In ambito psicologico il concetto di giustizia suscita molto interesse, tanto quanto ha affascinato nei secoli i filosofi. Molteplici infatti sono le emozioni che vengono attivate quando si percepisce di ricevere un trattamento “ingiusto”.
La frase: “Non è giusto!” è una delle prime che imparano i bambini e che li porta a mettere in atto i più disparati comportamenti. Gli studi della psicologia sociale e di comunità hanno permesso di rilevare quali processi cognitivi sono alla base della percezione dell’ingiustizia. Le risposte psicologiche legate al senso di ingiustizia non vengono evocate solo se l’ingiustizia viene percepita personalmente ma sono anche attivate dall’idea che altri, appartenenti alla collettività vengano trattati in modo ingiusto.
Ingiustizia a scuola: effetti sullo sviluppo
In ambito scolastico la percezione dell’ingiustizia assume connotati risvolti molto complessi in quanto legati ad un pericolo, quello della crescita, di per sé articolato ma anche per l’importanza e le caratteristiche che riveste tale importante agenzia educativa, soprattutto per il suo valore di “autorità istituzionale”, che non è la famiglia. In quest’ambito avere un trattamento giusto soddisfarebbe bisogni psicologici degli alunni come: controllo, senso di appartenenza, autostima e autoefficacia. Gli studenti trascorrono gran parte della loro giornata a scuola, luogo in cui il mandato oltre a quello di trasmettere conoscenza attraverso le abilità di apprendimento è anche quello di agire sullo sviluppo socio-emotivo di bambini ed adolescenti oltre a dare loro la possibilità di sviluppare un’adeguata responsabilità sociale.
Le funzioni della scuola legate al concetto di giustizia/ingiustizia relativamente al concetto scolastico meritano una grande attenzione. La presenza di due tipologie di soggetti complementari fra di loro che sono interessati in maniera diversa alla giustizia a scuola è già un importante punto di partenza: da un lato gli alunni che recriminano l’esigenza di essere trattati in modo giusto ed equo ed allo stesso tempo ritengono che essere giusto sia una caratteristica imprescindibile di un buon insegnante. Dall’altra parte abbiamo uomini e donne che tentano costantemente di mettere in atto un’equità di giudizio, di valutazione soprattutto nei confronti dei ragazzi cercando di comportarsi nel modo più giusto possibile. Nonostante ciò la percezione degli studenti è un’iniquità di trattamento. Questo perché percepiscono comportamenti diversi soprattutto di tipo sanzionatorio a fronte di trasgressioni simili o uguali; come spesso vengono attribuite agli insegnanti modalità valutative diverse per performance ritenute dagli stessi alunni molto simili. A ciò si aggiungono favoritismi e diversi gradi di attenzione o trattamenti più in generale.
La percezione del senso di giustizia
Le caratteristiche che influenzano la percezione del senso di giustizia possono essere essenzialmente tre: l’equità, principio secondo il quale i benefici dovrebbero essere legati al reale merito; l’uguaglianza, legata alla necessità di offrire le stesse opportunità a tutti; ed infine il bisogno e cioè la scelta delle sanzioni in modo che benefici o punizioni dovrebbero essere realmente “recepiti” dagli individui sulla base delle loro “possibilità” cognitive.
Il senso di “oltraggio” percepito nel rilevare un trattamento discrepante induce stati emotivi tipicamente aggressivi: rabbia, frustrazione, ansia che spesso sfociano in comportamenti reattivi assolutamente deprecabili perché violenti, antisociali, ecc.
Anche nel contesto scolastico certe dinamiche non vengono meno ed agiscono fortemente sullo sviluppo psicosociale e sulla crescita degli alunni, in modi diversi e multisfaccettati. Ad esempio nella socializzazione alla legalità è necessario, durante l’infanzia, ma ancora di più durante l’adolescenza sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti dell’autorità istituzionale che non significa sottomettersi senza alcuna critica ad ordini e direttive ma capire e dare valore al ruolo che ricoprono soggetti come la scuola, le forze dell’ordine o le leggi.
La comprensione e l’accettazione delle regole da parte degli adolescenti crea legittimazione nel comportamento di quei soggetti, quindi il rispetto delle loro direttive equivale al rispetto delle regole che spesso impongono limitazioni comportamentali.
Nella scuola i ragazzi imparano a riconoscere le regole sociali e la loro connessione col funzionamento di un sistema, più è positiva questa percezione, più sentiranno di far parte di un sistema, più favoriranno la crescita di quel sistema.
La giustizia, quindi, nel rispetto delle regole è profondamente influenzata dagli insegnanti, la qual cosa favorisce la legittimazione dell’autorità da parte degli studenti.
