L’essere umano passa circa un terzo della sua vita a dormire. Contrariamente a come molti credono, il sonno non rappresenta una specie di oblio in cui non accade nulla, tutt’altro. Durante questa fase, sebbene ci sia un rallentamento di tutte le attività prettamente fisiologiche, il cervello comincia a comportarsi in modo diverso. Esso produce una serie di ormoni e sostanze chimiche che ne vanno a stimolare l’attività cellulare facendolo sembrare più attivo che da svegli. Il sonno favorisce un distacco percettivo dal mondo esterno in quanto riduce al minimo la mente cosciente. Tuttavia è risaputo che alcuni stimoli esterni possono svegliare chi dorme se superano una certa soglia di intensità. Esso si configura come un’attività spontanea e reversibile poiché avviene in modo spontaneo ed altrettanto spontaneamente termina, a meno che non ci siano interventi esterni, in un caso o in un altro. Se lo si ostacola, l’uomo e gli animali sviluppano un “deficit” di sonno che cercano di compensare con sonni più lunghi e più intensi.
Ma a cosa serve dormire? Capita di delegare il sonno ad un’attività marginale nella nostra vita, da subire passivamente. Le ricerche si sono soffermate spesso sull’utilità del sonno e diverse sono state le conclusioni tra cui la possibilità che il cervello lo usi per eliminare quei residui metabolici accumulati durante la fase di veglia. Infatti la distanza tra le cellule nervose aumenta durante il sonno così da poter favorire una sorta di “lavaggio” del cervello da parte del liquor cerebrospinale che circola tra esse. Il rovescio della medaglia rispetto a questa attività necessaria che caratterizza umani e animali è l’incapacità di dormire, ossia l’insonnia. Le cause dell’insonnia sono molteplici e vanno ad inficiare lo stile di vita di chi ne soffre, generando un disagio a livello fisico (stanchezza e spossatezza) e psichico (irritabilità, scarsa capacità di concentrazione). L’insonnia è caratterizzata da risvegli precoci e da una percezione del sonno insoddisfacente, spesso legata ad una sintomatologia ansiosa connessa proprio alla situazione di andare a letto e mettersi a dormire. Oppure può essere associata a condizioni psicopatologiche come la depressione o patologie che rinforzano e mantengono la difficoltà di dormire.
Dormire male può dipendere da abitudini sbagliate o da difficoltà emotivo-psicologiche. Le preoccupazioni possono portare al nascere di uno stato emotivo di fondo che diviene lentamente un modo di essere stabile. L’insonnia genera e porta a sperimentare vere e proprie manie, arrivando addirittura a sintomi psicotici, come paranoia, allucinazioni, aggressività ed altro ancora.
Collegamenti importanti sono stati ritrovati tra l’insonnia e la malattia mentale. Le possibilità psicoterapeutiche in questo come in altri casi sono notevoli perché se le difficoltà di dormire sono legate a paure o disagi presenti nel profondo, attraverso una consapevolizzazione di una “mente già pronta” si possono trovare le giuste soluzioni. L’insonnia però può anche essere episodica, legata cioè a stress, fuso orario, incombenze importanti, alimentazione errata o assunzione di bevande ad alto tasso eccitatorio. Chi dorme male, con difficoltà ad addormentarsi o con frequenti risvegli, ha una visione negativa della propria vita (quanto poi sia l’insonnia a provocare questa visione o questa visione a provocare l’insonnia va scoperto). Persino la percezione della felicità e la sensazione di avere una vita significativa sono profondamente influenzate.
Gli effetti psicologici del dormire poco, o del dormire male sono molteplici. Partiamo innanzitutto dalla considerazione che dormire poco fa male. La mancanza di sonno fa lavorare di più il cervello che è costretto a fornire di maggiore energia la corteccia prefrontale per superare gli effetti della privazione. La memoria sia quella a breve termine che quella a lungo termine ne risentono profondamente. La memoria a breve termine, anche detta memoria di lavoro è quella che ci permette di espletare le funzioni cognitive quotidiane come ricordare le cifre di un numero di telefono. Essa subisce un decremento in assenza di sonno, ecco perché quando non dormiamo ci sembra di “girare a vuoto”. Per quanto riguarda la memoria a lungo termine, ha una funzione di consolidamento delle informazioni e di generazione dei ricordi. Durante il sonno il cervello riordina le esperienze e dà un senso a ciò che è accaduto durante il giorno, in assenza di esso questo processo viene interrotto fino a portare all’incapacità di imparare nuove abilità.
