LE PAROLE SONO IMPORTANTI, SOPRATTUTTO IN FAMIGLIA

Spesso adolescenti e bambini usano parolacce soprattutto in famiglia per emulare i più grandi o per manifestare il loro disagio e più sono irritati, maggiore è la scurrilità del loro linguaggio.

È proprio in famiglia che si impara l’importanza dell’usare un linguaggio che non sia scurrile e colorito.
Accade di sentire per strada certe espressioni a sfondo sessuale che vengono utilizzate in modo vergognoso da parte di alcuni gruppi di adolescenti, e che generano fastidio in chi li ascolta. È disarmante ascoltare l’uso che alcuni di essi oggi fanno di parole ed esclamazioni a carattere sessuale o bestemmiando come se fosse la normalità.

Non è pensabile che si tratti solo di un esempio o di una modalità educativa ricevuta, neanche pensare che l’uso eccessivo che ne fanno oggi gli adolescenti sia imputabile ad un minor rigore sociale che non riesce più ad arginare questa modalità è giusto. Sembra che ogni parola sia tanto carica di aggressività da essere usata più come un’arma nei confronti di qualcuno che come mezzo per esprimere un concetto. Un modo come un altro per “farsi ascoltare”, per affermare la propria presenza al mondo. Un segnale che indica: “io ci sono e sono arrabbiato”, che spesso va a dare forza ad un discorso privo di argomentazioni e che nasconde una profonda insicurezza nei rapporti con gli altri.

Un’insicurezza che spesso è dovuta ai rapporti con i coetanei, soprattutto del sesso opposto. Infatti, le adolescenti hanno la tendenza a snobbare i loro coetanei maschi portandoli a sentirsi inferiori, e a voler così recuperare quella parità utilizzando comportamenti a rischio o l’uso di parole oscene per mascherare le proprie insicurezze. Una sorta di manifestazione di forza tipica dei primati ma portata all’eccesso, in una società che invece la condanna. Il fine è quello di far credere di essere sicuri e maturi andando a mascherare le insicurezze. Così facendo però l’adolescente si allontana sempre più da quelle parti di sé che tende a negare, con il risultato che sarà sempre più difficile ascoltarle ed entrare in contatto con un sé reale che, sebbene debole ed insicuro, ha bisogno di essere ascoltato e non ignorato.

L’utilizzo della parolaccia come metodo di confronto rappresenta sempre più l’alternativa ad un reale dialogo tra bambino/adolescente e società adulta.
Si pensi anche all’uso provocatorio che spesso ne fanno i bambini gridando parole volgari senza conoscerne neanche il senso, ma solo per il gusto di ripetere termini “fuori misura”, per creare uno “shock” in chi ascolta, una reazione che non sempre è quella giusta da parte dell’adulto. Infatti a volte si è troppo duri, infliggendo loro punizioni senza permettergli di capire la reale entità dell’errore, oppure ci si sofferma sulla parte divertente della cosa, ed il risultato è che il bambino per ottenere l’ilarità degli adulti tenderà a reiterare il comportamento.

Bisogna tenere in considerazione, in questo caso, che per i bambini prima dei 3 anni, tutte le parole hanno il medesimo significato. Infatti, è solo dopo quest’età che essi cominciano, grazie all’acquisizione delle regole sociali, a capire che determinate parole sono immorali e pertanto non vanno dette né ripetute. L’utilizzo di parole strane, intriganti li porta a ripeterle per suscitare una reazione, attirare l’attenzione, perché sono buffe, per emulare grandi. Spesso le punizioni o i ragionamenti sotto i 3 anni non hanno l’effetto dovuto/voluto perché non rientrano nelle capacità introiettive del bambino.

Pertanto è utile non ridere, mostrare indifferenza se ci si accorge che le parolacce vengono usate per attirare l’attenzione dell’adulto, evitare anche di usare atteggiamenti repressivi. Può essere utile mostrarsi offesi da questo suo comportamento facendogli capire che è sbagliato, oppure ripetere con altri termini, meno coloriti e più accettabili, ciò che ha detto fornendogli delle valide alternative comunicative.

La coerenza è la prima cosa: non si possono punire i figli perché usano le parolacce e poi usarle per primi. Ma mano che il bambino crescerà o se l’uso di parolacce avviene già in età maggiore, può essere utile mantenere delle regole, come il fatto che in casa non si dicono parolacce, mostrare la propria disapprovazione quando queste vengono utilizzate e chiedersi sempre cosa c’è dietro il loro utilizzo. Inoltre, ci si dovrebbe soffermare sull’effetto che esse hanno sugli adulti; spesso si tratta di una sorta di sfida a chi gli impone regole senza ascoltarli.

L’uso di parole oscene in gruppo spesso rappresenta un modo per sentirsi più forti, per manifestare la propria carica aggressiva, il proprio disinteresse delle regole. L’utilizzo di oscenità si ripercuote anche in famiglia, dove soprattutto gli adolescenti seguono questo metodo comunicativo per innalzare il livello di conflitto con i genitori, per manifestare le loro tensioni ed irritazioni. Provocando, di fatto, scandalo nei genitori che a loro volta irritati, utilizzano lo stesso linguaggio facendo proprio “il gioco” dei figli, i quali percepiscono una vittoria nei confronti di un adulto “sceso ai loro livelli”.

La scelta delle parole è un importante momento nel confronto con i figli. L’uso del linguaggio colorito dovrebbe essere ascritto a poche circostanze (amicali, informali…), ma non dovrebbe mai diventare una componente normale del dialogo.
Soprattutto durante le situazioni di conflitto è necessario fare attenzione alle parole che si usano cercando di essere chiari, accettare un confronto teso alla crescita e non alla coercizione, un confronto basato sul parlarsi reciprocamente non per ferirsi ma per ascoltarsi. L’uso di parole forti, dure, volgari in quei momenti non fa altro che innalzare la tensione e portare allo scontro. È utile riflettere con i ragazzi, cercare di capire insieme a loro cosa si nasconde dietro l’uso del turpiloquio affinché risulti chiaro a tutti che contesti differenti hanno regole differenti e che ci si deve adeguare al contesto per farsi capire in modo chiaro. Rendersi conto insomma che la scelta delle parole è il trampolino di lancio per una buona comunicazione nella vita.

È compito dei genitori ascoltare i figli accogliendo questi sentimenti di insicurezza e frustrazione, aiutandoli ad affrontarli con un supporto che lasci ai ragazzi un certo grado di autonomia e che li porti alla crescita. “Fare prediche” o vietare qualunque cosa, comminare punizioni esagerate non porta a nulla, anzi crea ancora maggiore attrito tra l’adolescente e gli adulti.

La risposta giusta forse non esiste, ma sicuramente una sana relazione con i figli, con gli alunni, con i giovani è la base per un’alleanza che porta buoni risultati. Un gesto affettuoso, un ascolto attivo ed un interesse partecipato fanno sì che l’adolescente capisca che è possibile depurarsi da tutti quei sentimenti negativi che lo assalgono mostrando le sue reali esigenze, sapendo che c’è qualcuno disposto ad ascoltarlo.

La capacità dell’adulto sta anche nel riuscire a fornire punti di vista diversi che permettano al giovane di mettersi in gioco, sperimentando modalità nuove per far fronte all’esigenza di scaricare la rabbia bestemmiando o usando parolacce in modo assolutamente gratuito.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta

 

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