Come vi sentite quando pensate al futuro?

Nel cervello esiste una regione particolare, chiamata corteccia frontale ventrolaterale: è la sede dei processi cognitivi più sofisticati e del linguaggio. Essa è divisa in 12 aree, ognuna delle quali ha un suo modo unico di connettersi con il resto del sistema nervoso: in un certo senso tali connessioni rappresentano aspetti unici e inconfondibili del nostro insieme di neuroni e sinapsi. Il modo di comunicare di queste aree ha aspetti di somiglianza molto forti tra uomini e scimmie. C’è, però, una sostanziale differenza tra le due specie: nelle scimmie non è presente la dodicesima area della corteccia prefrontale.

Quest’area è implica nella progettazione del futuro, permette di ordinare i problemi e le azioni da svolgere secondo una gerarchia di importanza, prende decisioni, coadiuva la concentrazione e la divisione dell’attenzione su due contemporanei crucci ed è connessa alle aree uditive; connessioni che hanno portato, nel corso dell’evoluzione umana, a comprendere i propri stimoli e a sentire l’urgenza di comunicare le proprie sensazioni agli altri, dando vita alla generazione di un processo linguistico.

Ciò su cui è fondamentale soffermarsi, sta nella capacità di progettare il futuro, attività tipicamente umana. Il cervello può utilizzare i ricordi per costruire immagini realistiche e dettagliate di fatti non ancora avvenuti: esperienze vissute e memorizzate nella memoria episodica, in sostanza, sarebbero recuperate e messe insieme, per ipotizzare un tipico scenario che potrebbe essere sperimentato, sulla base di qualcosa di simile che abbiamo già esperito.

Dunque riusciamo ad ipotizzare quel che effettivamente siamo o crediamo di essere.

Se ci sentiamo un bicchiere mezzo vuoto, la corteccia prefrontale non potrà che farci pensare al peggio e ci suggerirà di non muoverci, di non farlo, perché, come da copione, tutto andrà male. Se siamo un bicchiere mezzo pieno, tutta l’area frontale del nostro cervello potrà tirare un sospiro di sollievo e ci spingerà a compiere una determinata azione, a provarci: alle brutte, si può sempre ricominciare.

Quando pensate al futuro, voi cosa siete?
Un bicchiere mezzo vuoto o un bicchiere mezzo pieno?

Pensateci bene, vale davvero la pena essere un bicchiere mezzo vuoto?
Stare a rimuginare su quanto è accaduto, tormentarsi, fermarsi in un angolo a crucciarsi, credere che la vita non ci offrirà più la stessa opportunità: siete sicuri che sia la soluzione migliore?

Provate ad osare, ad affermare voi stessi, guardate lo specchio con serenità e dite: oggi sono un bicchiere mezzo pieno.

Essere un bicchiere mezzo pieno conviene, perché si può sempre ricominciare da capo e aspirare a diventare un bicchiere totalmente pieno. Perché l’area frontale del cervello ha bisogno di cure, non di stress: se non la tenete al sicuro voi, chi altro potrà farlo? Perché quando pensate al futuro, magari con ottimismo, vi accorgerete che il vostro bicchiere è pieno, in misura significativa rispetto a quello che in realtà mostrate a voi stessi, che avete ancora tanti sogni da realizzare, i quali, di certo, nessuna forma di pessimismo potrà mai far crollare.

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Dott.ssa Valentina Massaroni Psicologa (num. iscrizione Ordine del Lazio 23559)
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