MENTE, GIOCO D’AZZARDO E IDENTITA’

Esiste un intreccio particolare e forte tra il gioco d’azzardo e l’affermazione della propria identità. Una commistione rilevabile nei giocatori saltuari e non più presente nei giocatori patologici che invece, ad un certo punto, perdono il proprio senso di identità.
I cosiddetti “social gambler” quei giocatori che lo fanno per divertirsi e riescono a rimanere all’interno di canoni comportamentali ben definiti, attirano la psicologia per le loro caratteristiche di personalità e comportamentali. Ma può il gioco d’azzardo offrire qualcosa di positivo all’individuo e alla comunità?

Il primo a parlare di “giocatore sociale” ed a differenziarlo da quello patologico fu Dickerson nel 1984. La psicologia si è ampiamente occupata del giocatore d’azzardo patologico soffermandosi sulle cause come quella di essere sopraffatti da un incontrollabile brama di giocare. Oppure sul piacere che essi provano rispetto al successo, al potere, alla vittoria o sul desiderio di rischiare. Il giocatore patologico, con i suoi continui sbalzi d’umore, difficoltà di autocontrollo, estrema labilità dell’Io presenta evidenti caratteristiche della struttura di personalità borderline. Nel caso in cui ci troviamo di fronte al giocatore sociale abbiamo a che fare con un soggetto che sente il bisogno di rilassarsi; un individuo che viene attratto dal guadagno facile e senza fatica che attraverso il gioco va a stimolare un po’ tutte le funzioni dell’Io, anche l’attrazione per il rischio.

Non è possibile effettuare una differenza tra giocatore patologico e giocatore sociale; ma alcune caratteristiche attribuibili all’una o all’altra tipologia sono possibili il giocatore sociale ha la capacità di smettere di giocare in qualsiasi momento. Questo molto probabilmente perché i suoi valori non sono legati al potere del gioco come per il giocatore patologico. Sente e vede il gioco come un passatempo, un divertimento che dà gratificazioni conflittuali e libidiche ma fa più affidamento sulla realtà, è attento a limitare le perdite, oculato nell’investimento e sa quando ritirarsi, preferisce giochi con alte vincite anche se rare e con bassi rischi anche se ripetuti.

Tuttavia una grossa fetta di giocatori si colloca tra le due tipologie cioè tra il patologico ed il sociale quindi sarebbe meglio differenziare i giocatori tra quelli che riescono a mantenere o meno un autocontrollo maggiore durante il gioco soprattutto in relazione all’illusione di controllo ed all’assunzione di rischio.
Gli aspetti caratteristici del giocatore sociale sono molteplici e ciò porta a diverse tipologie di persone che si approcciano al gioco in modo abituale ma che poi sfocia nel patologico. Ad esempio abbiamo colui che gioca perché crede di vincere o perdere in base alle sue capacità di indovinare un pronostico. Sono giocatori che “studiano” ciò su cui scommettono. Si tratta di persone che si dilettano a giocare ai cavalli e si ritengono “capaci” proprio per le loro competenza; gli altri, a loro dire sono incapaci di tanta raffinatezza da permettergli di andare oltre un semplice “vizio del gioco”. C’è poi il giocatore che crede di poter agire sulla dinamica del gioco, di poter dirigere la fortuna. Tipico dei giocatori del lotto e lotterie varie o loro derivati. C’è la tendenza del giocatore ad affidarsi alla dea bendata guidato dalla superstizione. Ha la tendenza a giocare da solo ma non rifiuta di aggregarsi con altri sviluppando i cosiddetti “sistemi”.

Per finire nell’elenco delle tipologie dei giocatori ci sono quelli che riescono a considerare un sostanziale equilibrio tra la fortuna e le proprie capacità di indovinare un pronostico; ci si riferisce qui ai giocatori del Totocalcio o comunque a quelli che scommettono sullo sport. Essi considerano le proprie competenze come un misto di attenzione, passione e abilità nell’ interpretare le vicende sportive.
A livello sociale il gioco non è totalmente stigmatizzato né totalmente appoggiato, cioè non lo è il modo assoluto in entrambi i sensi. I criteri di giudizio sono soggettivi e quindi influenzano la visione del gioco a livello sociale; pertanto nei giocatori sociali esso può essere considerato in due modi: da un lato come mezzo di scarico dello stress, dall’altro come potenziale fonte di danni economici e relazionali anche di una certa gravità. Per molti resta un divertimento, un’abitudine che attuata una volta alla settimana non nuoce, non crea danni e permette anche di socializzare e fare gruppo. Per i giocatori sociali il gioco è ritenuto una speranza economica ma essi mantengono forte il legame con la realtà che li porta a considerare lo spazio del gioco uno spazio “altro” rispetto alla vita reale.

Quando però si parla di gioco, che sia esso un semplice passatempo o una dipendenza patologica è bene soffermarsi su alcuni concetti che influenzano chi si addentra in questo mondo. Il primo concetto su cui soffermarsi è quello relativo alla fortuna: una credenza arcaica dell’uomo il quale crede che esista un’entità astratta che possa guidare l’evoluzione di una vicenda che sia essa legata al gioco o di vitale importanza. Ecco che nel gioco molti si affidano proprio alla benevolenza ed alla manipolazione (con riti e scaramanzie) della fortuna per ottenere i risultati sperati; questo porta a distorsioni cognitive. 
Prima fra tutte: “L’illusione di controllo”, ossia un’aspettativa di successo presente nonostante la realtà sia assolutamente contrapposta a questo successo; questa illusione si manifesta ancora di più nei soggetti che sono fortemente coinvolti come nel caso dei giocatori patologici.

Un’alta distorsione cognitiva molto presente nei giocatori patologici ma anche in quelli sociali (chiaramente in misura ridotta) è la cosiddetta “Fallacia di Montecarlo” che consiste nella tendenza del giocatore a sopravvalutare la possibilità di successo dopo una serie di perdite. La familiarità col gioco può portare a sovrastimare facilmente la propria fortuna ed in questo caso l’associazione alle frequenti perdite, un desiderio inconscio di rivalsa e l’idea che ci debba essere una giustizia (per sé, ovviamente), può portare ad aumentare un comportamento di assunzione di rischio, quindi aumentare il tenore dell’investimento giocando alla rincorsa per rifarsi delle perdite.

Le sconfitte, inoltre vengono dimenticate più velocemente, a differenza delle vittorie che invece permangono di più nella memoria. Si tratta molto probabilmente di un inconscio innalzamento del livello di Arousal per dimenticare le perdite. È come dire che si diventa meno sensibili (o attenti) alle sconfitte e più reattivi alle vittorie. La presenza di stimoli cognitivi durante il gioco, associati a stimoli emozionali e fisici lo porta a diventare un’attività ludica “funzionale” che cioè soddisfa i bisogni basilari dell’uomo di autoconferma e di autoaffermazione portando a vedere il gioco d’azzardo come una convinzione di abilità e di opportunità identitaria.
La relazione tra gioco, vincita e perdita è qualcosa che ha sempre avuto un forte legame, ma più di tutto è l’attribuzione di ciò che succede. Esiste in psicologia un concetto chiamato: “Locus of control” che grosso modo determina l’attribuzione di un accadimento o una responsabilità a qualcosa di esterno: locus of control esterno o direttamente imputabile al soggetto stesso: locus of control interno. Un sistema di aspettative e credenze che si caratterizza in base a persone ed eventi. Nel gioco elevata è la percentuale di attribuzione di vincita o perdita a fattori esterni come la fortuna, o interni come l’abilità; anche se nella quotidianità di ogni individuo le percentuali possono cambiare attribuendo maggiori capacità a se stessi e minori ad eventi ed effetti esterni.

Concludendo, nel rapporto tra gioco, mente e senso di identità è difficile determinare una differenza netta tra giocatore patologico e giocatore sociale; ma si può effettuare una diversificazione tra maggiore o minore propensione alla patologia ed alla compulsività. Il pericolo nella nostra società è quello di sviluppare forme di dipendenza e ciò può verificarsi a tutti livelli, anche nei giocatori sociali, soprattutto quando vengono a galla esigenze o idee di fare soldi facili in momenti di bisogno. Sarebbe pertanto necessario sviluppare campagne che portino a conoscenza della popolazione dei rischi ai quali si va incontro giocando d’azzardo e magari ridurre la tendenza a promettere vincite facili. Un giocatore vede nella scommessa o nel gioco un’occasione per dare valore alla propria vita, per sentirsi soddisfatto di sé stesso e delle sue abilità connotandosi diversamente rispetto alla sua identità, cioè come vincitore, o almeno così spera.

Fermarsi ad immaginare e fantasticare su ciò che si potrebbe fare con un eventuale vincita, o essere felice per l’idea che questa si possa avverare non è non è un errore, utilizzare l’evento ludico come modo estemporaneo per l’evasione dalla quotidianità, sfruttando le opportunità offerte dall’ambiente non porta a diventare giocatori patologici.
Il substrato di insoddisfazione, bassa autostima, voglia di riscatto da una vita che non soddisfa, il tentativo di combattere la noia, questi sono i segnali che bisogna considerare se ci si approccia al mondo del gioco d’azzardo, perché è proprio quello il caso in cui si può cadere in una dipendenza.

Per approfondire:
F. Maria, G. Lavanco, T. Lo Re, “Azzardosamente. Gioco d’azzardo: vincolo o risorsa?” in Psicologia Contemporanea, n.162, Nov.-Dic. 2000 pp.27-35.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta