GENITORI E FIGLI: DUBBI E PERPLESSITÁ

Franz Kafka interpreta la famiglia come un organismo unico, un corpo, un tutto, che per sua intrinseca natura cerca di raggiungere una condizione di assenza di dolore che viene chiamata armonia. Ora, tutti conosciamo, chi più chi meno, la visione pessimistica di Kafka rispetto alla vita e quanto egli abbia potuto esperire sulla sua pelle le ferite inferte da una dura educazione patriarcale. È proprio in quest’ottica di armonia che in passato si sono perpetrate le maggiori ingiustizie. Soprattutto nelle vecchie famiglie patriarcali nelle quali sarebbe stato molto difficile trovare forme educative ispirate ai principi di un “sereno altruistico ed amoroso potenziamento delle inclinazioni di un essere umano in formazione, o almeno la serena accettazione di uno sviluppo autonomo” come affermava Jonathan Swift.

Oggi grazie all’evoluzione della famiglia, molti atteggiamenti di vecchio stampo sono stati superati, abbracciando l’idea di essa come un microsistema in cui il buon funzionamento è dato dal sostegno e dal benessere di tutti membri. Tuttavia esistono ancora molte difficoltà delle famiglie soprattutto nella crescita dei figli, nel rapporto genitori/figli e nel rapporto tra fratelli.
Tra questi possiamo sicuramente trovare l’idea di dover essere necessariamente genitori perfetti e di conseguenza avere figli perfetti, dimenticando che la perfezione essendo utopia forse non dovrebbe essere abbracciata come obiettivo.
Accettare invece il limite significa riconoscere che l’evoluzione è strettamente legata alla crescita e per tale motivo prevede l’attesa che le situazioni ed i comportamenti si fortifichino con l’esperienza: l’evoluzione infatti, non essendo un processo stabile, è caratterizzato da incompletezza e difficoltà.

Lo sviluppo dell’identità passa attraverso fasi e processi teorizzati da tanti psicologi del passato (Freud, Piaget, Erikson); insomma qualcosa che è in fieri e pertanto non definibile se non in quel preciso momento. L’identità si sviluppa quotidianamente attraverso percorsi emotivi ed affettivi che devono trovare un riscontro in una comunicazione con l’adulto fatta di confronti ed ascolto attivo soprattutto da parte dei genitori. Solo grazie a ciò il ragazzo o la ragazza svilupperanno la fiducia in se stessi, l’autonomia, il distacco dall’egocentrismo infantile, eliminando la dipendenza dagli oggetti primari e dal narcisismo, imparando che hanno gli strumenti per costruire se stessi; imparando inoltre che laddove non ci riuscissero possono affidarsi ai genitori come supporto, ma mai come sostituzione. Ciò permetterà al bambino e poi all’adolescente di far fronte alle frustrazioni che la realtà necessariamente comporta.

Il vero amore dovrebbe essere basato in famiglia, come nella vita sul rispetto della persona e sulle responsabilità che esso comporta, quindi assente da un eccessivo rigore, o, di contro da un lassismo in cui si corre il rischio di scadere; dovrebbe essere affiancato da comportamenti autorevoli ma slegato da quelli autoritari che possono creare forti contrasti con bambini ed adolescenti.
Viene spontaneo quindi chiedersi dove sia la libertà per i bambini, un tema sul quale i genitori spesso si trovano a riflettere. Per molti viene vista come sconfitta personale quella di dover imporre delle limitazioni ai propri figli. Un limite alla libertà però esiste, un limite che si raggiunge inevitabilmente: ai genitori dunque, in un’ottica educativa non resta altro che imporre delle limitazioni per favorire la crescita. Andare oltre i limiti potrebbe portare non al raggiungimento di maggiore libertà, ma di grande schiavitù. La libertà illimitata difficilmente può rappresentare il modello educativo ideale, anzi, a ben pensare essa rappresenta più una fuga dall’educazione. Non è difficile infatti lasciar fare ai figli ciò che vogliono, ma è piuttosto disfunzionale ed a lungo andare diventa pericoloso. Il rischio più grosso è di cadere nell’apatia o di cercare di reagire con improvvisi scoppi di rabbia, possibilità, entrambe, inappropriate per chiunque voglia definirsi un educatore.

Il punto di partenza dovrebbe essere un altro più che la pura libertà. Il mondo dei genitori e dei figli è diverso: ciò che è importantissimo per i bambini non ha necessariamente un ruolo parimenti importante per i genitori e viceversa. Tenere in considerazione ciò è la condizione imprescindibile per una buona educazione. Da qui la consapevolezza che non esiste l’educatore ideale: nella vita di ogni genitore ci sono momenti in cui si ha l’impressione di rispondere in modo perfetto alle esigenze educative dei figli e momenti in cui ci si sente affranti per aver commesso errori che non hanno portato quasi nulla di buono.
L’obiettivo di ogni genitore dovrebbe essere non quello del raggiungimento della perfezione educativa e pedagogica, ma quello di rispettare i figli per quello che sono e quello che rappresentano nella consapevolezza della fallibilità che caratterizza tutti gli individui affrontando gli errori con la giusta dose di autocritica.

In questo non c’entra solo l’affetto ma il modo in cui ognuno affronta il lavoro più difficile al mondo e le decisioni che ne conseguono tra apprensioni e distrazioni. Ma soprattutto bisogna considerare che tipo di mamme e papà si è e si vuole essere. Forse chi “meglio” riesce è proprio quel genitore consapevole delle fallibilità di tale ruolo caratterizzato dall’insufficienza, dalla vulnerabilità, dalla fragilità, dal senso dei propri limiti che non sono e non devono diventare ingredienti nocivi all’esercizio della genitorialità.
Le domande oggi sono tante ed hanno eletto il tema genitorialità a tema onnipresente; questo perché esso rappresenta per molti, ma non per tutti un tema angosciante foriero di dubbi, innanzitutto sulle capacità di essere genitori. I genitori, insomma, oggi, si sentono fragili, continuamente in bilico tra una forte autorità che li spinge a gridare ed un’innata quanto forte tendenza a soccorrere.

Non a caso in Italia il numero di coppie senza figli aumenta e si gioca tra coppie che non ne vogliono, senza se e senza ma e quelle che li avrebbero anche voluti ma poi il tempo è passato. Forse perché oggi si è diffusa l’idea che fare il genitore sia difficile e con un elevato tasso di insuccesso; la convinzione che il fallimento sia dietro l’angolo porta molte coppie a desistere.
Ogni genitore fa quello che sa con quello che ha. Mamme e papà sono prima di tutto uomini e donne che possono sbagliare. Tutto sta nel riconoscere i propri errori e nell’avere l’intenzione di porvi rimedio, questa è la vera maturità. Bisogna rendersi conto, come detto che genitori e figli sono diversi, con passioni e difetti da scoprire. Non esistono corsi, libri, manuali o consigli che tengano e permettano di non sbagliare. Diventare genitori significa mettere in gioco tutto il bagaglio di esperienze che ognuno ha dentro, associandolo al grande amore che si prova per i figli e crescendo insieme giorno dopo giorno.

Per approfondimenti:
Franz Kafka, Lettera al padre, Garzanti
Jonathan Swift, Una modesta proposta, Cantagalli

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta

 

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