Attraverso la mediazione dell’atteggiamento dell’autorità scolastica, abbracciando cioè regole e le direttive fornite da dirigenti scolastici, ministri ed organi preposti e non contestando tutto ciò che arriva, cercando di favorire il confronto ed il dialogo in un’ottica di crescita i docenti sono i primi catalizzatori dello sviluppo di una concezione positiva nei confronti di altre autorità istituzionali.
La scuola ha il dovere di mettere gli studenti nelle condizioni di rafforzare le proprie capacità di empowerment ossia aumentare il controllo sulla propria vita. L’ingiustizia percepita o subita influisce negativamente su questa capacità incrementando vissuti di incapacità ed impotenza.
Ecco perché è necessario che la scuola sviluppi e metta in atto un tipo di insegnamento che aiuti gli studenti a maturare e rinforzare le loro convinzioni circa la possibilità di raggiungere i propri obiettivi.
La percezione di ricevere un trattamento giusto infatti incrementa nei ragazzi la fiducia rispetto al loro futuro, riponendo maggiore fiducia negli altri ed aumentando la convinzione che i loro sforzi saranno giustamente premiati.
La ricerca verso il successo è strettamente legata all’orgoglio per le proprie performance e pertanto l’investimento nell’impegno per raggiungere successi futuri.
Per ottenere buoni risultati accademici è necessario fin dall’inizio una motivazione. Sentirsi trattati, valutati e premiati nel modo giusto, ricevendo feedback positivi per le proprie prestazioni innesca un processo di attribuzione interna dei successi scolastici tale per cui la motivazione allo studio è aumentata.
Così come rilevare l’altrettanto giusto trattamento in soggetti che non si impegnano allo stesso modo e che quindi non raggiungono buoni risultati potrebbe portare allo stesso modo gli studenti a focalizzarsi sulle proprie capacità più che su eventi esterni in caso di insuccesso.
Infine, la percezione di un giusto o ingiusto trattamento a scuola influenza fortemente i livelli di stress e di benessere poiché come tutti gli esseri umani anche gli studenti rispondono ad una rilettura cognitiva che gli eventi hanno su di loro.
L’idea di una scarsa giustizia può portare ad uno stato emotivo stressante che a sua volta si lega ad uno stato di malessere psicosomatico come mal di testa, mal di stomaco, spossatezza, ecc.
In alcuni soggetti con caratteristiche di personalità positive come alta autostima e buona competenza sociale queste possono favorire superamento delle situazioni considerate ingiuste permettendo il raggiungimento di un certo equilibrio; al contrario in soggetti con carattere chiuso con una personalità di fondo aggressivo arrabbiata possono esserci delle conseguenze e comportamenti meno gestibili rivolti verso se stessi o verso gli altri, come ansia, depressione o comportamenti da bulli o aggressivi nei confronti degli insegnanti.
Conclusioni
Concludendo possiamo dire che sempre più giovani percepiscono un senso di ingiustizia a scuola e ciò sembra riferirsi maggiormente alle attività di valutazione da parte degli insegnanti e nella loro attribuzione di voti alle loro prestazioni. Tali esperienze, reali o percepite sembrano avere conseguenze sulla carriera scolastica e sullo sviluppo psicofisico dei ragazzi. Inoltre la percezione di giustizia o ingiustizia vissuta o percepita influenza profondamente il senso di legalità che essi sviluppano.
La visione degli psicologi è che solo l’adozione di strategie di empowerment può incidere sul senso di ingiustizia delle persone e quindi favorire il loro attaccamento al contesto (Santinello, Dallago e Vieno, 2009).
L’azione di un insegnante nel tentativo di potenziare le abilità di ragazzi può portare a risultati positivi solo se gli alunni imparano a conoscersi ed a conoscere gli altri, a comunicare, valorizzare le diversità, riconoscere e gestire i conflitti in un’ottica di crescita.
In questo caso la classe non è più vista come un gruppo di individui che lavorano per conto proprio ma essi vengono tenuti insieme, attraverso una sinergia che li porti alla collaborazione per il raggiungimento di scopi comuni attraverso l’acquisizione di conoscenze.
La gestione del contesto scolastico è sicuramente un aspetto da non trascurare ed in grado di aumentare le probabilità di spingere i giovani e gli adolescenti verso una maggiore fiducia nelle istituzioni.
Per approfondire:
M. Santinello, A. Vieno, “Non è giusto! La percezione dell’ingiustizia nel contesto scolastico” in Psicologia e Scuola, N. 11, set.-ott. 2010, pp. 16-22.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta