VITA E MULTITASKING

Capita a tutti noi di trovarsi alle prese con più mansioni contemporaneamente: mentre passiamo l’aspirapolvere siamo al telefono o guardiamo la tv mentre ci prepariamo da mangiare. Le donne sanno bene cos’è il multitasking ossia l’abilità di fare più cose contemporaneamente perché sono molto più portate degli uomini in questa pratica. Anche le persone che lavorano in ambito informatico hanno un’elevata capacità di dedicarsi a più compiti (tasks) contemporaneamente, soffermandosi su ognuno di essi per non più di due/tre minuti prima di passare ad altro.

Il lavoro si modifica nel tempo: telefono che squilla, e-mail a cui rispondere ed in alcuni casi grazie allo smart working organizzare l’attività dell’ufficio mentre si svolgono le faccende di casa. E’ diventato normale spezzettare la vita in momenti in cui ci dedichiamo a più cose, nei quali gestiamo molteplici flussi di informazioni provenienti da fonti diverse.

Il multitasking fa parte della nostra vita e come tale viene svolto con assoluto automatismo; esistono infatti azioni che possiamo portare avanti in parallelo ad altre senza che interferiscano tra di loro: parlare mentre camminiamo è una capacità comune, ma non è possibile mangiare e parlare perché è pericoloso. Anche a livello cognitivo possiamo svolgere più compiti contemporaneamente come disegnare e fantasticare o parlare ma è molto più difficile ad esempio: memorizzare liste di numeri e seguire una lucina sullo schermo di un computer, questo perché ricordare stimoli verbali e memorizzare un oggetto in movimento attivano funzioni cognitive non proprio sovrapponibili.

Un’azione che richiede più risorse dell’altra penalizzerà la seconda. Come quando rallentiamo mentre camminando e chiacchierando ci troviamo ad esprimere un concetto complesso. L’incapacità di svolgere cognitivamente due compiti complessi ci deve far riflettere, soprattutto quando guidiamo ed abbiamo la pretesa di parlare al cellulare; una cosa estremamente pericolosa perché le due attività non possono essere sovrapposte, una delle due ne risente e probabilmente sarà la guida che verrà “automatizzata” fino a ridurre i tempi di reazione. Anche l’uso dell’auricolare alla guida ha pochi effetti virtuosi; il concetto è che l’attenzione necessaria a processare gli stimoli legati alla guida è diretta alla telefonata per cui gli input vengono rilevati: segnali, semafori, ostacoli ma la reazione ad essi: decelerazione, frenata, cambio di direzione vengono processati più lentamente provocando effetti disastrosi che prescindono dalla manipolazione del telefono. Pertanto sarebbe più prudente sottrarsi a qualsiasi distrazione quando si è al volante: mangiare, giocare con l’autoradio, fumare, ascoltare musica ad alto volume.

Ma perché accade questo, se spesso siamo in grado di svolgere più attività contemporaneamente? Una risposta potrebbe essere legata al fatto che il cervello ha una “capacità limitata”. Approssimativamente il cervello umano dispone di circa 100 miliardi di neuroni che grazie a sinapsi, assoni ed innumerevoli interconnessioni comunicano tra loro in pochi millisecondi. Ma ciò non basta: quando le informazioni da elaborare sono complesse il circuito va in sofferenza, similmente al processore di un computer che nonostante la sua elevata potenza di calcolo può rallentare se le operazioni da svolgere sono troppo complesse.

I limiti si incontrano soprattutto quando bisogna elaborare un’informazione sensoriale e svolgere un’azione. Già nella fase di riconoscimento e decodifica dello stimolo troviamo il primo limite. Infatti i due eventi visivi che si presentano e contemporaneamente verranno sottoposti alla nostra attenzione (cioè all’elaborazione cognitiva) con una differenza di più di mezzo secondo l’uno dall’altro. Quindi discriminare due stimoli differenti presentati in successione richiede tempo.
Il secondo limite si può rilevare nella fase di mantenimento e monitoraggio dell’informazione. Anche in questo caso riusciamo difficilmente a notare il cambiamento di due situazioni, scene o stimoli uguali se mentre le percepiamo subentrano alla nostra vista elementi visivi di disturbo.

Infine nella risposta agli stimoli esterni che si presentano velocemente esiste un terzo limite chiamato “periodo psicologico refrattario” e ciò comporta una risposta più lenta ad un secondo stimolo presentato in rapida successione al primo.
A conti fatti i numerosi stimoli ai quali è sottoposto il nostro cervello non possono essere elaborati tutti quindi esso ne sceglie solo una parte da memorizzare in modo selettivo e per l’interesse che nutriamo verso un determinato stimolo. Allo stesso modo quando due persone ci parlano contemporaneamente noi scegliamo di ascoltarne solo uno ignorando l’altro; sarebbe impossibile ascoltarli entrambi.
La quantità di attenzione da porre ad ogni input che riceviamo o ad ogni compito che svolgiamo sono determinati dal “Sistema esecutivo centrale”, un insieme di neuroni che si trova nei lobi frontali. Tale sistema inoltre pianifica l’esecuzione dei compiti da svolgere e delle informazioni da processare permettendoci di passare da un compito all’altro con facilità (compiti simili), o con difficoltà (compiti differenti). Cambiare compito richiede una serie di operazioni mentali che avvengono in modo inconsapevole ed hanno una durata che cresce con la sua difficoltà. Per questo guidare dovrebbe essere un’azione fatta in modo unico, senza “dedicarsi” ad altro nel frattempo.

Il passaggio da un compito all’altro o da un’azione all’altra può comportare un’interruzione; tuttavia contrariamente a quanto spinge a credere il senso comune non è detto che è un’interruzione possa portare effetti di disturbo. Essa può addirittura facilitare lo svolgimento di un compito se funge da monito per rivedere meglio i propri obiettivi, potrebbe infatti rappresentare una strategia utile e funzionale piuttosto che un inutile distrazione.
Speire et al. (1999) hanno decretato che compiti semplici vengono completati più velocemente dopo un’interruzione senza che ciò intacchi la loro accuratezza. La maggior parte delle persone quindi sarebbe in grado di fronteggiare brevi interruzioni anche mentre sta svolgendo più attività parallelamente.

Concludendo, possiamo dire che il nostro cervello ha notevoli capacità di processare più informazioni contemporaneamente. Ciò ci permette di svolgere attività in parallelo, in multitasking; ma non è né facile né semplice. Tuttavia se le condizioni sono vantaggiose, se siamo adeguatamente allenati, se ci impegniamo potremmo riuscire a produrre più attività e comportamenti o compiti contemporaneamente. Ma la domanda che sorge spontanea è: “Ci serve realmente?”.

Per approfondire:
S. de Vito, S. Della Sala, “Dolce far niente, addio! Dilaga il multitasking” in Psicologia Contemporanea, n.206, Mar.-Apr. 2008 pp. 19-28.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta