Nel libro “lo psicosciamanesimo di Cristòbal Jodorowsky”[1], avevamo avuto modo di approfondire, tra gli altri, il tema della “psicogenealogia”.
Parlare di psicogenealogia significa parlare dell’influsso dei familiari componenti l’albero genealogico sulla psiche e sulla vita attuale dell’individuo, e, contemporaneamente, della possibilità di influire su di esse andando a ricostruire e a modificare, almeno sul piano metaforico, le relazioni esistenti tra i vari appartenenti al clan familiare.
Sia per le “consulte” che i consultanti richiedono a Cristòbal Jodorowsky (figlio del noto Alejandro[2]), il quale del padre ha messo a sistema ed integrato le intuizioni, sia nell’elaborato studio della genealogia posto in essere da Anne Anceline Schutzenbergen[3] in ambito terapeutico, sia, infine, nella pratica delle costellazioni familiari di Hellinger, risulta centrale l’esigenza di slatentizzare gli irretimenti e le fedeltà familiari, di indentificare e smascherare i “fantasmi” all’opera nel presente, con i loro ordini perentori, al fine di cercare vie di cambiamento prima e altrimenti non pensabili.
Già Jung, d’altra parte, aveva sottolineato l’importanza dei legami fatali che lo univano ai suoi antenati. Ho la netta sensazione di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompiuti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, e anche dai più lontani antenati – scriveva nella sua autobiografia – Mi è sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati, e che non avevano ancora avuto risposta; o di dover portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le età precedenti avevano lasciato incompiute[4].
Al termine del nostro lavoro, pur confidando della veridicità delle intuizioni convergenti di autori e terapeuti così diversi tra loro (ai quali va ad aggiungersi, in tempi relativamente recenti, anche uno dei maggiori “costellatori”, quale è Bertold Ulsamer), lasciavamo in sospeso il problema dell’individuazione delle modalità di trasmissione transgenerazionale, per lo più e per di più inconscia, dei legami, delle leggi, dei “segreti” familiari descritti dalla psicogenealogia, ammettendo l’inesistenza di una teoria scientifica in grado di spiegare definitivamente le modalità di tale trasmissione.
Sebbene ancora manchi una spiegazione definitiva in grado di confermare quanto, sul piano clinico, risulta ormai evidente ai diversi operatori delle relazioni d’aiuto, i quali, direttamente o indirettamente, si rivolgano allo strumento in questione, incoraggianti passi avanti sono stati fatti nell’ambito dell’epigenetica, in particolare dell’epigenetica comportamentale, dove diversi studi sembrano confermare la trasmissibilità intergenerazionale dei traumi.
Ci riferiamo, in particolare, alle ricerche di Michael Meaney e Moshe Szyf, da una parte, e a quelle di Isabelle Mansuy e collaboratori, dall’altra, entrambe, va specificato, effettuate sui topi.
I primi, sebbene con risultati non sempre univoci, hanno ipotizzato e sottoposto a verifica sperimentale il coinvolgimento del meccanismo della metilazione del DNA nella trasmissione intergenerazionale del trauma, al di là e a prescindere di modifiche del DNA stesso, con un influsso, appunto “epigenetico”, sulle tendenze psicologiche e comportamentali delle generazioni successive a quelle del verificarsi dell’evento/degli eventi traumatico/i.
Più omogenee le risultanze dei secondi, che hanno riscontrato, da un lato, cambiamenti comportamentali associati a modifiche rilevanti nella composizione del micro-RNA e del pi-RNA[5] contenuto nello sperma dei topi sottoposti a traumi, e, dall’altro, la persistenza di tali comportamenti associati alle richiamate modificazioni in almeno due generazioni successive.
Minimo comune denominatore dei due gruppi di studi, i quali, è opportuno ricordarlo, si sono serviti di modelli animali, è la rilevanza attribuita alla precocità del trauma, conformemente a quanto opportuno aspettarsi in relazione alla copiosa letteratura sul trauma proveniente dall’ambito clinico.
In conclusione, sebbene il dilemma della trasmissione intergenerazionale del trauma (e, quindi, delle regole, dei segreti, degli irretimenti familiari) non abbia trovato ancora una soluzione, l’epigenetica sembra aver intrapreso una nuova e promettente direzione.
Bibliografia
[1] Lo psicosciamanesimo di Cristòbal Jodorowsky, Armando Editore, Roma 2014.
[2] Il quale, nel frattempo, ha iniziato a preferire il termine “metagenealogia”.
[3] La quale a sua volta, riprende gli studi pionieristici di Ivan Boszormenyi-Nagy, ha iniziato a usare il termine “psicogenealogia”, nell’attuale significato, parallelamente ed autonomamente rispetto ad Alejandro Jodorowsky.
[4] Jung C. G., Ricordi, sogni, riflessioni, Rizzoli, Milano 2010.
[5] Molecole di RNA coinvolte nei meccanismi di silenziamento trascrizionale.
http://www.nature.com/neuro/journal/v17/n5/abs/nn.3695.html
http://www.the-scientist.com/?articles.view/articleNo/39695/title/Traces-of-Trauma-in-Sperm-RNA/
http://discovermagazine.com/2013/may/13-grandmas-experiences-leave-epigenetic-mark-on-your-genes
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