Dare il meglio o il peggio a una gara è soprattutto questione di testa

dare il meglio

Ricordo i primi europei di snowboard, al di sopra di ogni aspettativa io ero arrivata seconda, mentre c’era un ragazzo italiano che avrebbe potuto essere sul podio, ma come ad ogni gara, ha dato circa il 30% e non si è nemmeno qualificato.

Chi è atleta lo sa: a poco serve essere tanto allenati se la mente non è pronta.

Lo sport regala delle emozioni meravigliose, degli insegnamenti di vita preziosi, degli amici che si porteranno sempre nel cuore, dei viaggi in posti stupendi e molto altro.

Personalmente ritengo che la vita da atleta, per tutto ciò che regala, sia la miglior gioventù che si possa fare. Come in tutte le cose però, é acquisendo un’altra prospettiva che si comprende meglio il valore di ciò che é andato perso. Solitamente, finita la carriera agonistica, ci si dedica allo studio o al lavoro e a quel punto la routine, la mancanza di viaggi, di divertimento derivante dallo sport e di amici simili a sé entrano in contrasto con la vita precedente. Emerge così quanto di prezioso si aveva e si dava tranquillamente per scontato.

La consapevolezza del fatto che tutto cambierà, è solamente un motivo in più per vivere al meglio la vita da atleta: è speciale, non durerà per sempre e non tornerà una seconda volta.

Ci possono però essere dei fattori che limitano uno sportivo nell’esprimersi al meglio e vivere appieno ciò che fa. Il mondo é pieno di atleti che, nonostante abbiano grandi qualità, provano più disagio del necessario durante le gare. I fattori di disagio possono essere molteplici, ma, in particolare, il più invalidante per il successo agonistico è il “blocco” che avviene durante la competizione e porta a una performance peggiore rispetto a quelle del training.
Ci sono atleti che alle gare pensano troppo, è come se andassero in tilt e in poco tempo, senza quasi accorgersene, si ritrovano scoordinati piazzandosi così in una posizione peggiore di quella meritata in rapporto alle proprie potenzialità.
Viceversa, ci sono atleti di punta con il fisico meno allenato di altri che però nel momento della gara si trasformano: tirano fuori un’energia incredibile, danno il meglio e arrivano in alto.

Quale sarà la conseguenza di questi due modi di approciarsi alle gare?

i primi saranno inevitabilmente frustrati, a lungo andare tenderanno a evitare le gare per poi pentirsi di non aver espresso sé stessi e la propria passione.

I secondi, saranno invece sempre più motivati a vincere e migliorarsi, nonché soddisfatti della loro vita da atleta professionista e pronti a raccogliere i frutti (gli sponsor!).

La mente può essere la nostra più grande alleata o la nostra più grande nemica.

La scienza ha saputo spiegarci che gli atleti di alto livello hanno un cervello con alcune capacità incredibili e superiori alla media, tuttavia ci possono essere altre caratteristiche personali che fungono da blocco; il più comune è una motivazione non ottimale.

Esistono vari tipi di motivazione ed è più facile trovare atleti motivati male che non motivati; ci sono infatti un mix di desideri e paure che compongono la motivazione personale. E’ proprio in questi casi che uno psicologo dello sport, dando il proprio contributo, permette alla persona di tirare fuori il meglio di sé, non solo togliendo il “blocco”, ma anche aggiungendo una marcia in più.

Mariapia Ghedina

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