Lettera alla paziente mai conosciuta

ilaria cadorin

Benarrivata… Ti stavo aspettando.

Accomodati pure, la poltrona è comoda. Qui a destra ci sono dei fazzoletti, pronti per asciugare le tue lacrime, qualora ne sentissi il bisogno.

Non ci sono tante cose, in questo studio. Non servono, perché é con la tua storia che arrederemo la stanza. È con le tue emozioni che imbratteremo i muri. È con il tuo passato che disegneremo i quadri. E sono i tuoi traumi quelli che andremo a custodire in un cassetto, insieme ai gioielli preziosi.

In parte a te c’è una chaise-lounge… chissà se mai ti stenderai lì, un giorno, per parlarmi di te senza distrazioni e lasciando libero spazio alla tua interiorità e al tuo inconscio.

Puoi anche aver visto sulle mensole dei libri, dei giochi e dei pupazzi per i bambini. Già.  Perché anche i bambini vengono qui. E, come una bambina, anche di te è arrivato il momento di prendersi cura.

Tante volte hai immaginato come sarebbe stato lo studio dello psicologo.

E, anche io, tante volte ho immaginato di accoglierti e conoscerti qui in questa stanza.

Ti aspettavo. Sì, aspettavo proprio Te.

Aspettavo te che tante volte hai pianto da sola. Che nelle tua rabbia hai detto “Dallo psicologo, mai!”, ma dentro di te avresti fatto qualsiasi cosa per sentirti abbracciata da uno sguardo di comprensione e sostenuta da una sorta di “guardrail” invisibile ma forte dentro di te.

Aspettavo te che hai cercato di resistere ai forti venti e alle tempeste della tua vita, senza aggrapparti a nessuno, se non a te stessa.

Aspettavo te che hai continuato ad accumulare pesi e tensioni, pregando di notte nel “prima o poi passerà“.

Nel mio studio, lavorando con tante persone che con coraggio e forza si sono avvicinate a questo percorso di scoperta e introspezione personale, la mia mente spesso è volata a te.

A te che ti senti incastrata nei tuoi fanghi, nelle tue dinamiche malate dalle quali, alle volte, non riesci proprio ad uscirne.

A te che forse stai leggendo decine di libri per cercare di “capirci qualcosa” della tua vita, delle tue relazioni, delle tue fatiche in amore, delle tue sconfitte professionali, delle tue debolezze e fragilità, delle relazioni marcite e di un passato pesante come il piombo.

Perché non è vero che a vivere così ormai ti sei abituata. No. Sei stanca e stai cercando come puoi e con gli strumenti che hai, di venirne fuori.

Aspettavo te che, anche se non lo sa nessuno, qualche volta hai pensato di farla finita, che sarebbe stato più semplice fermare la tua vita, chiudere con tutto e con tutti. Ma, per mille motivi, e per fortuna, non l’hai mai fatto. Hai deciso di stringere denti e andare avanti.

Non so se ti conoscerò mai. Anche se, con questa lettera. ho immaginato di farlo.

Vorrei vederti seduta qui di fronte a me. Vorrei sentire finalmente la tua voce raccontarti. Raccontare Te.

Queste quattro mura sono forti e, in due, saremo in grado di reggere tutto ciò che hai dentro. Anche se ti sembra così grande da scompigliarti, a volte atterrirti, bloccarti, paralizzarti.

Saremo capaci di scoprirlo piano piano. Con i tempi, i tuoi tempi, quelli necessari per vedere e capire piccoli angoli del tuo mondo interno. I fantasmi e gli scheletri, così come le risorse, le potenzialità, la ricchezza che ti rende la persona, unica, che sei.

© DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto

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