Quando si trascorre molto tempo in un luogo si tende a sentirlo come proprio ed a sviluppare nei suoi confronti un senso di appartenenza. È ciò che succede ai ragazzi che trascorrono sempre più tempo tra le mura scolastiche; ma questo tempo dovrebbe essere significativo poiché la scuola è un luogo che offre l’opportunità di esprimersi e stabilire relazioni costruttive, profonde ed importanti. Affinché però ciò sia possibile la scuola si deve caratterizzare come “luogo di vita” e non come un non-luogo dove non ci si sente inseriti e si vive ai margini perché non compresi dagli altri.
Ricercare il benessere nei luoghi che frequentiamo è un processo normale ed automatico; nei ragazzi e nei bambini, che notoriamente sono curiosi e portati ad ampliare le proprie conoscenze, l’avvicinamento alla scuola è caratterizzato da un atteggiamento positivo per l’apprendimento quanto per la socializzazione. Tuttavia in alcune scuole in cui le condizioni non siano tali da favorire un senso di benessere ed affiliazione possono invece crearsi situazioni conflittuali con i compagni o con gli insegnanti tali da portare lo studente ad affrontare l’ambiente scolastico controvoglia e con ansia. Questo accade spesso nel passaggio dalle scuole elementari a quelle medie allorquando in molti alunni scatta quel senso di inadeguatezza legato al passaggio insieme all’impressione di non essere sufficientemente supportati.
Uno studente può essere portato a rifiutare la scuola anche per motivi familiari, ma in linea di massima se trova un ambiente accudente ed in linea con le sue aspettative svilupperà facilmente un senso di appartenenza perché proprio questo è ciò che la scuola diventa per i ragazzi: un “luogo di vita” che in alcuni casi riesce a sopperire a mancanze familiari.
Per essere un luogo di vita deve avere delle caratteristiche. Innanzitutto deve esserci una chiara e profonda alleanza tra scuola e famiglia e per fare ciò è necessario che entrambe condividano un programma didattico e le linee educative che saranno perseguite. Purtroppo questa alleanza nel corso del tempo è diminuita a seguito anche del fatto che le famiglie mettono maggiormente in discussione la scuola criticandola in modo agguerrito rispetto a situazioni specifiche: chiedendo maggiore indulgenza verso i figli, maggiore professionalità da parte dei docenti, ecc. La necessità di condividere obiettivi e linee didattiche nasce dal fatto che in modo compatto e condiviso si possa portare avanti un percorso didattico e di crescita per un proficuo sviluppo del ragazzo o della ragazza. È necessario che nell’ambiente scolastico gli alunni trovino un sistema di regole precise e chiare affinché ci sia un senso al loro andare a scuola. Per favorire ciò è importante che la visione dell’istituzione scolastica da parte della famiglia sia positiva affinché si inneschi un dialogo fruttuoso con i figli quando si verificano delle problematiche in ambito scolastico. Ma se la famiglia non vede di buon occhio la scuola contestandone metodi ed obiettivi ciò che sarà trasmesso al ragazzo è che non valga la pena di identificarsi con tale istituzione per cui questi sarà portato ad avversarla invece che sviluppare un senso di appartenenza.
Nelle scuole in cui si dà molto spazio alla cooperazione scuola-famiglia per consentire agli insegnanti di avere più informazioni sugli alunni riuscendo quindi a fornire alla scuola un supporto efficace per l’educazione che il bambino riceve in famiglia, si riesce ad ottenere una situazione di tranquillità e fiducia anche per i ragazzi.
Ciò che non bisogna dimenticare quando si parla di scuola è la sua funzione educativa. Infatti oggi è ampiamente superata l’idea che l’educazione sia ad esclusivo appannaggio della famiglia, mentre sono ampiamente riconosciute le capacità e le facoltà educative degli insegnanti. Essi trasmettono, infatti, oltre alle competenze e le informazioni didattiche anche messaggi positivi o negativi del porsi nei confronti del mondo.
La scuola svolge l’importante ruolo educativo poiché offre ai ragazzi la possibilità di imparare a vivere nella comunità. Ciò perché si trova in una posizione strategica tra le agenzie educative con cui il ragazzo o la ragazza ha a che fare nel corso della sua vita che oltre ad essa sono la famiglia e la società. Il fatto che i ragazzi per buona parte della loro vita trascorrano più tempo a scuola che altrove permette loro di imparare cose che in famiglia non si possono imparare cioè come relazionarsi con chi è “altro da sé”. Quindi la possibilità di sviluppare tolleranza per comprendere i bisogni dell’altro e rispettare chi la pensa diversamente, insieme alla comprensione e la sperimentazione delle norme sociali e morali.
Le possibilità dei ragazzi di imparare a relazionarsi con la società nascono proprio al di fuori dell’ambiente familiare, la scuola insegna loro ad uscire dal bozzolo familiare, a muoversi nel mondo, a comprenderne man mano la complessità ed a padroneggiarla. Infine, affinché la scuola possa realmente essere un luogo di vita sono importanti una buona atmosfera emotiva e le relazioni con i compagni; due elementi che vanno di pari passo e che influiscono sul senso di appartenenza dei ragazzi all’ambiente scolastico. Un insegnante efficace contribuisce senz’altro alla riuscita dei ragazzi compensando anche un’educazione familiare carente. Autenticità, interesse dell’alunno ed empatia sono le caratteristiche che se presenti e percepite dall’alunno gli permetteranno di mettersi in gioco e porsi nei confronti della scuola in termini positivi.
Strettamente correlato al clima in classe è la relazione con i compagni. Infatti in un clima positivo in classe anche le relazioni tra compagni sono più autentiche, paritarie e profonde. Si viene a creare così un clima che invoglia i ragazzi a frequentare la scuola ed impegnarsi anche in attività extra scolastiche; il teatro, la musica, gli sport e lo studio in gruppo favoriscono la creazione di rapporti orizzontali di tipo cooperativo. Infatti si tende spesso a considerare solo i rapporti verticali a scuola, quelli, cioè tra insegnanti ed alunni; ci si preoccupa di quelli orizzontali cioè tra i ragazzi stessi solo quando si verificano episodi di bullismo o violenze. Ma uno dei compiti della scuola dovrebbe essere quello di insegnare la convivenza, la curiosità nei confronti dell’altro, la cooperazione nel raggiungimento degli obiettivi, collaborare quindi ma anche competere quando è funzionale alla maturazione.
Anche nella formazione delle classi è importante creare delle situazioni di mediazione, perché se i ragazzi problematici superano il 30/40% diventa difficile gestire l’intera classe poiché sono loro a trascinare gli altri ed a non permettere alla classe di funzionare e progredire.
Per concludere un cenno va fatto al sentimento di efficacia collettiva. L’idea di aver fatto un buon lavoro come singoli affinché il gruppo classe progredisca è una spinta motivazionale che favorisce il senso di appartenenza ad un gruppo che produce e sa organizzarsi. Quindi la scuola può, anzi deve, diventare un luogo di vita, ma per farlo oltre a dare un’istruzione Deve favorire l’idea in tutti di appartenere a qualcosa di più grande che durerà nel tempo e che favorisca la ricerca dell’altro per crescere, produrre e lavorare insieme.
Per approfondire:
Anna Oliverio Ferraris “Le caratteristiche della scuola come luogo di vita” in “Psicologia e scuola” anno 31°, mag-giu 2015, n.15, pp.13-17.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta