di Antonio Cerasa
La psicologia è a tutti gli effetti una disciplina scientifica. Pur non trattando i pazienti con farmaci e utilizzando la cosiddetta “talking cure”, la terapia della parola, costituisce infatti uno strumento efficace. Che, se applicato nei tempi giusti, agisce sulla genesi dei pensieri distorti alla radice di malattie quali l’ansia e la depressione, non limitandosi a intervenire sui sintomi. A chiarirlo, Antonio Cerasa, neuroscienziato dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica.
Uno degli effetti causati dal processo di infodemia a cui siamo esposti – soprattutto con la pandemia da Covid e con la guerra in Ucraina – viene definito come “psychological numbing”, ossia intorpidimento psichico. Si tratta di una tendenza degli individui o delle masse a concentrare l’attenzione su esperienze traumatiche o su future percepite come molto pericolose, anche se con bassa probabilità di concretizzarsi, per esempio un collasso economico-finanziario, l’uso di armi nucleari.
Questa reazione delle masse è alimentata dal mondo dei media, che pulsa continuamente nuove notizie catastrofiche, più o meno oggettive, allo scopo di arrivare a una maggiore platea di pubblico. In questo processo, che ha raggiunto livelli esponenziali durante la pandemia e ora con la guerra in Ucrania, trova poco spazio comunicativo la figura scientifica dello psicologo, percepita dalla popolazione solo come “opinionista”, il cui ruolo è (implicitamente) destinato ad alimentare il fenomeno ricorsivo dell’infodemia.
Differentemente da altre discipline utilizzate durante la pandemia (virologia, immunologia, pneumologia, epidemiologia, infettivologia), la psicologia ancora oggi non viene percepita come una professione “scientifica” pari alle altre. Il motivo principale sta nello strumento di trattamento. Infatti, lo psicologo non tratta (né può trattare) le malattie con farmaci, ma con quel complesso strumento definito nell’800 da Josef Breur “talking cure”, la terapia della parola. Uno strumento utilizzato per trattare alcune delle più importanti e diffuse malattie della mente umana.
Ricordiamo che l’European Brain Council (EBC) nel 2010 ha fornito una stima del peso delle malattie mentali sull’economia e sulla salute pubblica, da cui è emerso che un terzo dei cittadini europei (circa 179 milioni di persone) era affetto da almeno un disturbo mentale. La patologia più costosa in assoluto è la depressione (113 miliardi), seguita dalle demenze (105 miliardi). Ma questi disturbi sono meno frequenti rispetto al più ricorrente disturbo mentale europeo, l’ansia, rilevato in oltre il 61% della popolazione.
I disturbi di ansia e depressione vengono oggi trattati prevalentemente con farmaci, che sono ovviamente utili nelle forme più severe ma presentano una serie lunga di controindicazioni se usati cronicamente. Inoltre, gli psico-farmaci accusano una particolare debolezza proprio nella cura di ansia e depressione, dove tendono a non colpire la malattia quanto i sintomi, senza curare nel profondo la causa dell’insorgere di pensieri distorti. Ecco perché la psicologia è uno strumento di cura efficace, se applicato nei tempi giusti, potendo incidere dalla radice queste malattie così ricorrenti in epoca moderna.
Questa evidenza scientifica è ampiamente conclamata da molte riviste scientifiche internazionali, secondo le quali dimostrano la talking cure ha una proprietà che nessun farmaco può possedere: produce plasticità neurale adattiva. Con la psicoterapia, il funzionamento delle aree cognitive ed emotive cambia, portando la persona a controllare e gestire meglio le situazioni stressanti che la coinvolgono. Incide nelle strutture cerebrali che elaborano i pensieri distorti i quali, prima della terapia, colpiscono direttamente le aree del sistema limbico, senza possibilità di filtro.
Purtroppo la talking cure ha costi non accessibili a tutta la popolazione. Ma una sua pratica più frequente avrebbe l’effetto di una sorta di “vaccino” per aumentare la potenza e la plasticità del nostro sistema cerebrale e difenderci da fenomeni sociali ansiogeni e deleteri per la nostra serenità.
Fonte: Antonio Cerasa, Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica, e-mail: antonio.cerasa@irib.cnr.it