Essere figlio unico, vissuti e significati

 

 

Essere figlio unico è una enorme responsabilità. Tra vantaggi e svantaggi l’erede unico è soggetto a non pochi problemi, sia pratici che psicologici, perché essere il solo oggetto di amore di mamma e papà nasconde spesso delle insidie.

Al centro di una campana di vetro il figlio unico è spesso iper-protetto, situazione che ha dei pro ma soprattutto dei contro molto invalidanti. Infatti, da un lato gode di un senso di sicurezza che spesso, soprattutto da bambino, può creargli la convinzione di essere onnipotente. Da un altro lato però dovrà cavarsela da solo nella vita quotidiana, senza una importante risorsa rappresentata dalla solidarietà dei fratelli. Avrà probabilmente più paura, quindi, ad avventurarsi nel mondo esterno alla famiglia, perché meno capace di mettersi in discussione. Quando tutto questo si protrae nell’età adulta allora subentrano problematiche relazionali importanti.

Il figlio unico ieri e oggi

Ad oggi avere un unico figlio è quasi una costante nelle famiglie moderne, soprattutto in Italia. Condizionamenti economici abbinati ad una maggiore  immaturità psicologica ed emotiva dei genitori, oltre che alla fragilità dei legami di coppia, spingono i partner moderni a fermarsi all’esperienza del figlio unico.

Fino a qualche anno fa però i figli unici venivano frequentemente scherniti all’interno degli ambienti scolastici ed in qualche modo detenevano una cattiva reputazione.

Perché?

Il motivo risiede principalmente nella storia: nella civiltà contadina, fino al secondo dopo guerra, la normalità era mettere al mondo almeno due o tre figli, se non molti di più. Rappresentavano inoltre una grande forza lavoro e quindi una fonte di sostentamento per le famiglie. Il figlio unico era una rarità che evidenziava una qualche forma di “handicap” della famiglia. Tutto questo, però, era basato su giudizi morali e luoghi comuni, che comunque ricadevano sul ragazzo.

La fratellanza

I figli unici, all’epoca come anche oggi, sono iper-verbalizzati e ipo-sensoriali, cioè avendo poco contatto con i pari (fratelli) sviluppano meno capazità sensoriali e relazionali e questo rappresenta un deficit soprattutto in età adolescenziale in cui si lavora al consolidamento della propria personalità.

La fratellanza ha un ruolo determinante nella crescita di un bambino in quanto, come diceva Winnicot, “la presenza dei fratelli e delle sorelle aiuta il bambino a trovare il senso del gioco e gli dà la possibilità di interpretare i diversi ruoli, di sviluppare creatività e spontaneità e, non per ultimo esprimere ed imparare a gestire l’aggressività”.

Da soli sono poco allenati alla competizione pertanto da grandi possono non gestire adeguatamente l’aggressività positiva necessaria in queste situazioni e sviluppare complessi di inferiorità.

Il ruolo dei genitori con il figlio unico

Spesso sono controllati passo dopo passo nelle loro attività quotidiane, ma i figli unici conoscono la solitudine, la noia ed anche la malinconia. Sono saggi e responsabilizzati ma questo poi gli si ritorce contro in quanto diventa un carico morale e psicologico enorme nel tempo. Sono spesso bambini adultizzati, talvolta confidenti privilegiati delle madri tanto da poterli definire dei “piccoli mariti surrogati” e questo li  mantiene ipercoinvolti in tutto ciò che succede nella coppia genitoriale, anche a livello intimo.

Devono fare da contenitore delle scorie genitoriali, consolare ed a volte fare da spartiacque delle angosce e delle inquietudini del loro rapporto coniugale. Mantengono la giusta distanza tra i genitori, soprattutto quando ci sono dei problemi nella coppia e nel momento in cui provano a sottrarsi da questo compito, il senso di colpa diventa molto forte.

Conseguenze nell’età adulta

Insicurezza, senso di colpa perenne e a tratti anche fobie sono i rischi principali a cui sono esposti i figli unici laddove il rapporto instaurato dai genitori sia stato prevalentemente basato sul controllo e sull’evitamento di situazioni dolorose e difficili per questi bambini.

Un figlio unico che ha ricevuto la funzione di parafulmine, da uno o entrambi i genitori, da grande avrà difficoltà a vivere le normali tappe di crescita, ma soprattutto a staccare quel cordone che lo fa sentire utile, anzi a tratti indispensabile per il benessere dei genitori.

Spesso il figlio unico è un figlio boomerang, ossia un figlio che tenterà di partire per studio, lavoro o per farsi una nuova famiglia, ma che in un modo o in un altro si sentirà costretto a tornare per ricoprire il suo ruolo.

I bambini sono figli del mondo e devo integrarsi con esso per poter stare bene. I genitori, dal canto loro, possono imparare a comportarsi da trampolino di lancio nel mondo per il figlio, affrontando con maturità le sensazioni di tradimento subito e la solitudine del vuoto che l’investimento totalitario sull’unico figlio può creare.

Dott.ssa Ivana Siena
www.centropsicoterapiafamiliare.it

 

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