Dislessia: disturbo o abilità?

 

dislessia

Da manuale, la dislessia è considerata un disturbo dell’apprendimento, una disabilità. Ma se la guardassimo da un altro punto di vista, potremmo considerarla un’abilità in più, un vantaggio? Molte infatti sono le ricerche che testimoniano sorprendenti competenze nei soggetti dislessici, una vera e propria marcia in più in una sfera che prescinde la semplice lettura del testo.

Per cominciare, i dislessici hanno una migliore visione periferica dei soggetti “normodotati”. È stato provato da un esperimento di scienziati cognitivi del Massachusetts (Geiger e Lettvin), che hanno riportato che i dislessici erano più abili del resto dei soggetti a leggere e ricordare le lettere che comparivano velocemente nell’estremità del loro campo visivo.

Questa capacità di carpire i segnali ampiamente distribuiti in un ambiente non riguarda solo le capacità visive ma anche uditive: gli autori hanno dimostrato che i soggetti dislessici erano più capaci degli altri a identificare parole udite dagli angoli più lontani tra loro di uno stesso ambiente (Geiger, 2000)

Inoltre, la dislessia comporta un’incredibile capacità di cogliere una scena visiva nel suo insieme in un tempo molto breve. È noto grazie alla psicologa Von Karolys, Università del Wisconsin, il cui esperimento ha provato che i dislessici impiegavano in media 2,26 secondi per definire se i quadri del pittore Escher a loro presentati fossero figure fisiche plausibili o meno (ovvero, ad esempio, se le scale portassero da qualche parte o se l’acqua scorresse verso il basso o verso l’alto). I dislessici, di fronte a uno scenario, riescono quindi a dirigere la loro attenzione in modo molto più distribuito del resto dei soggetti, che invece tendono a focalizzarsi sui singoli dettagli.

Un altro studio interessante (Schneps 2014) ha riportato che gli astrofisici con dislessia erano più capaci degli altri nell’individuare la firma grafica simulata in uno spettro caratteristico del buco nero: riuscivano meglio a distinguere i buchi neri dal rumore. In un altro studio, gli studenti di college dislessici erano di nuovo i più bravi nel memorizzare immagini sfocate simili ai raggi x. Insomma, compiti che richiedono abilità percettive raffinate e non comuni.

È affascinante notare come chi impara a leggere regolarmene diventa abile nell’analizzare velocemente una parola dopo l’altra, in sequenza, ma al tempo stesso non sviluppa altre capacità. Infatti, come ci spiega lo studioso Dehaene, l’acquisizione della lettura implica dei cambiamenti cerebrali che implicano sì un rafforzamento di alcune abilità (processare e analizzare velocemente uno stimolo dopo l’altro), ma anche la perdita di altre facoltà. Imparare a leggere, quindi, implica un costo. Che rappresenta ciò che i dislessici non hanno perso, ma anzi hanno potenziato.


Quello che è stato definito il “dono” della dislessia (Davis, 2010) è caratterizzato quindi da questa potente risorsa: l’abilità di alterare e creare percezioni. I dislessici sono molto consapevoli di un ampio scenario visivo e pensano più attraverso le immagini che attraverso le parole. Questo talento è la base dell’immaginazione. Per questo la dislessia si accompagna frequentemente a caratteri intuitivi e fantasiosi. Ciò ci aiuta a comprendere come mai gran parte degli strabilianti geni che hanno vissuto sul nostro pianeta erano dislessici: scienziati come Albert Einstein o Leonardo Da Vinci o artisti come  Walt Disney o Vincent Van Gogh.

In conclusione, queste evidenze scientifiche stimolano una riflessione importante: quello che consideriamo una disabilità dipende dal contesto storico e sociale in cui la valutiamo. Per la nostra educazione scolastica la lettura è certamente importante. Ma se valutassimo altre abilità? Gli stessi bambini li considereremmo deficitari o al contrario estremamente dotati?

Chiaramente, vivendo in tale contesto non possiamo ignorare le esigenze che la scuola ci pone, dunque una diagnosi ben condotta ci aiuta ad individuare le criticità e ad attuare un potenziamento che non può che essere costruttivo. Infatti, attuando le giuste strategie di studio, il bambino potrà rimanere al passo con i coetanei e non sentirsi inadeguato. Riteniamo però che la diagnosi e il trattamento della dislessia debbano essere condotte con la massima attenzione verso le potenzialità del bambino, trasmettendogli il messaggio che, aldilà di questa difficoltà, serba innumerevoli talenti. Così, permettendogli di mantenere un’alta autostima e una consapevolezza delle proprie risorse, è possibile accompagnare lungo il loro cammino i dislessici di oggi e di domani: forse lenti a leggere, ma sicuramente scattanti e sorprendenti in ambiti che neanche immaginavamo.

Marta Di Grado

Psiche Sinergia– Studio di Psicologia

www.psichesinergia.it – info@psichesinergia.it

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Bibliografia:

-Davis R.D. (2010). “The Gift of Dyslexia: Why Some of the Smartest People Can’t Read and How They Can Learn”. Perigee Books.

-Schneps M.H. (2014).”The advantages of Dyslexia”. Scientific American.

-Schneps M.H, Brockmole J.R. et al. (2011).”Dyslexia Linked to Visual Strengths Useful in Astronomy”.American Astronomical Society. Vol. 43.