Ti sarà capitato nella vita di esser stata giudicata.
A scuola, dagli insegnanti. Dai tuoi genitori, per un comportamento. Dal partner, per la scelta di un abito. Dal tuo titolare per un tuo lavoro. Dai figli per un dolce che hai preparato.
Così come ci saranno state mille situazioni in cui, a tua volta, hai giudicato: un tuo allievo se sei insegnante o allenatrice, tua madre per il pranzo di Natale, i tuoi figli o il partner per un comportamento, un collega o un tuo dipendente per un lavoro fatto….
Il giudizio, ovviamente quando negativo e non di valore, fa sempre male; a chi più, a chi meno, ma difficilmente rimaniamo impassibili di fronte ad esso.
Ecco perché l’articolo si intitola “Se mi giudichi, fallo bene!”
Se l’intenzione del nostro giudizio (del feedback, in inglese) è quella di dare un parere soggettivo di piacere (“Questa cosa mi va bene/mi piace”, “Questa cosa non mi va bene/non mi piace”), è molto probabile che ci troveremo di fronte ad una chiusura del nostro interlocutore (amica/o, allievi, figli, partner, genitori, collega) che si sentirà attaccato e proverà rabbia e frustrazione… come, del resto, ci sentiremo attaccati noi se fossimo al suo posto!
Occorre ricordarsi, però, che il nostro giudizio spesso non ha come ultimo fine semplicemente il far sapere all’altro il nostro parere soggettivo. Quando giudichiamo abbiamo soprattutto l’obiettivo di aiutare il nostro interlocutore a migliore/cambiare quel suo comportamento/lavoro/azione/servizio/prodotto, per il quale ci ha chiesto un parere.
Se tuo figlio ti chiede un parere su un elaborato che ha scritto, il tuo obiettivo sarà quello di aiutarlo a migliorare e non solamente il fargli sapere se ti è piaciuto o no ciò che ha scritto.
La stessa cosa vale nel caso in cui una tua collega ti chiedesse un parere sul suo lavoro; non avrebbe senso fermarsi al “Mi è piaciuto” o “E’ da rifare”, ma ha più senso restituire alla tua collega un giudizio che la aiuti a cambiare e migliorare il suo lavoro. Potremmo dilungarci in una miriade di esempi, dalla torta preparata da tua madre, al comportamento che ha avuto un’amica nella vostra compagnia….
Se lo scopo è aiutare chi ti ha chiesto un parere, è fondamentale quindi stimolare l’apertura e la ricettività in chi ti ascolta, in modo tale che possa accogliere il tuo consiglio (giudizio o feedback) per migliorarsi!
Una strategia facilissima e applicabile da tutti consiste nel pensare al giudizio come ad un panino composto da tre strati: una fetta di pane, il ripieno e un’altra fetta di pane.
Guarda questo video!
Ecco quindi le nostre 3 fasi per dare un buon giudizio:
#FASE 1: POSITIVO
Un buon giudizio si apre con le considerazioni positive su quel comportamento/prodotto/servizio/prestazione! Fai i complimenti al tuo interlocutore per tutto ciò che è stato fatto bene e ti è piaciuto. Se non trovi nulla… sforzati! E’ compito tuo creare un buon clima iniziale perché, sulla base di questo, ti giocherai l’apertura o chiusura di chi ti ascolta verso ciò che gli dirai poco dopo.