Nell’articolo precedente (reperibile qui: goo.gl/36JbXo) ci siamo soffermati su come il Dolore, che ha sempre accompagnato l’uomo fin dalla sua comparsa sulla terra, possa essere indicativo di un disagio psichico.
Nell’articolo che segue parleremo invece del Bersaglio Encefalico, cercando di capire come la scelta di questo rappresenti uno dei disturbi psicosomatici più conosciuti. Episodi di dolore encefalico colpiscono circa l’80% della popolazione; ogni individuo ne ha sofferto almeno una volta ed in molti casi esso viene cronicizzato. La popolazione femminile ne è affetta in larga maggioranza, in periodo fertile, soprattutto con addensamento in fase mestruale ed ovulatoria. Nei bambini la sintomatologia dolorifica legata alla cefalea può essere appresa e frutto di istruzione.
A definire uno stato dolorifico e di malessere ci pensa una verbalizzazione ben precisa: “mi scoppia la testa”, “fate silenzio, che mi sembra di morire”, “un dolore così forte non l’ho mai avuto”, a rappresentare una sintomatologia spesso invalidante che si carica emotivamente sempre più, man mano che si protrae durante la vita.
Le cefalee vengono distinte a livello internazionale in due tipi: quelle di origine organica (trauma cranico, patologie vascolari, infezioni, assunzione di sostanze, ecc.) e quelle di origine funzionale (emicrania tensiva, a grappolo).
L’interpretazione psicosomatica pone da un lato le cefalee da tensioni psicopatologiche accompagnate da contrattura dei muscoli pericranici e spesso legate a stati d’ansia o conflittualità intrapsichiche. Dall’altro lato possiamo ritrovare le cefalee psicogene in cui uno stato di tensione presente non è associato a contrattura dei muscoli pericranici; esse sono legate a disturbi dell’umore e dell’ideazione con il delirio d’organo.
Esiste anche un’altra tipologia di cefalee legate a reazioni psicofisiologiche, corredate da dolore costrittivo, bilaterale e con contrazioni muscolari. Esse portano come sintomatologia una contrattura della muscolatura occipitale e del cuoio capelluto associata a vasocostrizione delle arterie che irrorano la parte interessata. Possono essere caratterizzate anche da un’aura, come percezioni visive di mosche, disegni bizzarri o parestesie alle labbra ed al volto.
Lo stress emotivo può essere la causa nelle cefalee muscolotensive e scatenante in quelle emicraniche. Volendo scendere nei particolari, possiamo dire che nella forma muscolotensiva il dolore si manifesta contemporaneamente o subito dopo lo stato di stress, mentre nelle forme emicraniche alla fine dell’episodio stressante può presentarsi la cefalea ad indicare un rilassamento psicologico dalla tensione. Ovviamente in questo secondo caso è più difficile cogliere la relazione tra l’evento stressante e la cefalea (è quello che può accadere nel weekend, nei periodi di ferie o nelle pause lavorative).
La necessità di risolvere immediatamente il dolore porta a scelte di tutti i tipi: uso di farmaci, comportamenti di chiusura ed allontanamento da tutto e tutti, interruzione delle attività, ecc. Spesso anche il massaggio alle tempie viene ad essere un tentativo di risoluzione che si rivela un palliativo se non altro per il fatto che dopo il massaggio la muscolatura riprende un suo stato tensivo e anche perché essendo la cefalea, in questo caso, un meccanismo di difesa risulta difficilmente sostenibile; è perlopiù un atteggiamento emotivo personale di fronte ad eventi esistenziali. Infatti una personalità vulnerabile potrà amplificare uno stimolo, anche debole cadendo facilmente in uno stato psicobiologico di malessere.
Le ricerche hanno portato ad una descrizione dei pazienti sofferenti di emicrania muscolotensiva come perfezionisti, metodici, apparentemente sottomessi che però nascondono caratteristiche aggressive soppresse o contenute che si ripercuotono a livello psicosomatico. La patologia cefalgica può facilmente innestarsi su: affaticamento, sonno disturbato, arrabbiature dovute a contrasti e litigi, ira, oppure ansia generalizzata, stati di afflizione e depressione che caratterizzano alcuni soggetti. La cefalea in alcuni casi, infatti può essere l’espressione somatica di una depressione, di un’ansia mascherata o di un disturbo maniaco-depressivo, o comunque legata ad una vulnerabilità costruita nel tempo e nella biografia del soggetto.
In conclusione possiamo dire che per la comprensione del problema è necessario mettere insieme le tessere del mosaico lungo un continuum in cui operano fattori biologici, psicologici e sociali. Uno status di episodi ricorrenti e compressi, a scadenze quasi ferree, determinano quella condizione di base per gli attacchi successivi e la conseguente stabilizzazione di una vulnerabilità che caratterizzerà il soggetto, un po’ come la condizione ed i meccanismi che caratterizzano l’asma e la gastrite.
BIBLIOGRAFIA:
Dinelli U., (2005), Siamo tutti psicosomatici? L’astuzia della mente sulle ingenuità del corpo, Marsilio, Venezia
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta