone hanno smesso di dubitare chinando il volto ed affidandosi ad un salvatore, le forme di totalitarismo hanno trovato terreno fertile. Ovviamente non siamo di fronte ad un pericolo di deriva autoritaria ma forse i sentieri che sono stati intrapresi da chi detiene le redini del paese sono molto spinosi. Possiamo chiederci: quale deve essere il ruolo della politica in tutto ciò? È in questa diatriba squisitamente epistemologica che la politica deve affiancarsi alla Scienza del dubbio pur mantenendo integra la propria capacità decisionale. La Scienza deve indicare le possibili rotte da seguire ma la decisione ultima spetta agli esponenti dell’esecutivo che dovrebbero assumere su di sé la responsabilità delle scelte prese senza essere attratti da un giustificazionismo assai dannoso per il cittadino ma salvifico per chi governa (tutta colpa del virus!). La politica non deve delegare ogni scelta alla Scienza ed al suo comitato tecnico scientifico corrispondente.  La Scienza, dopo aver verificato le proprie ipotesi dentro la realtà e non dentro un setting laboratoriale asettico come abbiamo avuto modo di constatare, allora e solo allora può far luce sui percorsi possibili. 

La Scienza ci salverà e i comitati scientifici sono essenziali ma non devono assumere la funzione fondamentale che spetta all’azione governativa: assumersi la responsabilità di decidere senza l’utilizzo del virus come giustificazione onnicomprensiva. Stringersi attorno allo Stato in situazioni drammatiche è fisiologico a mantenere un’ omeostasi interna ma smettere di dubitare anche di chi delimita le nostre libertà individuali, seppur in nome della tutela alla salute pubblica, rimane pur sempre un dubbio legittimo su cui riflettere. Dobbiamo chiederci: siamo ancora in grado di dubitare?

Bibliografia

Antiseri, D. (1999). Karl Popper: protagonista del secolo XX. Rubbettino.

Cartesio. (1637). Disorso sul metodo. Milano: Feltrinelli, 2014.

Einstein, A. (1929, Ottobre 26). Interview. The Saturday Evening Post. (G. S. Viereck, Intervistatore)

Von Glasersfeld, E. (1999). Il costruttivismo radicale. Una via per conoscere ed apprendere. Odradek,2016.