LA LEGGENDA DEL VASO ROTTO: UN INSEGNAMENTO PER I NOSTRI DIFETTI

C‘era una volta nella lontana India, un contadino che raccoglieva l’acqua e la portava al mercato. Ogni giorno si recava al ruscello con due grandi vasi posizionati alle estremità di un palo che portava sulle spalle. Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l’altro era perfetto. Quando arrivava al mercato, il vaso integro conteneva tutta l’acqua raccolta e gli fruttava la paga quotidiana, mentre il vaso rotto ne faceva fuoriuscire la maggior parte, quindi la paga era dimezzata. Per anni ed anni il contadino ripetè questo schema tutte le mattine. Il vaso perfetto assolveva il compito per cui era stato costruito e ne era orgoglioso, il vaso rotto si vergognava del proprio difetto, e non capiva perché il contadino continuasse ad usarlo quando poteva prenderne un altro dalla sua riserva. Un giorno decise di chiedere al contadino come mai continuasse ad usarlo visto le perdite di soldi e materiale che ne conseguivano. La risposta dell’uomo fu sorprendente “Ho sempre saputo del tuo difetto, e così ho piantato semi di fiori lungo il sentiero dal tuo lato e, ogni giorno, mentre tornavamo, tu li annaffiavi. Grazie a te ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la mia tavola e, senza il tuo essere semplicemente come sei, non ci sarebbero quelle bellezze ad abbellire la mia casa “.

Cosa ci insegna la favola indiana del vaso rotto?

Come tutte le favole ha una morale. Tutti noi siamo dei vasi rotti. Ognuno di noi è possessore di aspetti, talvolta visti come difetti, che lo rendono unico, che lo hanno reso quello che è oggi. Senza quei difetti non sarebbe la persona che è. Essi fanno parte di noi e più si cerca di nasconderli o soffocarli, più premeranno per emergere.

Significa allora che “dobbiamo accettarci”? Che dobbiamo farci piacere ciò che non ci piace di noi senza cercare di cambiare?

No, non è questo il senso. Prova per un istante a porti il dubbio: e se non fossero “difetti” da cancellare? Se fossero invece il seme della tua stessa originalità? Pensa ad una persona timida, forze proprio grazie a questa timidezza è molto più ricettiva alle sfumature delle altre persone ed ha sviluppato empatia e sensibilità. Oppure all’impulsività, che indica la presenza di un’intensa energia pronta a fuoriuscire. O un momento di debolezza, vuole insegnarti ad essere cedevole.

Invece di giudicarli, perché non proviamo a seguirli? Da quei semi, da quei comportamenti può sbocciare ciò che ci rende unici.

Come sempre mi ispiro alla natura, pensate ad un albero: non ha bisogno di “accettare se stesso”, semplicemente “è quello che è”, in autunno farà cadere le sue foglie per prepararsi ad una nuova fioritura in primavera. Senza la caduta di quelle foglie non sarebbe possibile alcuna fioritura.

Non è un inno al non cambiamento, tutt’altro! Essere consapevoli degli aspetti di noi che non ci piacciono ed accettarli, porterà ad una loro trasformazione. Cosa che non può avvenire se ci addestriamo, o quando ci imponiamo comportamenti artificiali. Se li fai evolvere faranno sbocciare le tue capacità!

“Ciò che neghi ti sottomette, ciò che accetti ti trasforma”.  C.G. Jung