Molti, troppi, affrontano la vita con il tipico approccio manicheo dividendo in due ogni cosa. Bene o male, intelligente o stupido, giusto o sbagliato, e così via, applicando un giudizio estremo a qualsiasi cosa affrontano nella vita. Sicuramente fare così è più facile, più veloce e richiede uno sforzo mentale minore.
Ma cosa accadrebbe se improvvisamente avessimo una terza opzione?
Ce lo racconta Paul Watzlawick in questo scritto:
Tertium non datur
Forse esagero, e i rischi non sono poi tanto grandi. Non vi può tuttavia essere dubbio che l’universo manicheo, l’universo degli opposti (che obbliga alla contrapposizione o alla sottomissione) si troverebbe in gravi ambasce se vi fosse un maggior numero di persone dello stampo di Franzl Wokurka, originario del villaggio austriaco di Steinhof. I dolori del giovane Franzl – proprio ai suoi dolori vogliamo qui brevemente accennare – raggiunsero la massima intensità quando il tredicenne studente, passeggiando per il parco municipale, scoprì davanti a una grande aiuola un piccolo cartello che diceva: È vietato calpestare le aiuole. I trasgressori saranno puniti a norma di legge. La scritta fece rinascere in lui un problema che da qualche tempo gli si presentava con una certa frequenza; ancora una volta la situazione sembrava offrirgli una sola possibilità di scelta fra due alternative che gli parevano entrambe inaccettabili: da un lato quella di ribadire la sua libertà nei confronti dell’imposizione autoritaria calpestando l’aiuola, col rischio tuttavia di essere colto in flagrante; dall’altro quella di conformarsi al divieto. Ma la sola idea di dover ubbidire a un meschino cartello lo faceva insorgere contro la vigliaccheria di una simile sottomissione. Si soffermò a lungo, indeciso sul da farsi, finché inaspettatamente – giacché non gli era mai capitato di fermarsi a osservare i fiori – gli venne un’idea completamente diversa: i fiori sono meravigliosi.
Caro Lettore, la storiella Le sembra banale?
Non saprei risponderLe se non che il giovane Wo-kurka la pensava diversamente. L’intuizione si abbattè su di lui con la forza di un’onda che, infrantasi, lo trascinasse potentemente nel riflusso.
Improvvisamente si rese conto della possibilità di un’alternativa alla sua visione del mondo: io voglio che l’aiuola sia così com’è; io voglio questo incanto; io sono la mia stessa legge, la mia stessa autorità, andava ripetendosi. E d’un tratto il divieto non ebbe per lui più significato alcuno; il contrasto manicheo sottomissione-ribellione si era dissolto nel nulla. Il senso di ebbrezza fu di breve durata, ma qualcosa di fondamentale era comunque cambiato; ora vibrava in lui una sorta di melodia sommessa, quasi impercettibile, che tuttavia si faceva ben udibile nei momenti in cui il mondo rischiava di sprofondare nella palude dell’aut-aut. Dopo aver preso la patente, per esempio, guidando allacciava sempre le cinture di sicurezza, perché lui stesso aveva deciso che si trattava di una ragionevole misura cautelativa. E quando, nel giro di breve tempo, si aprì la controversia se lo Stato avesse o no il diritto d’imporre al cittadino l’uso delle cinture, i vari aspetti della contesa lo lasciarono del tutto indifferente. Lui ne era al di fuori.
In seguito continuò ad approfondire in maniera sistematica quella filosofia di vita. Lasciando libero sfogo alla nostra fantasia, lo ritroviamo a un certo punto assolutamente incapace di comprendere la semplice logica del detto “chi non è con me, è contro di me”. Quando rifletteva sulla questione si identificava con l’imputato di quel celebre aneddoto al quale il giudice chiede: “Ha finalmente smesso di maltrattare sua moglie?” e poiché il suddetto non ha mai picchiato la moglie, e non può quindi rispondere né con un “sì” né con un “no”, il giudice minaccia di condannarlo a una pena addizionale. Forse queste situazioni gli parevano ora dei brutti sogni, e il paragone sembra appropriato, perché è risaputo che in un incubo qualunque cosa si cerchi di fare -fuggire, nascondersi, difendersi – non libera comunque il sognatore dal suo sogno. A un incubo si sfugge solo con il risveglio, e il risveglio non è parte del sogno, bensì qualcosa di essenzialmente diverso, di esterno al sogno.
Solo quando fu all’università Franzl scoprì che questo altro compie le sue gesta nell’ambito della logica formale. Come nella citazione biblica di cui sopra, anche nella logica formale inizialmente si postulava che ogni affermazione poteva essere vera o falsa, e che non esisteva una terza soluzione {tertium non datur). Ma poi venne quell’enfant terrible, quel classico bugiardo che disse “Io mento”. Se davvero mentiva, allora diceva la verità, e quindi mentiva quando diceva “Io mento”. Cosa ne pensa Lei, oggi, millenni più tardi, dell’affermazione “Il re di Francia è calvo”? E vera o falsa?
“Con i tipi come quel Wokurka le soddisfazioni professionali te le puoi scordare,” si lamentava la seconda strega. “Sprechi il tuo tempo, ce la metti tutta per combinare una situazione in cui vi siano due sole soluzioni possibili – entrambe della categoria delle ipersoluzioni – e quel tizio ne trova una terza e riesce a cavarsi d’impaccio. Gli lascio la scelta tra la vigliaccheria e la temerarietà e lui sceglie il valore; cerco di risvegliare in lui l’avversione affinchè egli insegua il piacere, e lui rifiuta l’una e l’altro. Recentemente ho cercato, attraverso altri, di fargli dire chiaramente se credeva o non credeva in Dio: per tutta risposta ha fatto spallucce e ha citato Kant, Comte e Spencer (che io nemmeno conosco), secondo i quali Dio, se esiste, non può essere riconosciuto nella Sua sostanza. A detta di questo Wo-kurka l’eterna diatriba fra credenti e atei non sarebbe che un falso problema: lui sarebbe un agnostico. Del resto so che si era mostrato perfido già allora, nel 1942. A quell’epoca il nostro amatissimo Führer, fautore della soluzione finale e uomo della provvidenza, sentendo che stava ormai per lasciarci le penne fece tappezzare le città di bellissimi manifesti che dicevano: nazionalsocialismo o caos bolscevico} L’idea era ottima, perché anche il più ignorante degli uomini doveva capire che l’alternativa si poneva tra bontà e nobiltà da un lato, e forze del male dall’altro. E Wokurka cosa fece? Ai manifesti incollò dei foglietti sui quali era scritto: carne o ciccia? Mio Dio, quanto se la presero i signori dell’impero millenario; c’era qualcuno che si beffava della loro definizione ufficiale e definitiva della realtà! Certo la cosa non era del tutto priva di rischi, ma ho l’impressione che questo Wokurka non riuscirebbe nemmeno a fare l’aspirante suicida. Sarebbe capacissimo di trovare un tertium anche all’alternativa tra continuare a vivere e suicidarsi. È un uomo pericoloso; propongo di metterlo sulla lista nera.”
“Va bene, d’accordo,” disse Ecate. “Ma dimentichi che con tipi simili da molto tempo ci scontriamo. Vorrei ricordarti come nel 1334 ci sfuggì il signore di Ho-chosterwitz; sfuggì a noi e a Margareta Maultasch che assediava il castello. Gli erano rimasti solo un bove e un sacco di orzo, e anziché scegliere tra la resa e la morte d’inedia, cosa fece? Lo sanno anche i bambini: fece squartare il bove, gli riempì la pancia di orzo e gettò il tutto ai piedi della rocca. Nell’accampamento nemico Margareta si chiese a quel punto che senso avesse continuare l’assedio se gli altri avevano tanto cibo da poterne distribuire anche agli assedianti, e decise così di levare le tende. Che risate fra quelli del castello! Tutti austriaci naturalmente, come questo Wokurka Franzl. Sono proprio gli *irrilevantini * dell’Occidente, questi austriaci, per usare un termine coniato da uno di loro. Per loro la situazione può essere magari disperata, ma non seria.”
Pare quindi che il tertium, che era stato escluso, esista invece realmente. È probabile tuttavia che viva nell’ombra, che non appaia alle persone dotate di normale buon senso, per le quali il mondo è chiaramente e indiscutibilmente diviso in opposti inconciliabili. Lao-Tzu non parla di tertium bensì di Senso eterno (l’eterno Tao). Purtroppo anche questo termine è prigioniero del mondo manicheo, poiché ha il suo contrario nell’Eterno Nonsenso. E forse questo il motivo per cui esistono religioni che vietano di attribuire un nome a Dio?
Brano tratto da
Paul Watzlawick (1986), Di bene in peggio. Istruzioni per un successo catastrofico. Feltrinelli