“Puoi metterci tutto l’impegno, ma, se la tua auto non è all’altezza, davanti non ci stai.” – Fernando Alonso
Per gli sportivi il tema della gestione delle emozioni è all’ordine del giorno.
Gioia, paura, tristezza, soddisfazione, ansia, entusiasmo, disagio, confusione, vergogna, rabbia… quanto le nostre emozioni ci condizionano nella vita di tutti i giorni? La domanda è retorica.
Ti sarà capitato, durante una partita o una prestazione sportiva (e non), di non essere prestante come avresti voluto e questo perché “c’era qualcosa che non andava”.
Non serve essere giocatori professionisti per sapere che esistono momenti specifici, all’interno di una giornata in cui ci si allena, dove tutto sembra andare perfettamente: il corpo risponde meglio, la forza muscolare non aspetta altro per esplodere e ogni gesto tecnico riesce spontaneamente come per magia (questo stato viene riassunto in ambito psicologico con il concetto di “stato di flow”).
Daniel Goleman, famoso psicologo americano, diceva infatti che “l’uomo ha due menti: una che pensa, l’altra che sente”, entrambe semi-indipendenti l’una dall’altra.
Ciò significa che se a livello emotivo non ci si sente al massimo (perché si è tristi, delusi, arrabbiati…) anche il gesto atletico sarà fortemente condizionato.
Cos’è un’emozione? L’emozione è una reazione a uno stimolo, non sempre reale ma anche immaginato, che comporta delle modificazioni a livello fisiologico e biochimico compromettendo la concentrazione e restringendo l’attenzione.
Un ruolo fondamentale alla base della reazione emotiva risiede nella valutazione soggettiva che viene fatta di quel determinato stimolo. Semplificando: non ci si arrabbia “e basta”; ci si arrabbia per qualcosa. La tristezza non arriva dal nulla, ma si è tristi per qualcosa… quindi una persona “dovrebbe” essere sempre consapevole del motivo per cui sta sperimentando una certa emozione.
Il problema insorge quando “non si sa” cosa si sta provando e si è come guidati da una forza “esterna” che sembra dominarci senza riuscire ad avere su di essa alcun controllo. Pensiamo al morso di Luis Suarez a Chiellini durante la partita Italia-Uruguay ai Mondiali 2014, al morso di Mike Tyson a E. Holyfield nel 1997 a Las Vegas, alla testata di Zidane a Materazzi ai Mondiali 2006… cosa è successo a questi giocatori/atleti in quei momenti?
Non esistono alibi in campo, e tanto meno nella vita. No ai: “Ma io sono fatto così”, “E’ il mio carattere, non ci posso fare nulla”, “Ma lui mi ha fatto arrabbiare e quindi io…”. Lasciamo ai bambini questo tipo di scusanti.
Al di là delle manifestazioni aggressive, che comunque non sono frequentissime, una manifestazione della difficoltà nella gestione delle emozioni, che tutti noi abbiamo conosciuto, è quella dell’ansia che blocca moltissimi atleti. La stessa Federica Pellegrini, in un’intervista raccolta da Nicole Cavazzuti per “OK Salute e benessere” di luglio/agosto 2014, rivela (In riferimento al 2008/09): “L’ansia è diventata il mio guaio più grave: temevo di rivivere le sensazioni provate in quella terribile performance, anche se razionalmente sapevo che non sarebbe potuto riaccadere. Continuavo a rimuginare: «non ce la faccio, non ce la faccio!», e mi si chiudeva la gola. Quando l’ansia toccava l’apice, non riuscivo nemmeno a entrare in acqua: arrivavo ai blocchi di partenza e correvo via”.
Un buon lavoro su se stessi di tipo psicologico, con un preparato e competente Psicologo dello Sport, è la via per assicurarsi la risoluzione dei problemi e il successo a cui tanto si aspira.
Gli sportivi in grado di riconoscere e di gestire le proprie emozioni, non solo durante la partita, ma anche prima e dopo, saranno di gran lunga avvantaggiati nel poter gestire in maniera funzionale la loro performance.
Si parla in questo caso di “intelligenza emotiva”: l’atleta “emotivamente intelligente” è in grado non solo di scoprire come le emozioni personali influenzano la sua prestazione, ma anche d’identificare i pensieri e le emozioni negativi per lui e di modularli successivamente a beneficio della prestazione.
Migliore è la consapevolezza di sé, maggiori saranno le risorse individuali specifiche che si possono mettere in campo nell’affrontare le difficoltà, lo stress e le incertezze in un determinato momento, sportivo o di vita.
L’allenamento atletico e tecnico-tattico quindi non è sufficiente: occorre allenarsi anche emotivamente!
Inizia il tuo training con questo breve esercizio:
- Mettiti comodo e inizia a concentrarti sul tuo respiro. Lascia che i pensieri si dissolvano nella tua mente, non sono importanti in questo preciso momento. Svuota la mente e ascolta semplicemente il tuo corpo.
- Richiama alla mente un’immagine positiva che attivi l’emozione positiva che desideri provare
- Concentrati sul presente e sul gesto tecnico da compiere
- Zittisci il dialogo interiore che toglie energia e carica alla tua visualizzazione e rivolgi a te stesso frasi, parole e incitamenti positivi (l’obiettivo è di ridurre i livelli di ansia e tensione)
Quando invece sei in partita e ti rendi conto che le palpitazioni cardiache e la frequenza respiratoria iniziano ad aumentare, FERMATI e chiediti: “Cosa sto provando ora?”. Dare un nome alle tue emozioni ti permette di diventarne padrone e, di conseguenza, di poterle gestire.
“Non aver parole per descrivere i sentimenti significa non potersi appropriare di essi.” – Daniel Goleman
DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto
Psicologa clinica e psicologa dello Sport
Contatto e-mail: cadorin.ilaria@gmail.com
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