Il lavoro e in generale le relazioni umane sono fondamentali per la crescita della persona e per lo sviluppo della sua personalità e della sua identità. Al giorno d’oggi il lavoro viene etichettato come sola fatica, solo sforzo, solo dovere. In realtà è molto di più e ci viene dimostrato da quanto sentiamo ai telegiornali, da quanto la mancanza di lavoro influisca sulle persone e le porti sino alla scelta di non voler più vivere. Questo succede perché il lavoro è l’essenza dell’uomo, sarà meglio rendersene conto il prima possibile. Il lavoro permette di realizzare le nostre capacità, le nostre potenzialità, ci permette di esprimerci. Chiarisco che si parla qui di ambienti lavorativi sani in cui è possibile l’espressione, la gratificazione e la spontaneità nel rispetto reciproco.
Personalità e lavoro
Marx è stato uno degli autori che più ha sottolineato l’importanza delle relazioni sociali per lo sviluppo della propria personalità. Egli riteneva che tale sviluppo avvenisse sulla base della posizione lavorativa che il soggetto rivestiva. Il controllo che il soggetto ha sui mezzi di produzione determina la posizione che l’individuo ha nell’organizzazione del lavoro. Le classi sociali più svantaggiate hanno accesso a meno mezzi e possibilità per evolversi e svilupparsi rispetto a quelle più vantaggiate. Di conseguenza, ad esempio, non possono garantire alle volte l’educazione dei loro figli. Tutto ciò vuol dire che la posizione dei genitori e della famiglia in generale influenza molto le aspettative dei figli. Questa visione di Marx risulta comunque essere riduttiva dal momento che oggi le classi sociali non sono così distinte come una volta. L’organizzazione sociale e lavorativa è molto cambiata. Rispetto agli studi di Marx, sono fondamenti anche quelli di Sève il quale tentò di spiegare la situazione degli operai i quali sono costretti a svolgere azioni ripetitive e monotone, con ordini imposti dall’esterno, senza avere il controllo sui propri mezzi e prodotti. Tutto ciò porta il soggetto ad alienarsi, lo rende privo della possibilità di evolversi e di sviluppare nuovi bisogni. Questi studi, come quelli di Marx, non hanno però prove empiriche sufficienti. Kohn fu un altro autore di importanza fondamentale in quanto cercò di studiare in che modo la struttura sociale si riproducesse da generazione a generazione e come la posizione lavorativa influenzasse l’autostima, l’autodirezione e la concezione di sé. Dai suoi studi è emerso chiaramente che più il soggetto svolge un ruolo importante e si sente gratificato e maggiore sarà la sua autostima e la sua considerazione di sé migliorerà notevolmente. Inoltre, la capacità di autodirigersi è fondamentale in ambito lavorativo. Il lavoro svolto deve promuovere tale caratteristica del soggetto in quanto solo così sarà in grado di generalizzarla alle altre sfere della vita quotidiana. Ad esempio, il soggetto che avrà un lavoro in cui può gestirsi sarà più bravo anche nell’educazione dei propri figli quindi in quelle attività che necessitano la direzione e la capacità di prendere decisioni con responsabilità. Inoltre è emerso che tale capacità dipende sia dalle attività che è possibile svolgere sul lavoro, sia dalla complessità del lavoro stesso, sia dal grado di supervisione esercitato sul lavoratore.
Lavoro, età e disoccupazione
La mancanza di lavoro può avere più conseguenze del lavoro stesso. La sensazione di precarietà e la disoccupazione in sé rendono il soggetto più insicuro, depresso, isolato rispetto ai suoi pari. Il soggetto ha la sensazione di non essere abbastanza, di non riuscire a saper gestire le esigenze della sua famiglia. Ciò sembra essere più presente negli uomini che nelle donne. Con l’affetto, l’aiuto economico e la vicinanza si può aiutare l’individuo ad uscire da quella dimensione e convinzione di non valere nulla. Inoltre, con l’aumentare dell’età le cose cambiano. Sembra che la maggior parte degli individui abbiano maggior interessi e obiettivi in ambito familiare a mano a mano che avanzano nel loro ciclo di vita. Roberts ha svolto degli studi importanti riguardo ad alcune donne americane negli anni Sessanta. Queste donne, che avevano lavorato tra i 27 e i 42 anni, risultavano più indipendenti, rispettose delle norme, più agentiche e sicure di sé rispetto alle altre. Tutto ciò mette in luce come il lavoro rappresenti una dimensione fondamentale per l’identità dell’uomo e come permetta di sviluppare una serie di capacità e convinzioni che sono fondamentali anche in altri ambiti.
Il lavoro oggi
La situazione lavorativa di precarietà e incertezza in cui ci troviamo oggi ed il numero di suicidi relativi a tali fenomeni ci dimostrano solo la veridicità di tali ricerche. L’uomo si realizza tramite il lavoro, tramite le sue potenzialità. Tutto ciò gli permette di vivere esperienze, di sentirsi gratificato, in grado di provvedere a se stesso e di confrontarsi con gli altri. Non dovremmo denigrare il lavoro e considerarlo come unica fonte di frustrazione e di angoscia. Ma la colpa non è nostra, è del meccanismo che si è andato a formare. Gli ambienti lavorativi oggi sono frustranti, sono angoscianti, non permettono molto spesso la realizzazione, non c’è meritocrazia. Tutto ciò abbatte le persone, le aliena. Si sentono sfruttate e non credono di avere la possibilità di migliorarsi. Oggi tendiamo a fare attenzione a non perdere i pochi diritti che ci rimangono piuttosto che a guadagnarne di nuovi. E’ un momento molto buio per tanti che vorrebbero rendersi utili a se stessi, alla società, alla loro famiglia. Coloro che possiedono un lavoro tengano presente la fortuna che hanno in ogni momento. Le preoccupazioni ci sono, la stanchezza è sempre presente, ma quanto è bello sentirsi realizzati in ciò che si fa? Fare un lavoro che ci piace? Capire di aver fatto un percorso positivo nella vita che ci ha portati a raggiungere i nostri desideri? Tutto questo e tutte le risposte che ne derivano sono più importanti di quanto non vogliamo ammettere oggi.