Quarantena, lockdown, smart working, graduale riapertura e crisi del lavoro. In questo caos le coppie sono messe a dura prova e tante non resistono all’urto.
L’esposizione protratta a uno stimolo negativo consuma le nostre risorse. Quando si esaurisce la nostra capacità di rispondere con resilienza alla condizione stressante, comincia la crisi.
Il coronavirus ci ha costretti a sopportare un forte stress prolungato in svariati ambiti della nostra quotidianità: lavoro, famiglia, relazioni sentimentali. Oggi siamo tutti un po’ più stanchi.
Durante la quarantena la principale richiesta d’aiuto che ricevevo in quanto psicologo, non era legata alla paura del virus né ai problemi lavorativi. Uomini e donne si rivolgevano a me per “aggiustare” la loro relazione.
Si parla molto della difficoltà di gestire una relazione a distanza, ma la verà sfida è gestire una convivenza forzata ventiquattrore su ventiquattro.
Pensavo fosse amore invece era routine
Le prime coppie a saltare durante la quarantena sono state quelle “non comunicative”. Si tratta di partner molto abitudinari, caratterizzati da una marcata rigidità mentale. Pianificazione della vita, no sorprese e guai a modificare la routine domestica.
Il vantaggio di muoversi dentro una coreografia è quello di sapere perfettamente cosa arriva dopo. Non serve parlare per portare avanti quel balletto, ognuno rispetta il suo ruolo e di base ci si può ignorare.
Si vive con il pilota automatico inserito e si può andare avanti così tutta la vita. Il problema è che a furia di andare avanti senza prestare attenzione, ci si dimentica come si guida.
Con la quarantena queste coppie hanno dovuto riprendere il controllo della loro relazione e sono andate a sbattere.
Visti da vicino siamo pieni di difetti
I divi di cinema e internet sono tutti così perfetti perché osserviamo le loro vite da molto lontano. Se ci avvicinassimo scopriremmo che sono molto più normali di quanto abbiamo costruito nella nostra fantasia.
La stessa cosa purtroppo succede anche nelle coppie. Non è raro imbattersi in uomini e donne che hanno idealizzato a tal punto il partner da credere che sia praticamente perfetto. Questo purtroppo non è quasi mai vero e l’unica cosa da augurare a chi lo crede è di non scoprire mai la verità.
Però, quando vivi in quarantena ventiquattore su ventiquattro con qualcuno è difficile non scoprire la verità. I difetti vengono a galla e l’ideale tradito è qualcosa di molto complicato da gestire.
Il gioco del silenzio è propedeutico all’amore
Dopo due mesi vissuti accanto al proprio partner, magari in una casa piccola, magari senza staccarsi un momento, le cose da dirsi scarseggiano.
Non resta che stare zitti, magari leggersi un libro, ritagliarsi uno spazio di solitudine mentale dove non è possibile ottenere quella fisica. Un momento simile a un viaggio da solo dentro una metro affollata. È pieno di gente ma sei solo con te stesso.
Sappiamo bene, però, che un partner può essere più ingombrante di un vagone all’ora di punta. Proteggere la propria solitudine allora diventa più difficile e a volte non ci si riesce. Certe coppie si angosciano se stanno insieme senza parlarsi.
Invece è un’abitudine molto sana che andrebbe coltivata quando tutto va bene. Così se viene la pandemia del secolo potete usarla per continuare a vivere senza pestarvi i piedi (verbalmente).
Essere privato per mesi della propria solitudine è terribile.