Secondo uno studio di G. De Palma pubblicato su Nature Communication a luglio 2015, i batteri intestinali giocherebbero un ruolo importante nello sviluppo di ansia e depressione.
Il legame tra disagio psicologico e batteri intestinali spiegherebbe in parte come mai i probiotici (organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite; definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) riescano ad arginare l’aggravarsi della depressione stabilizzando i batteri dell’intestino (Steenbergen et al., 2015).
Sembra inoltre che i probiotici siano efficaci anche nel ridurre l’ansia (Hilimire et al., 2015).
Il dottor Premysl Bercik afferma:
Abbiamo dimostrato per la prima volta il ruolo cruciale svolto dai batteri intestinali nell’eziologia di ansia e depressione.
Ma non si tratta solo della presenza di determinati batteri in determinata quantità. Si tratta del legame bi-direzionale tra questi batteri e lo stress esperito dall’organismo ospitante, è questa relazione che può favorire l’insorgenza di ansia e depressione.
In parole povere, ansia e depressione potrebbero essere il risultato dell’interazione tra lo stress del paziente moltiplicato con la presenza di determinati batteri intestinali.
Uno studio condotto sui ratti ha dimostrato che lo stress a cui l’individuo viene esposto durante la crescita da solo non è sufficiente a causare deviazioni comportamentali ansiose o depressive. Proprio come i batteri intestinali da soli non sono in grado di portare allo sviluppo delle già citate patologie.
Il dottor Bercik spiega come sono state raggiunte queste conclusioni:
Se trasferiamo i batteri da un topo sotto stress a uno messo al riparto da stressor, non si osservano anormalità comportamentali.
Ciò suggerisce che nel nostro modello sia necessario sia il fattore microbico sia lo stress neonatale per provocare ansia e/o depressione. Lo stress neonatale porta un aumento della reattività a qualsiasi successiva fonte di stress e disfunzioni intestinali che alterano la quantità e tipologia di batteri presenti nell’intestino, i quali, a loro volta, alterano le funzioni cerebrali.
Naturalmente, siccome lo studio è stato condotto sui topi, non possiamo ancora azzardarci a generalizzare questi risultati sull’uomo.
Abbiamo iniziato a spiegare la complessità del meccanismo che unisce stress neonatale, batteri intestinali e modificazioni comportamentali.
I nostri dati mostrano che cambiamenti relativamente lievi nel profilo batterico o metabolico indotti dallo stresso neonatale possono avere effetti marcati sul comportamento nel topo adulto.
Ora è importante comprendere se il legame tra depressione e batteri intestinali si possa applicare anche agli umani.
Bibliografia
Microbiota and host determinants of behavioural phenotype in maternally separated mice