Al giorno d’oggi si sente spesso parlare del termine “Bullismo” fenomeno ormai diffuso nella maggior parte dei contesti. L’autore, in ambito internazionale, che ha più a lungo studiato il bullismo è stato Olweus. Fin dalle sue prime ricerche, condotte negli anni settanta in Norvegia, lo studioso ha iniziato a delineare il fenomeno, giungendo all’attuale definizione: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Una azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio ad un’altra”(Olweus, 1993). Il bullismo, è un comportamento che spesso comprende anche le sottrazioni di oggetti e i danni a cose o persone, realizzati verso specifici coetanei, generalmente presi di mira e nei confronti dei quali sono messe in atto sistematiche persecuzioni. Inoltre è praticato da uno o più bulli che effettuano prevaricazioni, sorprusi e atti di violenza più o meno gravi nei confronti di una o più vittime. I tre elementi che caratterizzano il fenomeno del bullismo sono:
- l’intenzionalità (intenzione di arrecare un danno all’altro);
- persistenza (indica la continuità nel tempo delle azioni di sopraffazione);
- disequilibrio (relazione di tipo asimmetrico tra i partner, la vittima è in una situazione di impotenza).
Ora mi preme delineare un profilo sia della vittima sia del bullo; I soggetti vittime dei bulli sono ansiosi, insicuri, abbattuti e hanno un’opinione negativa di se stessi (scarsa autostima). Con il loro stesso atteggiamento, essi segnalano agli altri che si considerano individui senza valore e inadeguati e che non reagirebbero se venissero attaccati e insultati, condizione questa che li rende dei facili bersagli. Essi sono ripetutamente canzonati in modo pesante, oltraggiati (talvolta viene loro attribuito un soprannome degrinatorio), accusati. Una volta ridicolizzati, intimiditi, umiliati, essi sono facilmente sottomessi, e quindi dominati e costretti a obbedire ai bulli. I soggetti vittime di bullismo:
- Sono fatti oggetto di derisione in modo non amichevole
- Sono aggrediti fisicamente, spintonati, picchiati, spinti, senza che siano in grado di difendersi in maniera adeguata
- Sono coinvolti in litigi o scontri nell’ ambito dei quali si sentono indifesi e da cui tendono a ritirarsi, spesso piangendo
- I loro libri, i loro denaro, le loro cose vengono presi, danneggiati o sparsi in giro.
- Presentano lividi, ferite, tagli, graffi o lesioni dei vestiti. Durante l’intervallo e l’orario di mensa si mostrano soli e sono esclusi dal gruppo dei pari. Sembrano non avere nessun buon amico nella classe
- Sono scelti per ultimi nei giochi di squadra
- Tendono a stare vicino all’insegnante o ad altri adulti durante l’intervallo
- Hanno difficoltà nel parlare in classe e si mostrano ansiosi e insicuri
- Spesso mostrano un improvviso calo del rendimento scolastico
- Appaiono abbattuti, depressi, piagnucolosi
Una delle principali caratteristiche delle vittime è la mancanza di assertività, cioè della capacità di esprimere se stessi e le proprie richieste in modo equilibrato, senza essere passivi né aggressivi. Gli oltraggi ricevuti fanno insorgere nella vittima il desiderio di non andare più a scuola, fanno perdere sicurezza e stima in se stessi, influendo in questo modo anche sull’apprendimento. Tali soggetti col tempo sviluppano forme di depressione, con sintomi a volte sfuggenti, come certe forme di somatizzazione (vomito, inappetenza, astenia, ecc.), altre volte eclatanti (crisi di ansia, pianto, incubi).
Inoltre un autore noto distingue due tipi di vittime: la vittima passiva o sottomessa e la vittima provocatrice;
- nella vittima passiva sono presenti una forte ansia e sentimenti di insicurezza, che portano la vittima stessa se attaccata a reazioni di pianto e di chiusura. La vittima passiva è quindi caratterizzato da un modello reattivo ansioso o sottomesso e associato, nel caso dei maschi, a forza fisica(olweus 1993).
- Nella vittima provocatrice vi è la combinazione del modello ansioso con quello aggressivo. Si tratta di soggetti con problemi di concentrazione, iperattività, spesso fautori di irritazioni e tensioni di chi li circonda, provocatori di azioni negative.
Invece i bulli amano canzonare le loro vittime, ripetutamente e in modo pesante. Essi minacciano, ingiuriano, beffeggiano per intimidire e ridicolizzare le loro vittime, di cui annientano la volontà. Talvolta la violenza verbale lascia il posto a quella fisica, diretta contro oggetti o contro la persona. I bulli possono attuare tali comportamenti nei confronti di molti compagni, ma solitamente prendono di mira quelli più deboli e indifesi. I bulli sono caratterizzati di mancanza di empatia e insensibilità verso i sentimenti degli altri: ciò rende loro difficile costruire relazioni positive con gli altri.
Dietro la loro apparente sicurezza, i bulli sono portatori di problemi relazionali ed emotivi che, se non affrontati nel modo giusto sono destinati a peggiorare: uno dei rischi maggiori è lo sviluppo di psicopatie nella vita adulta. I soggetti prevaricatori avrebbero difficoltà nell’interpretazione corretta delle espressioni emotive degli altri e ciò spiegherebbe la facilità alle reazioni aggressive. Sembra che in tali soggetti sia compromessa anche la consapevolezza dei propri stati emotivi.
È possibile distinguere tre categorie di bulli:
- Il bullo aggressivo: è quello che tende ad assumere una posizione di leader negativo del gruppo e proietta la sua aggressività su chiunque possa fungere da capo espiatorio, noncurante delle conseguenze del suo comportamento.
- Il bullo ansioso: la cui personalità è caratterizzata da insicurezza, bassa autostima, ansia e instabilità emotiva; è un individuo poco amichevole e non molto popolare nel gruppo dei pari. “sono proprio il senso di fallimento e il bisogno di attenzione che lo spingono al bullismo”. Per questi bulli è però sufficiente un richiamo da parte dell’adulto per far nascere in lui il senso di colpa. Rizzardi sostiene che a questa categoria appartenga circa il 20% dei bulli.
- Il bullo passivo: detto anche seguace in quanto appoggia il leader ma solitamente non prende iniziative, non è interessato a prevaricare e sottomettere gli altri ma agisce essenzialmente per ottenere lo status di appartenenza al gruppo evitando, in tal modo, il rischio di diventare vittima.
Uno dei contributi che possano ridurre il fenomeno del bullismo è sicuramente l’organizzazione di corsi su tale tematica sia nell’ambito scolastico che in altri contesti in modo da favorire una maggiore conoscenza del fenomeno e delle strategie di cooping.
Dott.ssa Angela Aitella Psicologa