Il sonno inteso come riposo del cervello dalle attività coscienti è un ottimo mezzo per mantenere l’attenzione e pianificare. Infatti una persona ben riposata avrà maggiori capacità attentive, sarà capace di discriminare le informazioni degli stimoli che gli giungono dall’ambiente esterno grazie ad una maggiore acuità dei propri sensi. Ciò porta anche ad una maggiore capacità di pianificare e coordinare le nostre azioni. Capacità decisionale che diminuisce con l’assenza di sonno, provocando un senso costante di distrazione.
Avendo avuto un decremento delle capacità mnemoniche e di pianificazione siamo anche maggiormente portati ad affidarci alle abitudini perché il cervello, per preservarsi, si affida alla ripetizione costante di azioni nelle stesse situazioni. Ciò porta ad una maggiore tendenza a rischiare perché si perde la lucidità di capire quando è ora di smettere (come spesso accade nel gioco d’azzardo). Ricerche hanno dimostrato che le cellule cerebrali (in particolare la sostanza bianca, che facilita la trasmissione delle informazioni) perdono di integrità in mancanza prolungata di sonno. Il trattamento dei disturbi del sonno o dell’insonnia parte da diversi approcci. Sicuramente una buona diagnosi clinica che permetta di escludere i fattori neurobiologici facilita la scelta della strada da seguire. Un trattamento farmacologico associato ad un percorso psicoterapeutico qualora si riscontrino problematiche psichiche favoriscono una remissione dell’insonnia a vantaggio di un sonno ristoratore e soddisfacente. È necessario “rieducarsi al sonno”, avere un maggior rispetto per lo spazio e i modi che dedichiamo al dormire. Inoltre, recuperare durante il giorno il sonno perduto non è la strategia migliore poiché il sonno notturno inibisce la produzione di cortisolo (un ormone legato allo stress), cosa che non accade durante il sonno diurno.
Non si può a questo punto non parlare dei sogni. Essi ispirano fantasie e racchiudono misteri. Attraverso i sogni Freud vide la possibilità di esplorare la mente inconscia e i segnali che essa non poteva mandare durante la veglia a causa dei meccanismi di difesa. Qualcuno afferma che i sogni siano più semplicemente segnali elettrici sui quali il nostro cervello cerca di costruire delle storie, per quanto possibile, dotate di un senso. Pertanto il sogno, secondo una matrice psicodinamica viene a configurarsi come “guardiano del sonno” (Freud, 1899), come un elemento che serve a “svegliare” la persona (Jung, 1912). Jung, infatti, afferma: “Chi dorme sogna; chi sogna si sveglia” a indicare la necessità di tener conto dei propri sogni. L’altro significato del sogno rispetto alla realtà sta proprio nel fatto che esso diviene il ricettacolo di soluzione di problemi, ispirazione, vissuti positivi o negativi, comprensione di qualcosa o qualcuno. Insomma, un processo con una struttura ed un contenuto che rimanda inevitabilmente allo stato psichico della persona.
E gli incubi? Attualmente essi vengono considerati come qualcosa di negativo, da allontanare dalla propria vita diurna, nella speranza che si verifichino il meno possibile. Niente di più sbagliato. Gli incubi spesso sono indice di un malessere psichico profondo e serio che andrebbe preso in carico attraverso un percorso di autosvelamento. Non è la fuga dall’incubo che permette di risolvere la questione (magari con l’uso di uno psicofarmaco). Solo attraverso il confronto con esso e con ciò che rappresenta e nasconde è possibile capire quale sia la causa. Spesso legato a paure di abbandono, senso di inadeguatezza, bassa autostima, può coprire traumi subiti e rimossi per non soffrire, paure inconsce e archetipiche (si prenda ad esempio la paura del buio, legata secondo alcuni, alle paure dell’uomo primitivo di essere attaccato dalle fiere durante la notte).
In conclusione, possiamo dire che il sonno e il sogno rappresentano una componente importante nella vita dell’essere umano. L’assenza di entrambi o di uno di essi per periodi prolungati porta malesseri e profonde modificazioni a livello comportamentale. La stampa abbonda di metodi per ritrovare la giusta espressione del sonno (bere un bicchiere d’acqua o di latte caldo prima di andare a dormire, pensare a qualcosa di positivo, mangiare meno, ecc.). Ciò che però bisogna considerare nella fase di addormentamento è il grado di conflitto che la persona ha con se stessa o con una parte della propria psiche che spesso viene sovra-attivata da elementi esterni e interni alla psiche stessa. Vanno escluse le componenti bio-fisiologiche (epilessia, dispnea, condizioni mediche specifiche, ecc.). Il vissuto diurno e notturno sono collegati: vivere positivamente, senza ansia e affrontando i propri problemi un passo alla volta favorisce una vita serena e un sonno costante e rigenerante.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta