EGO.
Facebook. Instagram. Youtube. Pinterest. Tumblr.
Tutti a cercare la pioggia di Like, di “Mi-Piace”.
Ma senza scomodare i Fashion/ Food/ Qualsiasi cosa-blogger del momento, che della vetrina ne hanno fatto il mestiere del nuovo millennio, ci fermiamo un attimo a riflettere su uno solo di questi social. “IL” social per eccellenza.
FACEBOOK.
Nella Terra siamo 7,5 miliardi di persone e, di queste, in 2 miliardi abbiamo il profilo Facebook.
Facebook era nato nel 2003 come portale per mettere in contatto e far socializzare gli studenti dell’Università di Harvard. Dal 2006 ogni persona nel mondo, dai 13 anni in su, può iscriversi a questo servizio e, in generale, l’obiettivo rimasto è quello di avere un mezzo per rimanere in contatto le persone. Geniale.
Il fatto è che più che “rimanere in contatto” con gli altri, Facebook per moltissime persone si è trasformato in un’occasione per farsi gli affari degli altri e in un palcoscenico dove far brillare la propria vita.
Si critica il programma “Grande Fratello”, umiliante per la coscienza umana, e non ci si accorge che nel Grande Fratello virtuale lo si è tutti i giorni. Con Facebook.
Anche con Facebook ci si è fatti prendere la mano e, come tutte le cose, l’uso che se ne fa dipende non dallo strumento, ma dalla persona che si è.
Partiamo dal presupposto che ognuno fa quello che gli pare e che se si è infastiditi da quanto scritto, si può cambiare pagina.
Detto ciò, da psicologa non posso non fare delle considerazioni sull’uso poco maturo, e troppo comune, che se ne fa di questo social.
Si vedono profili di donne over 50 pubblicare “album” come se fossero modelle, senza esserlo. Foto in pose “fuori-stagione“… fuori età, fuori professionalità, fuori buon senso. Senza parlare della quantità di condivisione delle foto dei figli e delle figlie. Quello che ci si aspetta da una Donne e Uomini, maturi, adulti, è che abbiano raggiunto con gli anni una pienezza e sicurezza di sé tali da non aver bisogno di manifestare il proprio corpo (soprattutto per le donne) e la propria vita in un social così curioso, come è appunto Facebook.
Se io come donna mi sento bella, non ho bisogno di postare mille selfie sul mio profilo Facebook per far sapere e far vedere agli altri “quanto sono bella”. Così come, nella vita di tutti i giorni, se sono un uomo colto, non devo sciorinare tutto il mio sapere in qualsiasi occasione, dimostrando agli altri quante ne so.
In Facebook, però, vige un solo giudice: il MI-PIACE.
L’associazione inconscia che il nostro cervello fa è: “Se ho tanti LIKE allora piaccio!”.
In psicologia si parla di RIPROVA SOCIALE.
L’EGO si pompa e il nostro narcisismo si amplifica perché si viene APPROVATI e convalidati dagli altri.
Ma davvero l’approvazione e il riconoscimento degli altri può nutrire il nostro Ego?
E, soprattutto, lo può nutrire in maniera sana? Davvero è quella degli altri, la convalida di cui abbiamo bisogno?
Cosa ci sta dietro la pubblicazione in Facebook di decine (e centinaia) di foto ritraenti se stessi.
Il narcisista cerca bulimicamente l’attenzione del pubblico e si mette in vetrina compulsivamente (non è una foto ogni tanto a fare la differenza) attendendo una risposta dal mondo, un rimando, un feedback… un LIKE!
E su cosa?
Ovviamente sulla sua bellezza, sulla sua felicità, sul suo fascino, sul suo valore, sulla sua ricchezza… insomma, sul suo senso di esistere.
Chi condivide senza freno la propria vita sullo schermo virtuale, cerca spasmodicamente un RICONOSCIMENTO che, evidentemente, da solo non riesce a darsi.
Al contrario invece, chi è già sazio di sé, della propria vita, dei propria affetti, non ha il bisogno di mostrarlo agli altri. Anzi! Ne è geloso e vuole proteggere la propria intimità e anche quella del partner, della famiglia, dei figli.
Nutrirsi dei pareri altrui è come nutrirsi di aria fritta!
Il contenuto nutritivo dell’aria fritta è pari a zero, sempre aria è, ma intanto ci si illude che il “fritto” possa riempire, quando invece fa solo male… e non ce ne si è nemmeno resi conto.
Facebook o non Facebook, da sempre le persone ricercano il riconoscimento e l’approvazione da parte degli altri.
È lo sguardo dell’altro,e in primis, al l’inizio della nostra vita, lo sguardo della mamma, a farci percepire un senso di integrazione e di ESISTENZA.
È come se nel vissuto del neonato ci fosse questo:
SE LA MAMMA MI VEDE
(ovvero se la mamma ascolta i miei segnali, risponde adeguatamente ai miei bisogni di essere coccolato, pulito, nutrito, stimolato, desiderato, scaldato)
IO ESISTO,
ED ESISTO PERCHÉ SE LEI NON MI GUARDASSE IO MORIREI (un bambino lasciato solo a se stesso, infatti, non è in grado di sopravvivere).
Oltre all’Infanzia, l’età in cui nell’evoluzione dell’essere umano ritorna forte la spinta ad essere visti e riconosciuti è l’Adolescenza.
Il ragazzo e la ragazza di 13-19 anni, hanno bisogno di capire CHI SONO, in quel difficilissimo passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Proprio per questo motivo, richiedono che gli altri siano per loro uno SPECCHIO sul quale guardarsi e di conseguenza attribuirsi un valore.
Dove sta il problema?
Il problema è quando da adulti ci si ritrova a NON BASTARE A SE STESSI, ad aver BISOGNO che gli altri ci riconoscano, ci approvino, ci guardino… come se fossimo dei neonati o degli adolescenti.
Pensiamo non solo alle foto e ai post in Facebook ma anche al desiderio di mettersi in mostra nella realtà di tutti i giorni.
Il NARCISISMO è dilagante.
Siamo nel bisogno infantile di essere nutriti dallo sguardo dell’altro e se questo avviene molto probabilmente è perché lo sguardo che noi stessi abbiamo verso di noi non è sufficiente.
Si può vivere così tutta la vita?
Sì. Non per tutti questo atteggiamento mentale e comportamentale è visto come un problema.
Non si ha la consapevolezza per vederlo così.
Chi è arrivato fino a questo punto della lettura, o non rientra nella categoria che ho descritto, o ci rientra ed è pronto/a ad attaccare questo articolo con un rigido e sminuente commento, aggrappandosi a chissà quali motivi per giustificare il proprio uso di Facebook, oppure si sente un po’ chiamato/a in causa e cerca di capire il perché di certe sue azioni.
In linea di massima, chi sarebbe colpito a segno con questo articolo, ha già smesso di leggerlo da un bel pezzo.
Ma a noi, studiosi di noi stessi e della mente, la riflessione piace e non ci spaventa.
Avere CONSAPEVOLEZZA di Sé significa anche Proteggersi.
Significa Limitarsi/Contenersi perché si basta a se stessi, perché non si ha bisogno di far vedere “agli altri” (gli altri, ovvero tutti e nessuno) “quanto” si vale. Chi è in pace con se stesso non ha bisogno di RIVELARSI pubblicamente al mondo.
Si rischia che, tolti gli spettatori dalla vetrina,
il manichino che si faceva i selfie crolli.
Crolla la persona, che si rende conto dei VUOTI dentro
che fino a quel momento aveva tamponato.
Crolla la donna che aveva basato il giudizio di sé
sugli occhi degli altri e non sul suo stesso sguardo.
Diamo un senso alle cose.
Diamo un senso alla nostra vita.
Facciamoci delle domande sulle nostre azioni.
Altrimenti finisce che ci si ritrova come specchi che si guardano su altri specchi, rimandandosi reciprocamente un vuoto angosciante.
(Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi leggerne altri sulla tematica PSICOLOGICA, clicca sul mio sito www.ilariacadorin.com)
© DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto
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