Il valore della Mancanza. E’ da essa che nasce il desiderio.

Il tempo sospeso dell’isolamento a cui siamo costretti, l’assenza di impegni esterni a cui dedicarci, la lentezza di giornate passate senza le più comuni distrazioni sociali ci hanno posto, volenti o nolenti, di fronte ad uno stato d’animo che sembrava quasi sepolto, perso fra gli innumerevoli stimoli di una vita frenetica: il senso di mancanza. La più banale interazione sociale – prendere un caffè con un amico – impedita, il più semplice dei gesti – un abbraccio – evitato. Tutto ciò che sembrava scontato, all’improvviso non lo è stato più.

Ogni evento che accade, però, anche di quelli più disastrosi, ha sempre un lato positivo che nasconde, un segreto insegnamento da donarci.

Se l’assenza ha appesantito le nostre anime e ci ha costretti a convivere con un sentimento, il senso di solitudine, che fin troppo speso siamo abituati a rifuggire, d’altra parte ha avuto anche un effetto positivo: farci riscoprire il desiderio.

In un’epoca, come la nostra, dove tutto è a portata di click – persino una relazione amorosa – la potenza costruttiva del desiderio era andata perduta. Riscoprirne l’etimologia ci aiuta a capire ancora di più la sua forza: questo termine deriva dal latino e risulta composto dalla preposizione de- che in latino ha sempre un’accezione negativa e dal termine sidus che significa, letteralmente, stella. Desiderare significa, quindi, letteralmente, “mancanza di stelle”, di quei buoni presagi, dei buoni auspici e quindi per estensione questo verbo ha assunto anche l’accezione corrente, intesa come percezione di una mancanza e, di conseguenza, come sentimento di ricerca appassionata.[1]

La ricerca appassionata, il motore di ogni slancio vitale, ciò che ci induce ad intraprendere un cammino attraverso cui cresciamo e cambiamo è una diretta conseguenza della mancanza. Senza di essa, non cercheremmo nulla, in assenza di essa, della mancanza, non avremmo nessun motivo per muoverci e rimarremo fermi lì, nella paludosa staticità di una vita sempre uguale a se stessa, senza sale né poesia. Senza quei vuoti interiori, a volte così spaventosi, non sentiremmo quella spinta che ci induce ad interrogare nuovi orizzonti. Non saremmo sollecitati ad intraprendere il nostro personale percorso di scoperta, del mondo come di noi stessi. Senza quei vuoti, quelle assenze, la vita non inizierebbe neanche. Perché essa è ricerca continua, è cammino, perpetuo movimento.

Ecco perché vi invito a ringraziare i vostri vuoti interiori, le assenze che hanno fatto capolino in questi giorni fermi: vi hanno permesso di scoprire cosa vi muove, cosa rappresenta per voi uno slancio vitale. Vi hanno permesso di arrivare alla radice dei vostri desideri e, grazie ad essi, ora dove andare, dove dirigervi una volta che il lockdown sarà terminato.

Vi voglio lasciare con le parole di un grande uomo, uno spirito rivoluzionario della nostra epoca, che meglio di tutti ha saputo esprimere e cogliere tutto il bene possibile dalla mancanza:

 

“Padre mio, non dandomi niente, mi hai dato tutto. Non amandomi, mi hai insegnato l’assoluta necessità di amore.”

Alejandro Jodorowsky –

[1] Fonte: Etimoitaliano.it