Da qualche mese è uscito nelle sale il film Suicide Squad, ispirato agli omonimi fumetti di casa Dc: per una volta abbiamo a che fare con il punto di vista dei cattivi, dei villans riuniti, contro la loro volontà, per combattere il male. Tra i vari personaggi degni del peggior penitenziario o dell’Arkham Asylum, il manicomio criminale di Gotham, spicca sicuramente la bella e colorata Harley Quinn, dai più conosciuta per essere la controparte criminale dello psicopatico Joker.
Durante il film possiamo assistere al rapporto controverso e ambiguo della coppia, di certo non nata sotto i migliori auspici: Harley Quinn, prima di divenire la cattiva mentalmente instabile che conosciamo, altri non era che la psichiatra del temibile Joker. Come già raccontato in un precedente articolo, la psichiatra si innamora del suo paziente, in un’ottica di controtransfert, ma anche a causa della seduttività e manipolatorietà del Joker stesso.
Quando il pericoloso criminale riesce a fuggire dall’Arkham Asylum, tortura Harley tramite l’uso dell’elettroshock, e la induce a gettarsi all’interno di una cisterna piena di acido, fermo poi seguirla per salvarla, forse toccato da un ripensamento: è questo, secondo la storia, a decretare la carnagione particolarmente malsana dei due criminali. Nel film possiamo osservare un Joker intento a salvare, a tutti i costi, Harley dalla sua reclusione.
A seguito dell’uscita del film nelle sale, il web e i social network si sono riempiti di frasi e immagini dedicate alla coppia di criminali dall’amore controverso: l’interpretazione che più comunemente gli spettatori hanno dato al loro rapporto è stata in chiave romantica.
Nulla di più sbagliato.
Se nel film le allusioni alla parte marcia del rapporto tra Joker e Harley Quinn sono appena percepibili, e spesso romanzate dagli spettatori, solitamente molto giovani, nell’opera a fumetti e nella serie animata da cui, tra l’altro, il personaggio di Harley Quinn prende vita, emerge una realtà del tutto diversa: il rapporto tra Harley e Joker si afferma fin da subito come malato, deviato, un rapporto di abuso.
Nel film, che negli Usa è stato vietato ai minori di tredici anni, mancano le scene che più esplicavano la vera natura della relazione tra Joker e Harley: un amore che, invece, si caratterizza come unidirezionale da parte della donna.
Nella serie animata del 1992, Harley Quinn, dopo essere rimasta colpita e affascinata dalla triste storia di abusi paterni subiti dal Joker, inizia a pensare che lui sia un individuo incompreso, solo e in cerca d’amore e che, in realtà, sia proprio Batman il cattivo, perché gli mette sempre i bastoni tra le ruote. Così decide di diventare Harley Quinn per lui, lo libera, e da allora diventa la sua “partner”: ruolo che si rivela essere, invece, maggiormente incentrato sulla sua sottomissione.
(Figura 2 – Vignetta tratta da Batman: The Animated Serie, 1992, K. Altieri, B. Kirkland, Usa)
Joker, infatti, la manipola affinché lei rimanga sempre legata a lui: la rimprovera, la picchia, fino a giungere persino a gettarla giù da una finestra, per poi mostrarsi gentile, come se a lei ci tenesse.
Nell’opera a fumetti e nei suoi più recenti risvolti, invece, il loro rapporto è ancor più violento: Harley viene spesso umiliata, maltrattata, picchiata, stuprata. Usata come un oggetto, un giocattolo.
Joker non mostra assolutamente alcun sentimento verso di lei, la donna è solo un’arma nelle sue mani, un essere da sfruttare e da manipolare.
Harley, dal canto suo, si sente colpevole, come se meritasse tutto ciò che Joker le fa: in fondo in fondo, si sente inutile perché non è riuscita ad aiutarlo, a tirarlo fuori dalla sua pazzia.
Il rapporto tra questi due personaggi è stato completamente travisato dal pubblico, perché nel passaggio dal fumetto e dalla serie animata al film ha subito un ammorbidimento: ma non perde della sua natura di abuso, manipolazione, violenza. L’amore di Harley per il Joker nasce all’interno del setting terapeutico, ma evolve caratterizzandosi come ossessivo, fino a diventare una vera Sindrome di Stoccolma. Harley, infatti, dipende esclusivamente dal Joker, e non solamente in chiave emotiva: per lui ha abbandonato tutto e tutti, la sua vita, la sua identità.
La storia di Harley è, per certi versi, simile a quella di molte donne vittime d’abuso: le violenze domestiche avvengono nell’ambito familiare, della coppia, e perseguono, spesso impunite, perché la vittima pensa di meritarsi i maltrattamenti, di avere la colpa di ciò che le succede.
