Omosessualità, omofobia e disagio psicologico

Frasi-sullomofobia

Una persona si definisce omosessuale quando prova sentimenti di innamoramento, desiderio ed attrazione erotica nei confronti di persone dello stesso sesso. Nonostante esistano svariate teorie di tipo sia biologico che psicologico, allo stato attuale non esiste ancora uno studio scientifico o un’ipotesi ufficiale che possa spiegare perché una persona diventi omosessuale e perché un’altra diventi eterosessuale.

L’omosessualità è stata considerata per molto tempo come una malattia, una perversione, ma le è stata tolta questa etichetta dalla psichiatria a partire dalla metà degli anni ‘70. Quindi, sul piano scientifico è stata posta fine alla criminalizzazione, alla colpevolizzazione e medicalizzazione dell’omosessualità, eppure ancora oggi permane un diffuso atteggiamento discriminatorio, di pregiudizio, di rifiuto, di condanna e patologizzazione dell’omosessualità.

Infatti, gli omosessuali continuano a essere vittime di una società fortemente omofoba ed eterosessista. Omofobia significa, letteralmente, “paura nei confronti di persone dello stesso sesso”, indica l’intolleranza e i sentimenti negativi che le persone hanno nei confronti degli omosessuali. Può manifestarsi in modi molto diversi: dalla battuta, alle offese verbali, fino a vere e proprie minacce o aggressioni fisiche. Deriva dalla falsa credenza che siamo tutti eterosessuali e che è normale e sano scegliere un partner del sesso opposto, inoltre il pregiudizio è rinforzato dall’ignoranza e dalla mancanza di contatti con la diversità

Tale visione è influenzata da credenze e valori che si impongono nei nostri pensieri come dogmi ancor prima di sapere il significato di omosessualità, per cui, una cultura omofoba non può che partorire soggetti convinti che essere gay sia assolutamente sbagliato.

Si può parlare di pressione morale quando l’omofobia, appresa nel contesto socio-culturale, innesca un processo per cui anche gli omosessuali stessi vorrebbero rinnegare se stessi, perché si sentono in errore, si vedono drammaticamente sbagliati.

L’omofobia interiorizzata indica l’insieme di sentimenti (rabbia, ansia, senso di colpa, ecc.) e atteggiamenti negativi verso caratteristiche omosessuali in se stessi e nelle altre persone. Il suo sviluppo è considerato, tuttavia, un processo normale nella vita degli omosessuali in quanto è un’inevitabile conseguenza del fatto che tutti i bambini sono esposti alle norme etero-sessiste ed hanno sperimentato, nel corso della propria crescita, atteggiamenti ed emozioni negative verso la propria omosessualità.

Inoltre, l’omofobia è così diffusa nella nostra società che la maggior parte dei giovani omosessuali ha avuto genitori con idee, anche solo vagamente, omofobe e, nel corso della propria infanzia e adolescenza, ha frequentato insegnanti, compagni di scuola, amici di famiglia, etc., omofobi.

Pertanto, durante il periodo di esplorazione della propria identità sessuale, che avviene durante l’adolescenza, è già consapevole della mancanza di approvazione del comportamento omosessuale da parte della società e ha già appreso, dal contesto culturale, che provare sensazioni omoerotiche è meritevole di vergogna. È spesso inevitabile che durante l’adolescenza gli omosessuali si percepiscano come diversi e inadeguati, scegliendo in alcuni casi il ritiro sociale e l’isolamento.

Dalle ricerche scientifiche sull’argomento risulta che gli omosessuali presentino un’alta prevalenza di disturbi psichiatrici, tra cui depressione, attacchi di panico, ansia generalizzata, tentativi di suicidio.

Lo stigma, il pregiudizio e la discriminazione creerebbe un ambiente sociale così stressante da favorire lo sviluppo dei disagi psicologici. In particolare, il processo di stress dipenderebbe da diversi fattori collegati tra loro, quali: gli eventi dove si è vittima del pregiudizio, discriminazione e violenze; l’aspettativa del rifiuto da parte degli altri; il bisogno di doversi  nascondere; le strategie di coping inadeguate; la mancanza di supporto sociale e, infine, l’omofobia interiorizzata. Questa ipotesi è stata definita con il termine minority stress e attualmente sembra essere la teoria più appropriata per spiegare l’alta prevalenza di disturbi psichiatrici negli omosessuali.

Dunque, ciò che porta disadattamento e sofferenza non è essere gay o lesbica, ma è l’ignoranza, l’omofobia, il bullismo, l’emarginazione, che rendono complessa la possibilità di essere se stessi.

I pregiudizi e la chiusura mentale, l’incapacità di capire e l’incapacità di mettersi nei panni dell’altro, fanno di un omosessuale una persona infelice.

Dott.ssa Monia Crimaldi

 

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