Oggi l’ansia rappresenta uno dei disturbi più presenti e che maggiormente incide sulla vita dell’uomo occidentale contemporaneo.
Gli effetti del disagio provocato dall’ansia si ripercuotono su tutte le strutture della società, a partire dall’organismo di chi ne soffre, passando per le strutture sanitarie e finendo con gli psicologi. Questo perché la persona che esperisce la sofferenza legata all’ansia cerca in tutti modi una soluzione immediata che non sempre arriva. La percentuale della popolazione italiana che oggi soffre di un disturbo d’ansia o ha provato almeno una volta un attacco di panico va dal 10 al 30% e cresce anno dopo anno, complici anche situazioni sociali ed economiche non sempre felici (si pensi al precariato in ambito lavorativo, che non facilita certo la serenità dell’individuo).
L’ansia può assumere tuttavia una connotazione positiva, fino ad assurgere a motore e spinta motivazionale. Essa infatti può essere considerata un’allerta del cervello che ci soccorre nelle situazioni difficili. Di ciò ne è sempre stata convinta sostenitrice la psicologia in tutte le sue teorie, soprattutto quelle motivazionali. Già Freud ne parlò durante la prima guerra mondiale nella sua Teoria sull’Angoscia descrivendo appunto l’ansia (o nel suo caso l’angoscia) come un campanello d’allarme che ci tiene attivi in vista di un pericolo imminente. L’evoluzione delle teorie psicologiche ha portato a rielaborare questa considerazione, pur rimanendo legata ad essa ed accettandone le caratteristiche di base. Infatti secondo le teorie cognitivo-comportamentali l’ansia può rappresentare una risposta fisiologica agli eventi della vita. Essa rappresenta una reazione adattiva che ci permette di regolare le nostre reazioni agli stimoli provenienti dal mondo esterno. Fa sì che l’essere umano scelga il migliore dei modi possibili per modulare la propria esistenza nella società. A ben vedere si tratta di uno stato emotivo identificabile con una risorsa utile che può essere “messa in campo” nei casi in cui è necessario potenziare le proprie capacità per affrontare situazioni difficili.
Un discreto livello di ansia è utile nei momenti in cui ci dobbiamo mettere alla prova, si pensi ad un esame o ad un colloquio di lavoro e come in questi casi la risorsa ansia possa fungere da motore ed aiutare nella concentrazione per affrontare le prove indicate. Ciò che rappresenta l’elemento discriminante tra ansia come risorsa ed ansia come limite è senza dubbio il fattore quantitativo, infatti esso determina la capacità di adattamento alla situazione.
Essendo legata all’attivazione di sistemi cognitivi e somatici così come tutte le emozioni, se i livelli superano determinati parametri ritroviamo limitazioni in ambito fisico, con sintomi somatici come: dispnea, vertigini, sudorazione, palpitazioni, senso di soffocamento, tensioni muscolari. In tal caso, anche a livello psichico si verificano sintomatologie strettamente legate alla sfera cognitiva come: difficoltà di addormentamento e mantenimento del sonno, problemi di concentrazione ed irritabilità.
La presenza di questi sintomi, soprattutto quelli fisici spesso induce chi ne soffre a cercare un aiuto di carattere medico in senso stretto, correndo in ospedale per la paura di un infarto o di patologie varie. La gestione dell’ansia e le problematiche ad essa relativa spesso caratterizzano soggetti che hanno la tendenza a svolgere un impegno all’ultimo momento pur avendo avuto modo di agire precedentemente e tranquillamente sulle proprie attività. Si parla in questo caso di cattiva gestione del tempo, essi infatti si provocano un’attivazione del proprio stato d’animo basata su un’emotività intensa e stressante, nella convinzione di non aver mai tempo per svolgere propri impegni. Nasce così la convinzione di “un tempo perduto” che porta queste persone ad una profonda nostalgia per non aver saputo vivere l’attimo, credendo che il presente e di conseguenza il futuro siano meno piacevoli del passato quando l’ansia non era presente nella loro vita.
Una distinzione doverosa da fare è quella tra ansia di stato ed ansia di tratto. Nel primo caso l’ansia si manifesta con una soggettiva sensazione di preoccupazione ed elevate attivazioni fisiologiche dovute ad un’interruzione improvvisa di un continuum emozionale.
Nel caso dell’ansia di tratto, invece, ritroviamo un elemento più o meno stabile della personalità dell’individuo per cui egli tende a percepire negativamente tutto ciò che gli capita nella vita, da pericoli reali a semplici situazioni quotidiane.
Dall’analisi di quanto detto finora si può evincere che una quota di ansia sia utile nella vita dell’individuo ad attivare quelle risorse interne e quei comportamenti che possono aiutarlo in situazioni di reale minaccia. Venendo all’attualità, infine, e calando il discorso nella vita di tutti giorni è necessario riconoscere che la crisi economica ci fornisce un piano di lettura più ampio rispetto alle capacità di adattamento, infatti la stessa ansia può spingere a mettersi in gioco, a reinventarsi a costruire nuovi spunti lavorativi e di integrazione al fine di migliorare la propria esistenza.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta
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