“Mia madre mi sta sempre addosso… e io reagisco male!”.
Il rapporto madre-figlio adolescente non è sempre idilliaco. I figli adolescenti sentono un forte sentimento di attaccamento nei confronti della madre, ma preferiscono la guida educativa del padre, perché questo ha un altro modo di vedere le cose e di essere genitore.
La preoccupazione materna viene vista sempre con un fastidio perché rappresenta una ripetizione costante: “Fai questo! Fai quello! Studia! Non vestirti così! Riordina la tua camera!”. Il giovane si sente sminuito e crede che la madre lo veda come un incapace che ha sempre bisogno del suo supporto, senza rendersi conto che essa semplicemente si preoccupa di lui e del suo benessere. Le reazioni sono spesso violente e provocano scontri, non senza strascichi o malessere da parte di entrambi, soprattutto dei figli che mai vorrebbero fare del male alla donna più importante della loro vita.
Purtroppo essere considerata fastidiosa ed insopportabile è un triste destino per una donna che sacrifica se stessa per dedicarsi al figlio. Non capita ovviamente in tutte le relazioni madre/figlio, ma è un andamento della relazione assolutamente possibile. È importante considerare, però, che non c’è alcuna ragione morale o psicologica che rende necessario vestire i panni della “rompiscatole”.
Dall’altro lato c’è il papà, diverso, che tratta il figlio come “grande” e lo fa spontaneamente. Non si sente responsabile in primis delle azioni del figlio. Lo vive come “fuori da sé”, senza sentire l’obbligo di fargli fare le cose giuste o sbagliate, ma lo percepisce come entità in grado di operare scelte e commettere errori. Il padre spesso si limita a dare regole, chiarendo ciò che ritiene giusto o sbagliato lasciandogli poi la libertà di decidere. Non vuole che il figlio commetta errori, ma non si sente colpevole di non averglielo impedito; ha manifestato le sue buone ragioni, ma poi lascia decidere a lui. Per questo un figlio si sente meno incapace e quindi più adulto.
Per alcune madri il presupposto è che il figlio, senza di loro, senza le loro insistenze o indicazioni, potrà solo peggiorare, cacciarsi nei guai come fosse un bambino piccolo. In realtà ci troviamo di fronte ad un adolescente che può avere anche le capacità e le facoltà di decidere sulla base delle esperienze e delle influenze che riceve dalle relazioni con i propri pari.
Il padre invece sviluppa, sempre in linea di massima, una relazione di confronto basata più sulla fiducia, nella consapevolezza (purtroppo non sempre giusta) che il figlio abbia la capacità di capire e di fare la cosa giusta se vuole e anche se sbagliasse può accorgersi da solo dell’errore e ravvedersi. Il padre è capace di distinguere la responsabilità da quella del figlio, egli è capace di percepire dove finisce suo dovere.
Spesso egli riesce, pur con trepidante attesa, a fermarsi e capire quando farsi da parte ed attendere l’evoluzione della situazione secondo le decisioni del figlio.
Purtroppo la madre non sempre riesce a porsi in un’ottica di attesa, ed è lì che agisce creando delle incomprensioni con il figlio che porteranno entrambi a stare male. A volte può essere utile fermarsi a ragionare su se stesse e rendersi conto che attendere che le situazioni si evolvano è più funzionale che agire costantemente cercando di “dirigere” la vita dei figli.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta