Negli ultimi anni sempre più aziende e non solo puntano alle cosiddette “quote rosa”, una percentuale di posti riservati alle donne per utilizzare, nella crescita aziendale, quelle peculiarità di pensiero e lavorative tipiche del gentil sesso caratterizzate da sentimenti di cura, elevata sensibilità e attenzione al materno.
Spesso il potere assume una connotazione negativa, soprattutto se lo si associa ad un capo di sesso maschile, ma negli ultimi tempi le necessità di mercato richiedono un nuovo stile di leadership: non più un modello basato sulla forza e sull’individualità, tipicamente maschile e profondamente in crisi, bensì un modello “arricchito” con il femminile.
La costruzione di significati comuni e condivisi tipica dell’essenza femminile, nonché le caratteristiche di una personalità che conosce sì la distruzione ma è capace di rapportarsi ad essa con fantasia, ascolto, incoraggiamento degli altri elementi del team, con capacità di accudire, accompagnare, dubitare ma anche dialogare, insomma di creare legami, è sempre più un punto di forza che caratterizza le donne leader in azienda. È forte, inoltre, la capacità di delegare, di giocare in squadra, di gestire il multitasking.
Si passa da un’idea di perfezione razionale tipicamente maschile ad un pensiero che, ricco di valori ed appassionato, influisce profondamente sulla progettualità facendo sì che essa si mostri più attenta al processo nonché al punto di partenza ed a quello di arrivo. In questa visione del lavoro le emozioni vengono tenute in considerazione e non lasciate fuori dal processo di pianificazione prendendo parte attiva ad esso.
Non si è più parte singola di un’organizzazione ma parte di un’organizzazione che lavora insieme, nessuno e nulla escluso. Infatti grazie a queste virtù oggi sono molte le donne che sono riuscite ad inserirsi in settori monopolizzati dagli uomini: informatica, chimica, high tech, telecomunicazioni, ricerca e sviluppo.
Un plauso va sicuramente fatto alle donne che non si perdono d’animo di fronte a nulla e grazie alla loro intraprendenza e volontà di fare riescono lì dove molti uomini fallisco, tuttavia è necessario ancora preparare il terreno su cui fare attecchire questa “pianta”. Sarebbe il caso che lo Stato si muovesse in maniera più decisa per agevolare lo stile imprenditoriale femminile sviluppando quelle politiche di welfare e famiglia che permetterebbero ad entrambi i coniugi di avere un luogo di lavoro più a misura di essere umano e meno di semplice lavoratore.
Ciò è di fondamentale importanza e l’esperienza internazionale, soprattutto quella americana, ci dimostra che creando delle reti lavorative basate su welfare e famiglia chi ne trae vantaggio sono soprattutto la crescita e l’occupazione, infatti il tutto si riflette su un benessere del dipendente che mira a mantenere il posto di lavoro attraverso la produttività e la crescita dell’azienda, non attraverso la sottomissione e la frustrazione.
Lo stile di leadership al femminile è stato applicato in aziende di famiglia di media grandezza e di seconda o terza generazione con risultati positivi e benché nelle grandi aziende, in Europa, ciò non sia ancora routine, in questo caso l’Italia fa scuola, infatti da noi le titolari donna sono più che in Francia, in Germania, in Inghilterra.
Certo per avere successo c’è ancora tanta strada da fare: combattere i pregiudizi, gli stereotipi, ma soprattutto conciliare la vita familiare con quella lavorativa. Quest’ultimo ostacolo viene però spesso superato facendo squadra anche con i partner che oggi sono molto più disponibili ad impegnarsi nella condivisione della mansioni casalinghe.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta
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