Nel corso delle ultime settimane, il fenomeno indiscutibilmente presente sulla bocca di tutti porta il nome di Squid Game. Letteralmente traducibile come “Gioco del calamaro” il titolo si riferisce ad un classico gioco da strada coreano, gioco parecchio violento in cui è previsto l’uso della forza per sconfiggere gli avversari.
Senza addentrarci troppo nella storia evitando eventuali e pericolosi spoiler, la serie TV presenta la seguente trama: un gruppo di individui, accomunati dalla medesima dipendenza da gioco d’azzardo, viene reclutato da uomini con il volto coperto per partecipare ad una competizione. Il montepremi finale consiste in una cifra in denaro di molti zeri che fa certamente gola ai giocatori. Le prove si articolano in una serie di giochi tipici dell’infanzia, estremamente comuni e banali.
C’è solo un “piccolo” problema: se si perde, si viene eliminati realmente dagli uomini dal volto coperto.
Ciò che le immagini vogliono lanciare è la rappresentazione allegorica dei paradossi della società coreana e, in generale, della società post-moderna. Obiettivo della serie è infatti proprio quello di mostrare, in chiave certamente cruda e per certi versi creepy, i controsensi dell’attualità.
I ricchi muovono i fili e si divertono a discapito dei meno abbienti assistendo ad uno spettacolo raccapricciante semplicemente per una ragione: perché hanno il potere di farlo.
Inoltre, man mano che la storia prosegue, si assiste ad un rincorrersi di scelte surreali da parte dei protagonisti che si ritrovano a scegliere tra il proprio rendiconto personale e l’incolumità dei compagni, in un’eterna lotta quasi junghiana tra l’egoismo e la fraternità.
Al di là della qualità della serie, aspetto che rimane chiaramente soggettivo, essa è portatrice di un messaggio forte, dichiaratamente schierato politicamente che, andando un attimo oltre le scene un po’ splatter, vorrebbe scuotere le coscienze o, quanto meno, invitare alla riflessione.
Ma ciò su cui desideriamo soffermarci in questo breve articolo non riguarda i contenuti di Squid Game, bensì la polemica scoppiata in seguito alla sua uscita.
Nei giorni precedenti, infatti, molti si sono interrogati riguardo la presunta pericolosità delle immagini per un pubblico di minori, fino ad arrivare a lanciare una petizione per bloccare la serie in Italia.
ELIMINARE SQUID GAME?
La domanda che da professionisti ci siamo posti non è tanto “è giusto o sbagliato eliminarla da Netflix Italia?”, bensì “eliminarla risolverebbe realmente il problema?”.
Seguendo la logica dell’estirpare un problema semplicemente nascondendolo sotto il tappeto, quante serie TV, quanti film, perfino quanti cartoni animati dovrebbero essere banditi perché portatori di contenuti potenzialmente nocivi? L’elenco sarebbe pressocché infinito.
Pertanto, anziché “mettere all’indice titoli proibiti”, probabilmente sarebbe utile maggiormente mettere in atto strategie protettive certamente più virtuose.
In primo luogo, sarebbe opportuno iniziare a pensare agli strumenti smart in termini maggiormente “conviviali” e “gruppali”.
Sempre più spesso, si è radicata nella società contemporanea l’idea di una dimensione smart da vivere in solitudine. Le serie tv, per esempio, si guardano da soli, possibilmente con le cuffiette, chiusi nella propria camera. I bambini fin dalla più tenera età sono spesso “abbandonati” nei loro passeggini di fronte allo schermo di uno smartphone che li ipnotizza impedendogli di fare i capricci.
Provare a pensare, invece, alla tv (o al pc o al tablet) come una possibilità da vivere insieme potrebbe essere una delle grandi sfide del nostro tempo.
Non ha senso fare i nostalgici nascondendoci dietro ai classici “ai miei tempi le cose funzionavano meglio”; piuttosto, prendere atto dei cambiamenti attuando strategie virtuose per adattarsi ad essi è certamente una soluzione più proficua.
L’IMPORTANZA DEL PARENTAL CONTROL
Tornando a Squid Game, certamente non si tratta di una visione adatta al pubblico più piccolo. In questo caso, vivere il momento della visione in maniera conviviale con i propri genitori o tutori, implica lo scegliere insieme lo spettacolo adatto alle esigenze e ai gusti di tutti.
O ancora, nel caso di visione in solitaria, l’utilizzo di dispositivi di protezione quali, primo fra tutti, il parental control, protegge i bambini da contenuti potenzialmente dannosi.
Discorso diverso va fatto per gli adolescenti. Senza addentrarsi in maniera specifica nella complessità dell’adolescenza, ci focalizzeremo su uno degli aspetti fondamentali che caratterizzano tale importante periodo dello sviluppo: la dimensione della ribellione.
Ebbene, rimanendo nel territorio specifico dei film o delle serie tv (ma il ragionamento può essere generalizzato), se si vietasse ad un adolescente la visione di determinate immagini, con un margine di errore parecchio basso, è praticamente certo che il suo interesse nei confronti di tali contenuti triplicherà.
Portare avanti una cultura del proibito, del non detto, dello sbagliato, è deleterio e, soprattutto, controproducente.
Ancora una volta, l’aspetto conviviale può essere la soluzione. Per esempio, anziché vietarne la visione a priori, una strategia migliore potrebbe essere quella di proporne la visione insieme. Al termine della puntata, si potrebbe pensare ad un momento per commentarne i contenuti, fare domande, interrogarsi, guardare alle cose per ciò che sono e non demonizzandole.
Chiaramente, c’è anche la possibilità che, una volta caduto il velo del “mistero” e del “vietato”, giunga dall’altra parte una frase del tipo “sinceramente, mi aspettavo di meglio… cambiamo genere!”.
Articolo a cura della Dott.ssa Carola Augello.
Supervisor: Antonino La Tona