Queste donne maltrattate, ingenuamente, covano dentro di loro la speranza di riuscire a “curare” con l’amore l’uomo maltrattante: speranza che viene ripetutamente delusa, e che può concludersi, in situazioni estreme, con l’omicidio, doloso o preterintenzionale che sia, della donna da parte del partner.
I carnefici non sono necessariamente psicopatici come Joker, ma anche, e più semplicemente, individui violenti, spesso sotto l’effetto di alcool o stupefacenti, che maltrattano le donne, umiliandole, rimproverandole e gettando loro addosso la colpa della loro rovina, del loro comportamento, della loro aggressività, fino all’instaurarsi di circoli di violenza che è difficile spezzare, anche a causa dell’omertà dell’ambiente.
Le donne vittime di violenza vengono aggirate da una strategia da cui è difficile fuggire: all’inizio il rapporto con il maltrattante è positivo, ma pian piano vengono affermate regole e restrizioni, fino a giungere all’isolamento della donna, che apre le porte alla relazione esplicitamente violenta. Le strategie di controllo del maltrattante sulla donna allora cambiano, diventando completamente ostili: avvengono aggressioni, fisiche e verbali, controllo ossessivo e coercizione, privazioni, punizioni, e viene a instaurarsi una forte influenza psicologica (Sironi, 2001). La relazione viene invasa dalla “perversione logica” del maltrattante, attraverso cui induce la vittima a percepire azioni paradossali, di estrema violenza, come giuste, a cambiare la percezione dei suoi valori e, in un certo senso, della realtà (Sironi, 2001). Gli abusi vengono spesso alternati a momenti di “luna di miele”, dove il maltrattante tratta la donna in modo gentile e premuroso, inducendola a covare la speranza che possa durare. Queste strategie di vittimizzazione, inducono la donna in uno stato di impotenza appresa da cui sembra impossibile fuggire.
(Figura 3 – Immagine tratta dalla saga a fumetti Suicide Squad/Harley Quinn)
Ritornando a Joker e Harley: in un mondo dove la violenza sulle donne è una realtà fin troppo evidente, un “amore” così non è auspicabile, non è un modello da imitare.
Ma, mentre nel mondo dei fumetti, questa coppia già conosciuta rimane tra le mura dell’età adulta, quando esse compare sul grande schermo diventa, in un certo senso, materia più seria da considerare.
Il rischio legato alla possibilità che il film faccia passare un messaggio sbagliato attraverso la coppia di Harley e Joker è ridotto: non può, un solo film, indurre una persona a cambiare idea, a farla assumere un atteggiamento ben definito. É la nostra società a essere pervasa dall’aggressività: se sotto un punto di vista tenta di diffondere valori morali, dall’altra enfatizza modelli distorti.
L’aggressività ha un valore culturale, la cui comparsa è più accentuata in periodi di crisi, momenti di fragilità e disagio (Ponti, Marzagora Betsos, 2008): questo vale anche per la violenza sulle donne, il cui ruolo sociale perseverante è quello che le vede come coloro che “sopportano” e cercano una soluzione, dedite alla famiglia e alla cura.
Bisogna aprire gli occhi: vedere Harley e Joker come i villains che sono, a prescindere dal fascino che due creature del genere possono inculcare. Loro sono la finzione. Non bisogna mai dimenticare che i più giovani, i più psicologicamente suggestionabili prendono un po’ da tutto ciò che li circonda e li bombarda tramite i mass media per crearsi un’opinione sulla realtà e dirigere i propri atteggiamenti: il rischio che interiorizzino modelli sbagliati, tramite l’identificazione, è sempre presente.
Questo non vuol dire che bisogna censurare questo lato della medaglia. Bisogna considerarlo per quello che è, e cercare di far passare messaggi chiari e non ambigui. Come quello che chi ha problemi deve essere aiutato, e che chi subisce violenze deve cercare di uscire dalla spirale dell’omertà.
Un ottimo esempio sul come si possa uscire dal circolo della violenza all’interno della coppia deriva proprio dall’opera a fumetti: Harley, ormai stufa dei maltrattamenti subiti dal Joker, lo lascia, e riesce a superare il suo stato mentale di “vittima” grazie al sostegno e all’ascolto di un’altra celebre criminale del mondo Dc, Poison Ivy. Con lei, Harley sperimenterà il rapporto paritario, l’amicizia. E poi, probabilmente, l’amore. Quello vero.
Bibliografia:
- Sironi F.: Carnefici e vittime. Strategie di violenza, 2001, Feltrinelli.
- Ponti G., Merzagora Betsos I.: Compendio di criminologia, 2008, Quinta edizione, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Sitografia:
www.rompiilsilenzio.org/spirale-violenza.html
Videofilmografia:
- Suicide Squad, 2016, D. Ayer, USA
- Batman: The Animated Series, 1992, K. Altieri, B. Kirkland, USA
Altre fonti:
- Suicide Squad/Harley Quinn (saga a fumetti)
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