L’IMPOTENZA APPRESA

Il primo a parlare di impotenza appresa fu Martin Seligman alla fine degli anni 60. Attraverso questo concetto egli esprimeva uno stato psicologico in cui un soggetto non si ritiene in grado di modificare, attraverso il proprio comportamento, la situazione spiacevole in cui si trova e pertanto smette di provarci; da qui l’errata convinzione della mancanza di controllo sull’ambiente che caratterizza i pensieri di molti.

Gli esperimenti di Seligman sono stati condotti prima sugli animali e poi sugli esseri umani. Essi hanno permesso di comprendere alcuni comportamenti legati ai deficit umani e ai sentimenti di impotenza. Ciò può portare una persona a non mettere in atto un comportamento vantaggioso per se stesso perché è convinta che le sue azioni non cambieranno la situazione attuale.
Quando risposta e ricompensa non sono dipendenti tra loro, i soggetti apprendono che il loro comportamento è indipendente dalla ricompensa e tale apprendimento ha effetti di disturbo sull’apprendimento futuro. Gli esperimenti di Seligman, fatti per lo più su cani, hanno avuto un grosso impatto in ambito psicologico e quindi sulle capacità degli esseri umani di agire e reagire alle situazioni per modificarle.

L’impotenza appresa che nasce dalla mancanza di interdipendenza tra comportamento e conseguenze si può manifestare in due modi:
• Con una perdita di motivazione che comporta una diminuzione delle prestazioni ed un livello elevato di passività. Lo ritroviamo nelle persone demotivate, ansiose con tratti depressivi le quali ad un certo punto smettono di agire o reagire perché si fa strada in loro l’idea che qualsiasi azione metteranno in atto non porterà modificazioni nella situazione che le circonda.
• Un’altra modalità con cui si manifesta l’impotenza appresa è la tendenza da parte del soggetto a sviluppare un’aspettativa generalizzata rispetto al fatto che qualunque sia il suo comportamento il rinforzo che avverrà o le reazioni che susciterà saranno indipendenti da esso. Per cui forte è l’idea di alcune persone che soffrono di un disagio psicologico che anche se reagissero le cose comunque rimarrebbero sempre uguali, come a dire: “nulla cambia anche se cambio io”.

Queste convinzioni influenzano estremamente l’apprendimento futuro, anche in circostanze diverse creando un deficit in esso. Purtroppo anche quando si riesce a far mettere in gioco queste persone, aiutandole ad “osare” in circostanze nuove, è difficile e richiede loro grossi sforzi per lasciarsi andare a nuovi comportamenti, poiché le vecchie e radicate modalità comportamentali fungono anche da comfort zone.

Esistono tuttavia situazioni in cui con un lavoro mirato, basato sull’ascolto, sul supporto e sulla motivazione si possono aiutare persone con disagi legati all’ansia, alla depressione, ecc. ad affrontare le cose vedendole da un punto di vista diverso. Se il soggetto riesce ad affrontare, un passo alla volta, cominciando dalle questioni più semplici ed aumentando un po’ alla volta la difficoltà delle situazioni da sperimentare, con un adeguato supporto e motivazione egli potrà abbandonare la convinzione legata all’impotenza appresa ed entrare nell’ottica di poter modificare l’ambiente intorno a sé, quanto meno per la parte che riguarda lui; ma soprattutto giungere alla consapevolezza che non tutto può essere controllato, quindi lasciarsi andare a ciò che non si conosce, o meglio approcciarsi all’ignoto con curiosità e non con paura e chiusura.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta