Essere troppo empatici è sempre un rischio.
L’empatia è uno strumento.
Come tale può essere sia utile che dannosa.
Se pensi di essere una persona molto empatica, l’approccio migliore che puoi avere nei confronti di questo tuo atteggiamento verso gli altri è allenarti a dosarlo.
Il termine «empatia» origina dalla lingua greca: «en» (dentro) e «pathos» (sentimento).
Comprendere in un modo partecipato la situazione emotiva dell’altro senza dubbio rappresenta un vantaggio nelle relazioni se si tratta di un rapporto dove questo processo di comprensione è reciproco.
In questo caso parliamo di relazioni equilibrate, connotate da un alto grado di:
- intimità
- rispetto
- curiosità
- sostegno
- apertura
- desiderio di condivisione.
Tuttavia se riconosci di essere una persona molto empatica, cioè hai una predisposizione a sentire ciò che sente chi hai di fronte, questo tuo tratto, soprattutto con gli sconosciuti, i conoscenti o i colleghi di lavoro, può con il trascorrere del tempo iniziare a darti qualche problema.
L’empatia non è la sola modalità di comprensione dell’altro. Soprattutto in contesti conflittuali dove devi proteggerti rischi di essere frainteso o percepito come debole nel giocare troppo a carte scoperte.
Si tratta di dinamiche tipiche di rapporti ai quali tutti siamo quotidianamente esposti e contestualmente parte integrante del gioco relazionale.
Le persone troppo empatiche rischiano di essere danneggiate da questo tratto del loro carattere che può renderle a tal punto vulnerabili agli occhi degli altri da venire individuate come bersaglio, personalità debole e per questo ancor più esposta e fragile.
Essere troppo empatici nelle professioni d’aiuto
Tutti i professionisti che si occupano di relazioni di aiuto sono soggetti a una particolare sindrome definita «burnout».
Tale quadro sintomatologico può manifestarsi, oltre che in psicologi, medici, infermieri, operatori socio-sanitari, anche in altre professioni che implicano un rapporto con persone in situazioni di disagio, si tratta ad esempio di forze dell’ordine, avvocati, insegnanti.
Maslach e Leiter (2000) hanno individuato tre dimensioni del bornout:
- deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro;
- deterioramento delle emozioni associate al lavoro;
- un problema di adattamento tra la persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest’ultimo (Fonte: Wikipedia).
Questa problematica può comportare anche una ridotta empatia nei confronti delle persone di cui questi professionisti si occupano. A lungo andare, se questo disturbo non viene adeguatamente trattato, il rischio consiste nel non riuscire più a distinguere tra le esigenze delle persone di cui ci si occupa al lavoro e le proprie.
Si tratta di una dinamica profondamente legata ai concetti di confine e senso del limite.
Ristabilire il benessere prevede un lavoro su di sé finalizzato a riposizionarsi nei confronti dell’altro in un ruolo nuovo che preveda il sentire e il comprendere mantenendo netti i confini del proprio ruolo, imparando a familiarizzare anche con il fallimento e l’insuccesso.
Questa breve descrizione del burnout ha lo scopo di evidenziare quanto sia necessario lavorare dando una misura alla propria empatia, proprio perché se dosata, si evita di perdere la presenza mentale sui propri bisogni, su quelli degli altri e soprattutto sull’utilità e sul senso dei confini relazionali.
Se sei troppo empatico, probabilmente già conosci gli effetti di questo tuo modo di essere con gli altri.
Forse non conosci come dare una misura a questa tua caratteristica.
Avviare un percorso psicologico ha quasi sempre l’obiettivo di ridefinire in un modo più sano i confini tra te e gli altri.
Quando troppa empatia ti ostacola
- La tua empatia probabilmente ti porta ad essere un mediatore sul tuo posto di lavoro.
Gli effetti possono consistere in richieste implicite (non espresse verbalmente) orientate a farti intervenire in dinamiche anche delicate, dove il fraintendimento ha preso campo, ad esempio per una mancanza di chiarezza nella definizione dei ruoli. Si tratta di situazioni dove il tuo intervento può di certo essere prezioso, ma per te altrettanto sfiancante.
- Nei rapporti con gli amici vieni individuato come un confidente leale.
Il rischio è che tu non riesca sempre ad averne il tempo, la voglia, le energie. Ascoltare richiede un livello molto alto di attenzione e tu questo riesci a farlo sentendo ciò che sente l’altro, anche la sua sofferenza. Come ti ricarichi?
- Nella coppia ci si attende da te l’impossibile. Non puoi sdoppiarti discutendo. Magari proteggendoti da accuse e nel frattempo sentendo le emozioni di chi ti sta attaccando. I ruoli che confliggono portano a cortocircuiti relazionali che vanno poi sanati.
Qui il gioco relazionale dell’empatico diventa davvero molto impegnativo se non impossibile. Il lavoro psicologico sulla coppia è utile ad agire su dinamiche relazionali come queste.
Dare una misura all’empatia
Essere troppo empatici richiede un lavoro di crescita personale su se stessi.
Sono troppe le minacce.
Eccessivi i contenuti emozionali da elaborare e a cui dare un senso.
Il vortice di pensieri di chi sente troppo i sentimenti degli altri è intricato e impegnativo da dirimere. Tutto sembra “troppo”.
Filtrare ciò che serve a te e ciò che potrebbe servire all’altro in termini di emozioni sentite è tanto complesso quanto più forte è il legame relazionale in cui stai esercitando la tua empatia.
Essere troppo empatici è una ricchezza da molti punti di vista, ma come abbiamo visto si tratta anche di una condizione complessa e scomoda, se non ti costruisci degli strumenti per convivere in modo protettivo con questa tua modalità di essere.
Essere troppo empatici: tre domande per vedere in modo nuovo questa caratteristica
Ecco tre domande che possono esserti di aiuto per avviare il processo di ridefinizione dei limiti della tua empatia.
1. Quali vantaggi avrai nell’applicare un senso del limite alla tua empatia?
2. Sentire troppo e troppo spesso le emozioni degli altri ti ha mai tolto energie?
3. Costruire dei confini nuovi e più fluidi nelle relazioni quali altre parti di te ti permetterà di coltivare?
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Se ritieni che possa rivelarsi utile lavorare su questo tuo tratto del carattere o se cerchi uno psicologo psicoterapeuta a Genova, sentiti libero di contattarmi per avere maggiori informazioni.
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Gaia Berio – psicologa psicoterapeuta 348 6028718