I gruppi ci dividono o ci uniscono?

Fin dall’inizio della storia dell’uomo si è assistito alla formazione di gruppi che hanno consentito l’evoluzione della nostra specie. I gruppi, soprattutto in psicologia sociale, sono fondamentali per comprendere come le persone si comportano e quindi prevedere possibili azioni future.  Quindi, non sono solo un insieme di persone che hanno un obiettivo comune, bensì sono uno dei principali mezzi di sopravvivenza per l’essere umano.

DEFINIZIONE DI GRUPPO

Come ho accennato in precedenza, i gruppi sono un pilastro della psicologia sociale [1](una branca della psicologia e si occupa di determinare e analizzare l’interazione tra individui e gruppi sociali e le influenze che possono avvenire all’interno di questa “relazione”) e sono ancora oggi uno dei principali argomenti di studio di questa disciplina.

Nella storia della psicologia sociale si è cercato di fornire una definizione di gruppo completa, ad oggi si considera un gruppo come l’insieme di due o più persone che si sentono membri di esso e la sua esistenza è riconosciuta dalla presenza di un terzo individuo o di un gruppo esterno (Henry Tajfel).

Con questa definizione si sottolinea l’importanza dell’entitatività, un termine coniato da Donald T. Campbell, con cui si indica il grado di un insieme di persone di essere considerato, da osservatori esterni, come un gruppo.

LO SCOPO DELL’ESISTENZA DEI GRUPPI

Perché formiamo i gruppi? Per rispondere a questa domanda sono state proposte diverse prospettive: sociobiologica, cognitiva e utilitarista.

  • La prima tiene conto della concezione evoluzionistica: formiamo dei gruppi principalmente per difenderci e agevolare maggiormente la sopravvivenza, come facevano i nostri antenati;
  • La seconda propone che i gruppi sono importanti per via del confronto sociale (teorizzato da Leon Festinger), cioè ci compariamo agli altri per acquisire informazioni su di noi e per migliorarci;
  • La terza suggerisce che le persone creano dei gruppi per assecondare le proprie necessità e i propri bisogni. Questo processo di appagamento può essere reciproco;

Ogni prospettiva tiene conto di un aspetto basilare per la formazione dei gruppi. Inoltre, esistono diversi tipi di gruppi che possono svilupparsi in modo differente, ma possiamo individuare in questi insiemi di individui fattori che possono essere generalizzati a qualsiasi tipo di raggruppamento, cioè i ruoli e gli status, la coesione e le norme.

RUOLI E STATUS NEI GRUPPI

Ruoli e status vengono molto spesso considerati sinonimi, in realtà hanno una sottile differenza. Entrambi possono essere definiti come modelli di comportamenti prevedibili associati alla posizione del gruppo, in quanto membri, ma non ai singoli individui. Ruolo e status differiscono poiché due persone che hanno uno stesso ruolo non per forza hanno uno stesso status e viceversa, due persone che hanno stesso status non hanno a priori uno stesso ruolo. La differenza quindi sta nel valore che viene conferito, in modo orizzontale con i ruoli e in modo verticale con gli status.                                                                                                                                                                                             In generale, entrambi hanno funzioni indirizzate a facilitare la prevedibilità di comportamenti all’interno di un gruppo e allo stesso modo permettono ai membri di capire quali sono le condotte che gli altri si aspettano dalla loro posizione.

 Questo va a creare una sorta di profezia che si auto-adempie un fenomeno introdotto dal sociologo Robert. K. Merton, secondo cui più l’uomo cerca di evitare, attraverso il proprio comportamento, un qualcosa che teme, più otterrà l’effetto opposto. Nel contesto dei ruoli e degli status, il fenomeno della profezia che si autoadempie, comporta situazioni prevedibili, che sembrano auto-avverarsi. In realtà, questo è dovuto alla nostra immedesimazione nel ruolo o nello status in cui ci troviamo.                                                                   

 

LA COESIONE E I GRUPPI

La coesione è un altro tema centrale dello studio dei gruppi, per questo sono state formulate diverse definizioni. Ad esempio, la coesione secondo Leon Festinger, è la forza che lega i gruppi e induce a rimanervi. Mentre per Micheal. A. Hogg, la coesione è l’attrazione dei membri all’ idea prototipica del gruppo (cioè le proprietà e le caratteristiche che l’individuo deve avere per stare nel gruppo). Per prototipo si intende il modello più rappresentativo di una determinata categoria, quindi in questo caso si intende con idea prototipica, la visione comune che i membri hanno del gruppo.

Esistono due tipi di coesione:

  • Interpersonale-> Coesione legata all’intensità delle relazioni e all’attrazione tra membri del gruppo;
  • Legata al compito-> Coesione legata allo sforzo comune per il raggiungimento di un obiettivo;

Inoltre, oggi sappiamo che soltanto il secondo tipo di coesione è un indicatore del miglioramento delle prestazioni del gruppo, però in modo indiretto, infatti il risultato della performance varia secondo le norme del gruppo. (Ad esempio, lavorare in gruppo, in cui, quando ci si riunisce si fa tutt’altro che lavorare (la norma) non comporta una migliore prestazione).

LE NORME E I GRUPPI

Cosa sono le norme nel contesto dei gruppi? Sono l’insieme di regole, in merito agli atteggiamenti e ai comportamenti adeguati secondo le aspettative condivise dei membri del gruppo.                                                              Le norme, così come nella società, sono vitali perché adempiono a diverse funzioni che permettono la stabilità del gruppo. Secondo Dorwin Cartwright e Alvin Zander le norme hanno quattro funzioni nei gruppi: mantenimento, avanzamento, costruzione della realtà sociale e definizione dei rapporti con gli altri gruppi.

  • Con mantenimento si intende la capacità delle norme di preservare il gruppo;
  • L’ avanzamento indica l’abilità delle norme (se rispettate) a indirizzare i membri del gruppo verso il raggiungimento degli obiettivi;
  • La definizione della realtà sociale avviene proprio grazie al rispetto delle norme del gruppo che diventano lo standard per i membri del gruppo, i quali tenderanno a seguirle anche fuori dal contesto gruppale;
  • Infine, le norme permettono anche di creare rapporti di ostilità o di fratellanza con altri gruppi. Infatti, quando parliamo di gruppi dobbiamo dividere ciò che intendiamo con ingroup (gruppo a cui apparteniamo) dall’outgroup (gruppo esterno al nostro). Le norme comuni a entrambi i gruppi permettono di creare buone relazioni tra le parti. (Ad esempio, se due gruppi differenti hanno come norma condivisa l’onestà, hanno maggiori possibilità di creare un rapporto).

Le norme, soprattutto quelle morali, sono rilevanti (nessuno vuole appartenere a un gruppo che viene definito disonesto) perché sono uno dei principali “strumenti” che i membri di un gruppo usano per confrontarsi con altri gruppi (INGROUP VS OUTGROUP). (Ad esempio, destra vs sinistra, sono due ideologie politiche distanti e quindi sono spesso oggetto di confronto tra persone che credono di appartenere più alla sinistra che alla destra o viceversa).

CONCLUSIONI

I gruppi sono stati e sono tutt’ora fondamentali per la sopravvivenza dell’essere umano, abbiamo visto che possono esistere diverse cause per la formazione dei gruppi e diversi fattori che possono essere individuati in qualsiasi tipo di gruppo. Ciò che bisogna ricordare è che ogni gruppo ha delle proprie norme che permettono di gestire l’ambiente interno del gruppo e l’ambiente esterno con gli altri gruppi. Questo non vuol dire che ogni gruppo è distante dagli altri da un punto di vista morale e umano, esistono gruppi che condividono alcune norme, altri che sono opposti su alcuni punti, ma ognuno di questi può coesistere senza discriminazioni di alcun genere.                                               E’ normale che esistano ingroup e outgroup, perché tutti i gruppi sono unici, l’ importante è cercare di concentrarci più su ciò che ci unisce e meno su quello che ci divide, in fondo siamo tutti umani.

[1] Definizione data già nell’articolo “Come formiamo le impressioni e le attribuzioni?