Esiste una tipologia di perfezionismo incentrata sull’ansia e la preoccupazione di sbagliare o dimenticare qualcosa.
Le persone che soffrono di questo perfezionismo non sono in grado di tollerare l’incertezza, il dubbio e vivono nella costante impressione che il loro operato sia perfettibile. È senz’altro come loro credono, la perfezione non esiste. Così come non può esistere la certezza degli esiti delle proprie azioni o del domani.
Questo tipo di perfezionismo è altamente invalidante, soprattutto sul lavoro.
Le preoccupazioni tipiche del perfezionista negativo sul lavoro sono:
– I compiti che svolgo devono sempre essere perfetti.
– I miei colleghi non devono avere mai alcun motivo per criticare me o il mio lavoro.
– Mi sarà sfuggito qualcosa? Meglio ricontrollare ancora una volta.
– Le conseguenze dei miei errori saranno molto difficili da sistemare.
– Se devo fare una cosa in fretta o consegnarla prima di essere sicuro al 100% del risultato preferisco non farla.
Come si può facilmente intuire, il perfezionismo negativo è un tratto di personalità altamente legato al burnout lavorativo.
Il dottor Andrew Hill, autore dello studio che stiamo presentando, commenta:
Il perfezionista negativo ha paura di sbagliare ed è costantemente preoccupato della sua performance, questi pensieri generano forte e costante stress. Quando l’individuo non riesce più a far fronte a questo stress, per difendersi smette di considerare importante quello che fa, proteggendosi dietro un velo di cinismo e dando inizio al burnout lavorativo.
Questo perfezionismo può interferire, con dinamiche simili, anche nella vita personale e nelle relazioni.
Il perfezionismo negativo inoltre può causare ansia, depressione e disordini alimentari.
Tuttavia, il perfezionismo non è solo un difetto, lo è quando si esprime nelle modalità appena elencate. Esiste un secondo tipo di perfezionismo che chiameremo positivo, il quale può essere la chiave per la realizzazione personale sul lavoro.
Abbiamo visto che il perfezionismo negativo è tutto rivolto all’esterno: giudizio dei colleghi, del datore di lavoro, conseguenze del proprio operato e via dicendo.
Il perfezionismo positivo invece è una sfida con se stessi. Se l’ultima volta abbiamo reso 10 la prossima volta proviamo a rendere 11. La voglia di superarsi, se supportata da buone capacità, è la chiave fondamentale del successo.
Questo tipo di perfezionista non si cura dell’idea che gli altri potranno farsi di lui, è troppo impegnato a lavorare per soddisfare se stesso. La motivazione interna è sempre molto più forte di quella esterna ed agisce senza porre l’individuo in uno stato ansioso nocivo per la performance.
I pensieri tipici del perfezionista positivo sono:
– Voglio fare meglio di ieri.
– Anche se il capo è contento del mio lavoro, io non sono soddisfatto.
– Anche se il capo non è contento del mio lavoro, io sono soddisfatto.
– Ho bisogno di cimentarmi in nuove sfide.
– Ho acquisito una tale sicurezza nel portare a termine questo tipo di compito che ormai posso farlo in automatico, quasi senza prestare attenzione.
Come si evince, il perfezionismo positivo si esprime nella voglia di affrontare nuove sfide, non nella paura di commettere errori nelle mansioni di tutti i giorni.
Per concludere, il dottor Hill dice:
Le persone hanno bisogno di imparare a combattere le false credenze che indeboliscono il pensiero del perfezionista negativo. Fissare obiettivi realistici, abbandonare l’idea di perfezione, accettare il fallimento come opportunità per imparare e perdonare se stessi per gli errori che potranno commettere.
Bibliografia