Disimparare le lezioni radicate in un’infanzia difficile è possibile. Grazie ad una serie di strategie e a un supporto mirato è possibile affrontare i vissuti di un’infanzia difficile e vivere la vita nel migliore dei modi.
Un’educazione non ideale è una realtà condivisa da tante persone in tutto il mondo. Circa il 61% degli adulti (con una prevalenza di donne) riferisce di avere almeno un’esperienza infantile avversa. Si tratta di esperienze potenzialmente traumatiche che causano nei bambini vissuti dannosi che diventano a loro volta il modo di vivere da adulti. Sebbene possano essere profondamente radicate perché intrecciate con altri vissuti legati alla crescita, possono essere disimparate così da de-condizionare e permettere la guarigione.
Ma che cos’è un’infanzia tossica?
Secondo lo psicoterapeuta australiano Shagoon Maurya “l’infanzia tossica si riferisce al periodo dell’infanzia con esperienze sfavorevoli e dove il bambino apprende tratti dannosi che influenzano la sua vita in seguito”.
Le esperienze di un’infanzia tossica sono:
• Mancato soddisfacimento dei bisogni emotivi da parte dei caregiver;
• Ipercontrollo, negligente ed iperprotettivo da parte dei genitori;
• abusi subiti: fisici, psichici, emotivi, sessuali;
• aver vissuto o assistito a situazioni traumatiche;
• famiglia disfunzionale;
• mancanza di supporto, convalida o accettazione da parte di figure autoritarie;
• frequenti e alti livelli di stress o instabilità in famiglia.
Tutte queste esperienze possono anche essere state “solo” percepite da un bambino affinché si sviluppino in lui quelle sensazioni traumatiche che influenzeranno l’età adulta. Ad esempio, genitori che compensano la loro assenza o la loro anaffettività con beni materiali; o genitori che fanno continui paragoni con gli altri non favoriscono il benessere emotivo dei propri figli. L’infanzia difficile non è uguale per tutti. Ognuno ha un’esperienza valida e degli insegnamenti legittimi.
Un’infanzia tossica produce un modo di approcciarsi alla vita e alle relazioni non conforme. Prendiamo ad esempio la convinzione che l’amore è condizionato. Questa convinzione può derivare dal ricevere lodi o affetto solo quando le cose sono fatte secondo gli standard di un caregiver e/o essere puniti quando le cose non lo sono. Nella mente di un bambino 1+1=2 quindi il ragionamento è: “Se faccio le cose per bene e che li rendono felici allora mi amano; quando faccio le cose che li rendono infelici non mi amano”.
Essere cresciuto in una casa in cui genitori o caregiver hanno creato vergogna, abusato o insultato un bambino solo per le sue caratteristiche fisiche o psichiche non farà altro che portarlo a nascondersi per il resto della vita per stare al sicuro. Ciò è particolarmente vero per le persone LGBTQIA+ cresciute in famiglie in cui le scelte di giocattoli o le cotte erano considerate sbagliate o peccaminose. Questa considerazione potrebbe anche riguardare semplicemente i bambini che amano parlare ma che spesso venivano messi a tacere in casa.
Gli adulti che interiorizzano le proprie emozioni fino a sfociare in atti di autolesionismo sono quei bambini cresciuti in ambienti domestici tossici, emotivamente abusanti o negligenti nei quali non venivano espressi i sentimenti in modo sano o non veniva loro insegnato come auto-calmarsi. In questi casi da adulti può esserci la tendenza all’abuso di sostanze perché queste possono intorpidire o ispirare sentimenti diversi.
Le connessioni emotive che sviluppano da adulti i bambini cresciuti in un ambiente tossico sono spesso insicure come meccanismo di difesa o risposta adattiva. Anche se di fondo essi sono affamati di connessioni e di legami relazionali. È insito negli esseri umani voler essere parte del tutto, creare con gli altri delle relazioni di sicurezza finalizzate all’interscambio di emozioni e sensazioni. Spesso, però, la profonda insicurezza attribuita ai legami porta a mettere in atto quell’istinto naturale di “disconnetterci”. Indipendentemente dal fatto di sabotare le relazioni, la convinzione che si rafforza è che la “vulnerabilità non è sicura”.
I bambini che sono stati ignorati e i cui bisogni non sono stati soddisfatti potrebbero diventare persone amabili con la tendenza a dare agli altri tutto solo per compensare ciò che non hanno ricevuto durante l’infanzia. Ciò ovviamente si riflette su uno stato d’animo poco sereno, con frequenti esaurimenti, aumento della dipendenza e una maggiore possibilità di essere sfruttato dagli altri. La radice del perfezionismo si trova in un dolore profondo legato alla disperazione di guadagnare approvazione ed evitare il giudizio, la colpa o la vergogna per essere inferiori a qualcuno.
Un’altra convinzione che accomuna gli adulti con un’infanzia tossica è che qualunque cosa facciano non sia mai buona o giusta. Bambini cresciuti in ambienti invalidanti, spesso considerati il capro espiratorio; bambini che hanno interiorizzato ciò che i loro caregiver gli hanno fatto, come rimarcare che essi non erano abbastanza o abbastanza bravi. Sono questi i vissuti molto spesso alla base di adulti insicuri e autocritici. Essi sviluppano nel tempo la convinzione che tale trattamento nella loro infanzia fosse appropriato e meritato. Senza il supporto adeguato può essere difficile per loro arrivare alla conclusione che ciò che hanno ricevuto in termini di maltrattamenti, rifiuti, mancanza di cura non era loro dovuto. Le distorsioni cognitive negli anni producono adattamenti molto difficili da scardinare – che si tatti di voler guarire da dinamiche familiari disfunzionali o il recupero da genitori tossici – certe lezioni dannose imparate da bambino possono essere disimparate.
È necessario pertanto prestare molta attenzione alle proprie convinzioni e al proprio dialogo interno senza etichettare i pensieri come “buoni” o “cattivi”. Successivamente bisogna esplorare da dove provengono questi pensieri chiedendosi anche in che situazioni si verificano, se sono sempre uguali a se stessi, se sono sempre gli stessi, quali vantaggi e quali limiti generano e se hanno uno scopo nella propria vita.
Gli esseri umani si sono evoluti per pensare in modo adattivo e non logico. Probabilmente i comportamenti messi in atto dagli adulti non sono altro che risposte adattive per aumentare le probabilità di sopravvivere ad un’infanzia tossica. Utilizzare questa capacità in un’ottica di gentilezza e compassione per se stessi può ridurre la sensazione di essere “difettoso”, incapace e non meritare l’amore o le attenzioni degli altri. Focalizzarsi sul fatto che certe reazioni sono state messe in atto per sopravvivere ad un’infanzia tossica è importante. Ma da adulti non siamo più quel bambino e quindi abbiamo il potere di cambiare questo pensiero.
Impegnarsi nell’autoconsapevolezza permette di migliorare le qualità di vita. I vantaggi dell’autoconsapevolezza includono anche un rafforzamento del sistema immunitario, aumento del rilassamento, riduzione dello stress e dell’ansia.
Uno dei motivi per cui da adulti si soffre per un’infanzia tossica è che si continua a portare rancore per ciò che è successo verso chi ne è stato l’artefice. Quello che è successo durante l’infanzia non è una colpa da attribuire a se stessi. Bisogna cominciare a perdonarsi per qualsiasi senso di colpa, colpa o vergogna associati a tutti i traumi o esperienze avverse subite. Può essere più facile da dire che da mettere in pratica, ma il perdono è l’unico mezzo per avere un senso di libertà e di sollievo necessari al benessere. Tutti quanti possediamo un bambino interiore che ci accompagna nell’età adulta. Quel bambino può avere bisogni insoddisfatti o essere in cerca di attenzioni. Sta a noi dargli le giuste attenzioni. I suoi bisogni insoddisfatti, i suoi desideri devono essere riportati alla coscienza e quindi risolti acquisendo maggiore sicurezza di sé, raggiungendo la consapevolezza dei fattori scatenanti e stabilendo un senso di sicurezza.
Ognuno vive il trauma in modo diverso.
In termini psicosomatici lo stress determinato dal trauma può essere localizzato in diverse aree del corpo creando come bersaglio un organo o un apparato che diventa il fulcro di un dolore reale ma di origine psichica. Esistono a tal proposito esercizi di terapia somatica che aiutano a riconoscere ed elaborare questi sentimenti. Ad esempio può essere utile sviluppare strategie di copying che permettano di capire dove sono localizzati questi messaggi nel proprio passato e come impattano sul nostro presente aiuta a disimparare questi messaggi distruttivi della propria infanzia.
I passi da seguire per il proprio benessere sono molteplici e riguardano tutte le sfere della propria vita. Innanzitutto rivolgersi ad uno specialista della salute mentale può aiutare ad avere maggiore chiarezza del proprio passato. Sebbene le lezioni apprese sopravvivendo ad un’infanzia tossica siano profondamente radicate, è possibile gestirle e superarle. Ovviamente l’esperienza di ognuno è diversa. Ma alcune lezioni imparate, come l’amore condizionato, essere gentile, tenere i propri sentimenti per sé o essersi meritati un’infanzia infelice possono essere modificate e addirittura disimparate nel presente. L’autoriflessione, il perdono, la consapevolezza e la focalizzazione sul proprio corpo aiutano a disimparare queste lezioni grazie anche al supporto di terapeuti, persone care e autoconsapevolezza.
Infine, va ricordato che non hai bisogno di “aggiustarti” perché non sei rotto o danneggiato. La crescita è anche un processo di guarigione. Sta a te sentirti pronto a disimparare le lezioni dannose apprese durante l’infanzia tossica e imparare modi più sani per navigare nella vita da adulto.
© 𝗗𝗼𝘁𝘁. 𝗣𝗮𝘀𝗾𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗦𝗮𝘃𝗶𝗮𝗻𝗼
𝗣𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗼 – 𝗣𝘀𝗶𝗰𝗼𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗲𝘂𝘁𝗮