Ai bambini la scuola non piace ed è giusto che sia così. Perché l’essere umano, mentre cresce, cerca sensazioni da trasformare in conoscenza, il sapere lo vuole toccare. Stare seduto per ore a un banchetto di scuola e imparare dai libri è molto noioso per un corpo che trabocca di energia.
Il modo più facile per trasformare una cosa brutta in un incubo è punire il bambino quando il suo rendimento devia dalle aspettative. Così facendo, alla lista di motivi che rendono la scuola un postaccio, si aggiunge il sentimento di vergogna e inadeguatezza che accompagna la punizione.
La teoria suggerisce un timone alternativo per guidare i bambini verso l’apprendimento: il rinforzo. La logica è molto semplice, rendendo la scuola divertente e l’apprendimento un gioco, il rendimento del bambino migliorerà.
Riassumendo: rinforzare i comportamenti giudicati corretti offre maggiori benefici rispetto a punire quelli considerati scorretti.
Ma questa è solo teoria. La realtà non è mai bianca o nera, è piena di sfumature.
Quando ho letto le parole di Enrico Galiano ho immaginato due modi per affrontare la vita. Sedere composti al nostro banco e applicare pedissequamente la teoria, o andare a sbirciare tra le sfumature e sperimentare un modo diverso da quello usato ieri per ottenere lo stesso risultato.
A proposito, Enrico Galiano è un insegnante di lettere alle scuole medie di Pravisdomini. Ha raccontato un respiro della sua realtà che desidero condividere con voi, perché ritengo possa essere un utile spunto di riflessione.
Quando mi dicono cose tipo: “Questi ragazzi non hanno voglia di far niente”, faccio sempre “Eeeh”, ma dentro di me penso: “Stronzate”.
Insomma c’è questa classe che scrivere un tema assomiglia più che altro a una tortura cinese.
Non è per cattiveria: è che sono quasi tutti stranieri. È una fatica pazzesca, per loro.Ogni volta che annuncio: “Per casa, tema”, glielo vedi negli occhi, che è come se gli avessi detto: “Per un mese, solo verdura”.
Così gli faccio: “Bene, la prossima volta, si fa La Notte degli Oscar”.
Mi guardano storto, non si fidano, ci deve essere una fregatura.
“È semplice: io vi dico le categorie, e poi premio i migliori. La miglior punteggiatura, la miglior metafora, la descrizione più precisa, la parte che fa più ridere. Cose così”.Mi portano i temi. Ed è proprio come la notte degli oscar: le nominations, la suspense prima di dire il nome, gli applausi, il discorso di ringraziamento. E poi i premi.
(Niente di che: sono i classici premi da sagra, candele, braccialettini, peluches, tutto quello che son riuscito a raccattare in giro per casa, ma non è quello che conta. È che dove insegno io, son quasi tutti ragazzi che nella vita non hanno mai vinto niente. Alcuni di loro, ce l’hanno scritto in faccia, a dodici anni pensano già che non vinceranno, mai, niente).
(È: vincere, qualcosa. Anche se è solo il blocchetto dei post-it).
Non so se funzionerà davvero, se miglioreranno, se cambierà qualcosa.
So solo che uno di loro, uno di quelli che i temi li odiano di più, dopo aver vinto il premio per il “Miglior finale”, alla fine è venuto lì e mi ha detto: “Prof, quando ci dà il prossimo tema?”
Enrico Galiano, insegnante a Pravisdomini, conduttore a TV Koper-Capodistria e giornalista del Messaggero Veneto.
Autore dei libri “Italiani al ristorante“, “Vecchi fuori” e “Cattivi Bambini” pubblicati con la Piccola Biblioteca dell’Immagine.