EMOZIONI: RICONOSCERLE PER GESTIRLE

Uno dei massimi esperti nel riconoscimento delle emozioni attraverso le espressioni facciali è Paul Ekman, psicologo statunitense che ne ha fatto una divisione in primarie e secondarie dando molta importanza a quelle primarie, quelle cioè innate e riscontrabili in qualsiasi popolazione.
Esse sono:
• Rabbia, generata dalla frustrazione e che si può manifestare attraverso l’aggressività;
• Tristezza che nasce da una perdita o da uno scopo non raggiunto;
• Paura che è dominata dall’istinto ed ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto;
• Gioia, caratterizzata da uno stato d’animo positivo in cui i desideri sono soddisfatti;
• Sorpresa, una reazione originata da un evento inaspettato e può essere seguita da paura o gioia;
• Disprezzo, un sentimento caratterizzato da totale assenza di stima e da rifiuto e disdegno verso persone o cose;
• Disgusto, la risposta repulsiva che è caratterizzata da una specifica espressione facciale, spesso legata al disprezzo.

L’emozione consiste in una serie di modificazioni sia a livello fisiologico (alterazioni respiratorie, cardiache, muscolari) sia a livello psicologico (pensieri e sensazioni). Ekman però non si soffermò solo alle emozioni primarie, ma anche a quelle secondarie stilando un’altra lista che nasce dalla combinazione delle espressioni primarie con la crescita dell’individuo e dalle sue interazioni con la società.
Esse sono:
• Allegria, intesa come un sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
• Invidia in cui il soggetto in questione sente forte la volontà di possedere ciò che ha un’altra persona;
• Vergogna: una reazione emotiva che si può provare a seguito delle trasgressioni di regole sociali;
• Ansia: ebbene sì, anche l’ansia viene inclusa tra le emozioni secondarie rappresenta una reazione emotiva che si innesca a seguito dell’idea che possa verificarsi un periodo negativo ipotetico futuro e distante;
• Rassegnazione, uno stato d’animo che caratterizza chi accetta un dolore, una sfortuna;
• Gelosia, un’emozione che deriva spesso dalla paura ti perdere qualcosa che ci appartiene;
• Speranza: cioè la tendenza a ritenere che un determinato evento andrà secondo le proprie aspettative (è spesso alla base del pensiero quasi-magico);
• Perdono: rappresenta la sostituzione delle emozioni negative a seguito di un’offesa (percepita o ricevuta)
• Offesa: danno morale che si arreca ad una persona attraverso atti o parole;
• Nostalgia: stato di malessere causato dal desiderio insoddisfatto di un luogo lontano o di una persona assente, di una situazione o uno stato d’animo che si vorrebbero rivivere;
• Rimorso: uno stato di pena che vive chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrarie al proprio codice morale;
• Delusione: stato di tristezza che si verifica a seguito della costatazione che le aspettative e le speranze coltivate non hanno avuto riscontro nella realtà.
Pertanto le emozioni secondarie a differenza di quelle primarie sono più complesse e quindi per essere attivate necessitano di più elementi esterni ma anche pensieri più eterogenei.

Esistono anche altre emozioni più complesse come: l’imbarazzo (sensazione di inadeguatezza), l’orgoglio (soddisfazione per il proprio successo), colpa e vergogna (dovute alla trasgressione di regole con conseguente scoperta), timidezza (tendenza ad avere timore per buona parte di persone o situazioni con conseguente evitamento).

Affinché le emozioni siano ben gestite ed organizzate è necessario che vengano attivati cinque processi psichici (Lane e Schwartz, 1978):
• Senso motorio: ossia la percezione delle emozioni attraverso l’espressione facciale;
• Recitativo senso motorio: legato ai vissuti ed alle sensazioni corporee ed espresso tramite l’azione;
• Preoperatorio: cioè il vissuto psicologico unidimensionale con descrittori verbali stereotipati (mi sento, sto provando, sto vivendo);
• Operatorio concreto: consapevolezza delle emozioni e delle esperienze a livello rudimentale
• Operatorio formale: consapevolezza piena delle emozioni complesse con le relative distinzioni tra le sfumature delle emozioni complesse associata alla comprensione delle emozioni complesse negli altri.
Riconoscere le emozioni può essere un processo automatico (non sempre lo è a causa di diversi fattori) e si basa sulle espressioni facciali, l’intonazione della voce, gli elementi accessori del linguaggio, i movimenti corporei, gesti ed atteggiamenti (postura).

Le emozioni sono spesso legate a fattori sociali e culturali, sebbene come abbiamo visto a livello semantico siano ben chiare; anche il lessico familiare ha una forte influenza sulle emozioni che si provano e che si percepiscono degli altri. Usare le parole per descrivere le emozioni è importante per trasmettere al nostro interlocutore ciò che avviene interiormente durante la relazione soprattutto a livello di vissuto soggettivo. Attraverso le relazioni possiamo cogliere le emozioni personali e di chi abbiamo di fronte, ma per fare ciò è necessario una forte consapevolezza di sé e delle proprie caratteristiche di personalità e delle situazioni in cui tendiamo a manifestare determinate risposte emotive che possono portare al fallimento dell’interazione. Attraverso le relazioni affettive abbiamo anche l’occasione di riconoscere gestire e controllare in senso positivo le nostre emozioni.

Una su tutte è la modalità di gestire la rabbia, le frustrazioni e la collera; nel caso di quest’ultima è importante riconoscere se abbiamo la tendenza ad esprimerla in modo esplosivo, passivo, assertivo; poiché potremmo riuscire a mettere in atto uno stile relazionale non reattivo quando ci troveremo di fronte a comportamenti indesiderabili degli altri che tendono ad avere atteggiamenti prevaricatori nei nostri confronti.

Gestire al meglio le emozioni è possibile e si può fare allenando quella che Daniel Goleman chiama: “intelligenza emotiva”, ossia sviluppare la capacità di motivare se stessi nel persistere nel perseguire un obiettivo nonostante la frustrazione, la capacità di controllare gli impulsi rimandando la gratificazione, modulando i propri stati d’animo, evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare. A ciò si associa la capacità di essere empatici.
Quindi allenare la propria mente a conoscere e riconoscere le proprie emozioni è importante per controllarle, per automotivarsi e per riconoscere le emozioni altrui al fine di gestire al meglio le relazioni.

Per approfondire:
Paul Ekman, Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste, Ed. Amrita

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta