I COLORI DEL PAZIENTE IN PSICOTERAPIA

colori

La seduta di psicoterapia è uno spazio-tempo unico, prezioso, che solo chi ha sperimentato può descrivere e conoscere.

Un giorno una paziente mi disse: “Chissà quante cose hanno sentito questi 4 muri!”

E sì, è proprio vero. Quante cose accadono in questo spazio, privato, intimo, diverso da tutto ciò che si trova fuori, diverso dalla chiacchierata con l’amica/o o dall’incontro con il super prestante fuffa-coach del momento.

Lo spazio della psicoterapia, è uno spazio unico perché tutto, del terapeuta, è lì per il paziente, proprio per quella persona lì, per ascoltarla, comprenderla,  aiutarla a pensare e sentire ciò che sta vivendo in quel momento e a fare spazio per quello che verrà compreso e sentito più avanti.

Il bravo psicoterapeuta, e mi riferisco al mio approccio psicoanalitico, è quello che ha fatto un percorso su di sé e che, ancor prima di essere psicoterapeuta e di lavorare con gli altri, ha conosciuto i propri fantasmi, ha dato loro un nome e una collocazione, e ha contattato le proprie ferite, prendendosene cura, accudendole, sanandole insieme, a sua volta, al proprio psicoterapeuta.

Proprio per il fatto di essersi conosciuto in profondità, il bravo psicoterapeuta è quello che riesce a so-stare con il paziente, ovvero a fermarsi con lui, su di lui, per lui. Non scappa, la sua mente non è invasa da pensieri, preoccupazioni sul prima, sul dopo, su altro. La mente del bravo psicoterapeuta è esattamente lì, in quel momento, con quella persona seduta di fronte a sé.

E quando lo psicoterapeuta è bravo, quando la sua mente è lì, ciò cui si trova innanzi è lo spettacolo dei colori del paziente.

Ci sono incontri di psicoterapia, infatti, che ci lasciano senza fiato di fronte alla forza disarmante del mondo del paziente.

  • NERO

Nero come la notte senza luna, è questo il colore del silenzio, così tante volte carico di immagini, sensazioni, vissuti che rimbombano nella persona impedendole persino di trovare pace nel dialogo della seduta. Nessuna parola, in quei momenti, sembra essere adatta per comunicare ciò che si vive. Nera è anche la chiusura dell’adolescente, costretto dai genitori a venire in questo studio, incompreso dal mondo e con la paura enorme di poter essere scoperto qui.

  • GRIGIO

Il colore che avvolge la persona quando è in stand-by, quando non riesce a definirsi e a definire la situazione che sta vivendo, quando arriva qui “nel caos” senza sapere, a volte, nemmeno da dove cominciare a raccontare la settimana appena passata. Grigi sono anche i sorrisi mascherati che, soprattutto a inizio percorso, può capitare di indossare per camuffare le proprie fragilità e sentire così, di avere ancora la situazione sotto controllo. Come a dire: “Sono qui da lei Dottoressa, le cose vanno da schifo ma ce la faccio ancora a stare in piedi“.

Per fortuna che comunque il dolore, il vuoto, la paura, la rabbia, l’angoscia, che in realtà la persona prova, emergano in ogni modo in seduta permettendo alla persona di rivelare e svuotarsi anche di quelle emozioni taciute. Il grigio è un colore in cui il paziente può transitare e raramente ci rimane per lungo tempo. Anche gli occhi del paziente cercano di allontanare quel grigio, con lo strumento che hanno: diventano come un cielo plumbeo, carichi di pioggia e di lacrime che annegano il paziente di acqua e di dolore. E con l’acqua, anche il grigio se ne va, lasciando scoperta l’emozione che fino a un attimo prima era stata trattenuta.

  • ROSSO

Quasi mai, o ben poche volte, è il colore delle urla incontrollate, che pur spesso si sentono in terapia, ma è più frequente che invece emerga il rosso della rabbia trattenuta, taciuta, oppure scivolata fuori attraverso un tono della voce, una parola o uno sguardo più duri, aggressivi…. cocenti. Questo rosso è sano che emerga qui, in questo spazio, che sia canalizzato qui piuttosto che sui propri figli o sul/sulla propria compagnia, ad esempio, con frasi o gesti violenti come non di rado (sfortunatamente) succede: “Non ce la facevo più e sono scoppiata! Ho detto a mio figlio che quella volta sarebbe stato meglio che lui non fosse mai nato!” – “Io e il mio ragazzo siamo arrivati alle mani. Non c’abbiamo più visto. Non so nemmeno dirle chi è partito per prima. Non stavamo più ragionando”.

La rabbia di questi esempi uccide, uccide le relazioni, creando un danno gravissimo alla persona che la subisce e a quella che l’ha agita, attivando disperati sensi di colpa. È qui invece che quella rabbia va portata, con la parola, raccontata, sentita, elaborata, metabolizzata, digerita o, comunque, canalizzata in maniera diversa verso l’esterno.

  • GIALLO

Si parla spesso della psicoterapia associata al malessere, dimenticando però cosa segue a quel malessere! Il paziente, infatti, se arriva da noi colorato di nero, di grigio, di rosso… comincia nel tempo a presentare altri colori, come il giallo, ad esempio, quando tutto del paziente sorride. Sono gli occhi a sorridere, il cuore, ogni cellula del suo corpo! Ci sono delle sedute piacevolissime di leggerezza e serenità. È proprio vero, come il Sole splende dopo la tempesta, così il giallo splende dopo il nero nella seduta di psicoterapia. Il giallo è il colore dell’estroversione, della gioia, della dinamica, dell’autonomia, così come il correre del bambino in un prato di margherite.

  • ARANCIONE

coloriArancione è il colore dell’apertura, della progettualità, del movimento verso l’affermazione personale, ma è arancione anche il paziente che non si permette la completa manifestazione della pulsione, della rabbia, che ad esempio ha un blocco anche nell’eros, nei rapporti sessuali, nell’energia aggressiva, anche positivamente, di andare verso il mondo, di sperimentarlo, di farlo proprio.. Un vivere un po’ “a metà”, non del tutto, non fino in fondo.

  • ROSA

Nella mentalità comune, il rosa è il colore dell’amore (e il rosso della passione). L’amore di chi entra in studio e comincia a raccontare di una nuova conoscenza, di quell’uomo, quella donna che hanno rapito il cuore. È rosa il colore del “Dottoressa… ci sposiamo!”, del” oggi siamo in 2…”, “Via libera per l’adozione! Finalmente!”. Quante belle emozioni si possono condividere nello spazio della psicoterapia! Viverle pienamente e, nel raccontarle, emozionarsi fino a commuoversi. E anche gli occhi dello psicoterapeuta, che da qualche mese o anno accompagna il paziente nelle sue sfide antiche e in quelle quotidiane, si emoziona, capace di condividere e accogliere non solo il dolore e le fatiche ma anche la meraviglia e la gioia di questi indimenticabili momenti.

  • VIOLA

Il colore della metamorfosi e della trasformazione interiori. Nello studio dei colori, il viola è il colore della sensibilità, della riflessione e dell’introspezione. È il colore che fa da sfondo a tutto il percorso con il paziente, da quando, ancora prima di entrare nello studio dello psicoterapeuta, lo contatta per chiedere un appuntamento. Anche quando al paziente sembra che “non stia cambiando nulla”, che si stia solo perdendo tempo, lo psicoterapeuta vede che invece si sta lavorando e che è inevitabile che ci voglia del tempo perché quelle nuove briciole di pensiero si manifestino nella realtà del paziente. In ogni caso, la riflessività, l’introspezione, fanno da sfondo a ogni tipo di percorso psicoterapeuta-paziente.

  • BIANCO

La luce, l’origine di tutti i colori. È il colore della libertà, del “stiamo uscendo dal tunnel”, spesso associato a una fase di cambiamento esistenziale.

A fronte di questa passeggiata fra i colori del paziente in psicoterapia, c’è una cosa che dobbiamo ricordare:

 il paziente non è solo un colore.

Il paziente è tutti i colori, anche se a volte può sentire che uno o due siano i predominanti convincendosi persino di avere forse solo quelli a disposizione nella sua vita.

Il percorso di psicoterapia è proprio come un viaggio fra i colori, un viaggio fra emozioni, sensazioni e pensieri diversi che si alternano portando, ogni colore con sé, la ricchezza dell’aver preso atto e contatto con quella parte. È una parte a volte bella, altre meno bella, difficile, comoda o scomoda, a volte vitale e altre mortifera ma sempre e comunque propria, personale, un pezzetto in più di se stessi che ora si conosce e che si è sperimentato. Insieme.

© DR.SSA ILARIA CADORIN

Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto

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