Educare alle regole rappresenta uno dei temi che maggiormente occupa e preoccupa in ambito educativo nella misura in cui ci si pone la domanda su quanto si possono bilanciare autorità e permissivismo. Infatti molte sono le domande che oggi ci si pone rispetto all’educazione dei bambini a scuola e fuori da essa. Ci si barcamena nel dubbio tra atteggiamento autoritario e punitivo o permissivo oppure su quando introdurre le regole, fino a chiedersi come sviluppare metodi, tecniche e strategie per favorire la trasmissione e l’introiezione di un sistema di regole che faciliti la crescita dei bambini.
Sfide che si trovano ad affrontare quotidianamente educatori, genitori, insegnanti, ecc. Le risposte pervenute in passato dagli ambiti soprattutto pedagogici erano molto spesso legate agli orientamenti sociali del tempo, ecco che si è assistito a periodi di autoritarismo seguiti da periodi di permissivismo. Ma in entrambi gli approcci si è sempre avuto l’impressione una soluzione manchevole di qualcosa che andava ad inficiare parte o l’intero processo.
Ciò di cui bisogna tener conto in questo frangente è il fulcro centrale di tutto il processo, cioè il bambino. Infatti molto spesso egli non mostra problemi nella comprensione delle regole bensì nel loro rispetto quotidiano. Sarebbe quindi opportuno favorire nel bambino un percorso di conoscenza della regola e della sua applicazione attraverso la spiegazione della necessità della stessa, piuttosto che limitarsi ad un mero elenco delle regole come una ricetta da seguire pedissequamente.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è la coerenza. Se la trasmissione di una regola non presenta coerenza comportamentale di chi la propone e degli ambiti in cui essa deve essere rispettata nel bambino nascerà un disorientamento; è ciò che spesso capita nella trasmissione delle regole tra ambiti familiari e scolastici, un’incoerenza tra adulti diversi non permette al bambino di capire la regola, metabolizzarla ed utilizzarla in modo specifico. L’ansia generata dall’incertezza dell’applicabilità della regola aumenterà solo i comportamenti di disubbidienza.
Spesso la visione delle regole da parte di un bambino non è altro che un insieme di divieti a cui sottrarsi. Ciò perché la trasmissione delle stesse avviene in modo punitivo. Ma se ci focalizziamo sull’etimologia della parola ci troviamo di fronte alla parola règere che significa guidare, quindi la trasmissione di regole dovrebbe intendere una guida al comportamento del bambino, di contro la loro assenza determina un comportamento del bambino privo di una guida e quindi la presenza di comportamenti problematici.
Una funzione delle regole è quella di creare un ambiente prevedibile. Infatti creare un pattern di regole serve a creare anche comportamenti ben definiti così da evitare che i bambini vadano in ansia mettendo in atto comportamenti problematici.
Al contempo le regole favoriscono e permettono lo sviluppo del senso di appartenenza. La ricerca di un’identità comune e la percezione di appartenere al gruppo vengono infatti favorite e rinforzate proprio per l’adesione ed il rispetto delle regole imposte e condivise dal gruppo.
Infine la presenza delle regole è essenziale per garantire al bambino la possibilità di disubbidire, uno suo diritto insomma. Egli infatti, in assenza di regole, viste appunto come guida al comportamento avrà la possibilità di mettere in atto qualunque comportamento potendo realisticamente infrangere qualunque divieto senza esserne consapevole. La trasgressione della regola, in età evolutiva può rappresentare anche il riconoscimento di un limite che non deve essere superato in futuro per la sanzione a cui sottopone il trasgressore.
È importante nella trasmissione delle regole essere consapevoli delle capacità del bambino di recepirle, capirle ed assimilarle introiettandole. Spesso si pensa che il bambino si approccerà alla regola in modo oppositivo; ed è qui che dovrebbe sorgere il dubbio sulla chiarezza e sulla comprensibilità delle regole. Esse vanno espresse in modo chiaro e con un tono di voce fermo senza eccessiva enfasi emotiva; è obbligatorio utilizzare un linguaggio riconoscibile e comprensibile dal bambino, evitando incisi e costrutti complessi; è utile trasmettere un ordine o una regola chiara, evitando frasi retoriche per rimarcare un ordine già trasmesso.
L’idea che più regole favoriscano il comportamento auspicato è una convinzione errata poiché soprattutto i bambini della scuola primaria hanno capacità mnestiche molto limitate e ciò li porta a tenere a mente poche e chiare regole; quindi più che aumentare le regole e divieti come spesso si fa con i bambini più irrequieti è utile stabilire poche regole, magari le più importanti e che abbiano un filo conduttore tra loro affinché il rispetto di una generi anche il rispetto di un’altra. Per lo stesso motivo è sbagliato impartire sequenze comportamentali da rispettare, sequenze di ordini da eseguire o gruppi di regole da rispettare; i bambini andranno in confusione per l’elevata quantità di azioni richieste; è utile quindi dare un ordine, impartire un comportamento o trasmettere una regola alla volta affinché egli si focalizzi solo su quella, una volta giunto al termine gli si potrà impartire il compito successivo.
È più utile premiare il bambino per l’impegno più che per il risultato, così gli dimostreremo che al di là del risultato è l’impegno quello che conta. Premiare i figli per dei buoni voti benché utile e positivo può essere un rischio perché un buon voto dipende anche da altri fattori come la fortuna, un insegnante benevolo, l’aver studiato proprio quell’argomento o addirittura aver copiato. Inoltre basare il premio solo sul voto rischia di creare in lui una forte ansia da prestazione portandolo a chiedersi cosa succederà se non prenderà un buon voto. Premiare l’impegno significa dare al bambino l’idea di premiare qualcosa che dipende solo ed esclusivamente da lui come il tempo che dedica allo studio.
In conclusione con l’articolo non si ha la pretesa di determinare la soluzione definitiva al problema dell’educazione dei bambini. Esiste la consapevolezza che ogni bambino è diverso a modo suo e presenta delle caratteristiche individuali che ne determinano apprendimenti e comportamenti; così come esistono famiglie, scuole, educatori e modelli sociali diversi che differentemente agiscono ed influiscono sull’educazione dei bambini. La molteplicità dei valori di oggi, il contrasto che spesso si verifica tra le diverse agenzie formative e le richieste della società, l’impossibilità di monitorare costantemente correttamente i valori e l’azione educativa oggi rendono difficile e complessa più di ieri l’educazione dei bambini. È necessario quindi fermarsi a ragionare e sviluppare strategie di concerto tra le due agenzie educative più importanti (famiglia e scuola) affinché vengano implementati sistemi di regole sempre più funzionali.
Per approfondire:
D. Fedeli “Educare alle regole” in Psicologia e scuola anno 29°, Mar-Apr 2009, n.2, pp.44-58
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta