L’indirizzo biologico dello studio della depressione non è necessariamente in contraddizione con l’indirizzo psicodinamico. Indubbiamente i fenomeni psicologici si accompagnano a eventi neurofisiologici e l’esperienza della depressione non fa eccezione.
Alcune note sul funzionamento del sistema nervoso centrale risultano indispensabili per la comprensione della teoria biologica della depressione, la teoria monoaminergica. Il sistema nervoso centrale (SNC) è costituito da oltre 100 milioni di cellule – dette neuroni – che hanno una forma molto particolare : ogni neurone assomiglia a una ragnatela. Esso contiene : il nucleo o corpo cellulare, il cui compito è quello di provvedere alla sopravvivenza dell’intero neurone; i dendriti, prolungamenti nervosi brevi che si ramificano attorno al corpo cellulare e che costituiscono le principali strutture recettrici del neurone; l’assone o fibra nervosa, prolungamento generalmente unico che trasmette i segnali nervosi al neurone successivo; e infine, i terminali assonici, ramificazioni dell’assone provviste di un terminale detto presinaptico o bottone sintetico (Guyton,1996). Il bottone sintetico poggia sulla superficie della membrana di un dendrite o del corpo cellulare di un altro neurone, stabilendo così un punto di contatto chiamato sinapsi. In questo modo i segnali nervosi vengono trasmessi da un neurone all’altro.
Nel mondo animale esistono fondamentalmente due differenti tipi di sinapsi: la sinapsi chimica e la sinapsi elettrica. Tutte le sinapsi impegnate nella trasmissione di segnali del SNC dell’uomo sono sinapsi chimiche. In questo tipo di sinapsi, il primo neurone secerne a livello della fessura sintetica (spazio interneurale in cui si svolgono i fenomeni chimici che assicurano la trasmissione dell’informazione dal settore presinaptico al settore postsinaptico) una sostanza chimica, il neurotrasmettitore o neuromediatore, che a sua volta agisce su proteine recettrici della membrana del neurone successivo per eccitarlo, inibirlo oppure per modificarne la sensibilità. I mediatori chimici che veicolano la trasmissione di informazioni tra le cellule nervose sono numerosi, ma quelli implicati nello scompenso depressivo sono due: la serotonina e la noradrenalina. In particolar modo, si ha una diminuzione patologica del numero di molecole di una o più di queste sostanze che sono disponibili nelle interfacce fra le cellule nervose.
Tale preciso e complesso meccanismo è alla base della Teoria monoaminergica della depressione, che associa la depressione a un deficit delle sinapsi serotoninergiche, noradrenergiche e dopaminergiche. Bisogna ricordare che sono stati i vari progressi compiuti nel trattamenti della depressione, frutto di tentativi puramente empirici, a condurci all’elaborazione dell’ipotesi monoaminergica nel 1964, e alla scoperta di alcuni farmaci, come gli IMAO (inibitori della monoaminossidasi), gli antidepressivi tricicli o gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina che, impedendo la ricettazione della noradrenalina e della serotonina nelle terminazioni nervose, mantengono un più elevato tasso di queste amine nelle sinapsi.
Tuttavia la Teoria monoaminergica non è esente da problemi. Vediamo quali sono:
- Esiste un’incongruenza con il decorso temporale dell’effetto del farmaco antidepressivo. I farmaci aumentano il livello di monoamine nel giro di poche ore, ma occorrono diverse settimane di trattamento per ottenere risultati benefici.
- L’eliminazione delle cotecolemine (noradrenalina e dopamina) non si abbassa in tutti i pazienti depressi, ma soprattutto nei soggetti agitati o ansiosi.
- Alcune sostanze che bloccano il riassorbimento delle monoamine, come la cocaina, non hanno effetti antidepressivi.
- Il litio, utilizzato nella fase maniacale della depressione, non blocca il riassorbimento delle monoamine, eppure ha un effetto antidepressivo efficace.
- La misurazione dei livelli di monoamine e dei loro metaboliti nei pazienti depressi non ha fornito supporto a favore della teoria (Pinel, 2000).