DONNE E COSTRUZIONE DELL’AUTOSTIMA: IL PROPRIO CORPO (prima parte)

La nostra autostima ci spinge a compiere e mettere in pratica comportamenti più o meno proattivi con i quali ci relazioniamo alla società. Questa è spesso legata agli stereotipi, quelle rappresentazioni semplificate della realtà, che vengono associate senza distinzioni né verifica ad un intero gruppo di persone. È proprio dagli stereotipi che lo sviluppo della personalità viene spesso influenzato e soprattutto nella donna, forte è la convinzione di dover aderire ad alcune caratteristiche per inserirsi nella società. Tipico è il caso delle aspirazioni di carriera diverse per donne e uomini, così come alcuni comportamenti vengono percepiti inadatti alle donne. Le donne vengono tradizionalmente viste come coloro che sono deputate ad alcuni comportamenti come l’accudimento, l’aiuto, l’interesse per i propri cari ecc. Lo stereotipo femminile influenza molto e profondamente la crescita personale: violarlo porta a sentimenti di inadeguatezza e malessere.

Cosa succede alla donna quando l’autostima, la sensazione di sentirsi bellissima oppure bruttissima è legata al proprio corpo? Nella donna più che nell’uomo l’amore/odio per il proprio corpo è fortemente sentito e la porta a mettere in discussione se stessa in continuazione, inficiando quel complesso processo di costruzione della propria identità all’interno della società e nel rapporto con gli altri. C’è un continuo altalenare tra sentimenti che fanno sentire bene una donna e una marcata insicurezza rispetto al proprio aspetto. Tutto ciò nasce dal tentativo di voler andare avanti, osare, essere altro che cozza con l’insicurezza di non essere piacenti, all’altezza, adeguate. Ogni convinzione di adeguatezza viene continuamente messa in discussione, per cui ogni minima sicurezza lascia il posto in modo improvviso ed inesplicabile alla convinzione di essere brutta, grassa, bassa, ecc.

Le donne cercano di cambiare il loro corpo, l’aspetto attraverso la dieta, l’esercizio fisico, la moda, i prodotti di bellezza ed in alcuni casi la chirurgia estetica e i disturbi alimentari. Il corpo viene visto come una sorta di abitazione da curare, da ristrutturare, da tenere bene, ma anche quando ciò avviene in modo quasi ossessivo non c’è un senso di soddisfazione. Ecco che esso diventa nella donna un nemico che le sbatte continuamente in faccia i suoi fallimenti senza preoccuparsi della sofferenza che le può provocare.
Guardarsi allo specchio non significa vedere solo le proprie fattezze corporee (dimensioni, difetti, pregi, particolarità) ma anche focalizzarsi sulla propria immagine interiore, quella sicuramente più difficile da accettare. Tutti pensiamo di voler essere amati ed accettati per quello che siamo, senza essere costretti ad una continua messa in discussione di noi stessi, senza pretese di farci cambiare gli aspetti meno gradevoli di noi o di vincere a tutti costi le nostre debolezze.
Nasce quindi quel conflitto forte tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è, così come forte è la tendenza ad autocriticarsi nell’idea di non essere capace a fare nulla. Il nostro corpo ci mostra ciò che non vorremmo vedere e ci dice cose che non vorremmo “sentire”, ad esempio che abbiamo fallito l’ennesima dieta, che non abbiamo abbastanza autocontrollo, che il cibo è stato ancora una volta più forte di noi. La tendenza ad “alimentare” frustrazioni e sensi di colpa con il cibo “reale” invece che con le soddisfazioni personali e l’amore per se stessa innesca nella donna quel circolo vizioso che la porterà a “riempire” i vuoti emotivi con il cibo, per poi criticarsi e riprendere a mangiare.
Il corpo costituisce una narrazione di sé e per vivere uno stato di benessere corpo e mente devono essere in armonia tra loro. Ciò non sempre succede e la vita diventa una corsa in auto con il freno a mano tirato: si fatica molto ma la resa è notevolmente inferiore.

Gli esseri umani nella vita si ritrovano a vivere tra spazio reale e spazio immaginario e riversano tutto sull’aspetto fisico; questo è tanto più vero per alcune donne per le quali, in un’epoca di continua ricerca della perfezione, il massimo spesso è legato al senso di sentirsi belle volendo indossare a tutti i costi una taglia 40. La conseguenza è che molte donne si chiudono in se stesse, tormentandosi vergognosamente di essere troppo grasse per comprare un capo che sia di moda. E purtroppo non c’è complimento che tenga da parte del fidanzato o dell’uomo di turno che viene additato come colui che non capisce il reale disagio che vive la compagna. In realtà spesso è essa stessa che si focalizza sul fisico per spostare l’attenzione da altro, come una bassa autostima nei confronti del mondo esterno, problemi con il proprio passato, vissuti di inadeguatezza legati al perfezionismo che la società ed a volte anche la famiglia instillano nelle ragazze attraverso la riproposizione di modelli femminili legati più ad esigenze di moda e marketing che alla realtà.

La società, attraverso i mass-media influenza la percezione che l’essere umano ha di sè attraverso una procedura chiamata “priming” (un processo psicologico secondo il quale l’esposizione ad uno stimolo influenza la risposta agli stimoli successivi). Quindi immagini mediatiche stimolano nello spettatore pensieri e comportamenti legati ad esse. Ecco che le ragazze spesso associano ad una spiccata sensualità, ad un corpo piacente la propria femminilità e la mancata aderenza a certi canoni le porta a mettersi in discussione e non accettarsi.

Nella seconda parte analizzeremo un altro fattore fondamentale nella costruzione dell’autostima personale e del rapporto con il proprio corpo: la relazione madre-figlia.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta

 

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