Mi confronto spesso con una delle difficoltà più grandi che abbiamo: quella di voler capire chi vogliamo essere da grandi.
Sì perché durante tutta la nostra infanzia è una domanda che ci viene spesso fatta dagli adulti, che ci consente di sognare di essere il nuovo supereroe, di essere il nuovo astronauta o pompiere, o ancora di essere come la maestra che tanto ci piace.
Allo stesso tempo la scuola, nel suo percorso di accompagnamento ci porta ad interrogarci su questo “pesante” quesito che ci fa scegliere quindi un istituto professionalizzante o un liceo classico, per costruirci la CARRIERA futura.
La parola chiave che accompagna queste risposte infatti è quasi sempre LAVORO.
Il chi vuoi essere da grande si traduce essenzialmente in un: che lavoro vuoi fare. Ecco che allora quel bambino, ormai adulto, che continua a porsi questa domanda lo fa per segnare le tappe della sua carriera professionale, per comprendere i limiti che è disposto a valicare, il ruolo che vuole ricoprire e la realtà aziendale nella quale si immagina inserito. È una domanda d’altronde che ti viene posta anche in molti colloqui di assunzione, come se dalla risposta che così il candidato riesce a fornire, emergesse la sua determinazione e la sua ambizione. Ed effettivamente a questo sembra servire.
Ora però mi chiedo… essere grandi vuol dire essenzialmente comprendere che lavoro vogliamo fare?
Nella mia professione (di psicologa per chi ancora non lo sapesse) si presenta invece come una domanda molto importante che si traduce in un momento di grande presa di coscienza della persona. La visualizzazione di chi vorremmo essere “da grandi” consente alla persona di analizzare tutti i suoi vissuti del momento, di prendere coscienza conseguentemente delle spinte, dei desideri e delle risorse che ha disposizione e che chiedono, in qualche modo, di trovare soddisfazione. Più è completa l’immagine che riusciamo a darci di quella persona che vorremmo essere “da grandi” più le scelte che compiremo nella quotidianità verranno agite con un senso di maggior serenità. Perché si sa il problema principale è che ogni volta che ci troviamo più o meno costretti a compiere delle scelte, il rischio maggiore in cui possiamo incorrere è quello di pentirci, anche in un secondo momento, di quello che NON abbiamo scelto.
Una domanda che mi rendo conto è solo apparentemente semplice, in realtà implica il voler raccontare, anzitutto a se stessi, tutto quello che ci rappresenta come persona: i nostri sogni, le nostre ambizioni, le nostre emozioni, i nostri propositi e i nostri obiettivi. Una domanda che ci consente di avere una visione a lungo termine e di dare un senso alle nostre decisioni.
Con questo non sto dicendo che una volta trovata una risposta più o meno completa a questa domanda il nostro destino è segnato. La vita segue direzioni sempre inaspettate e gli imprevisti, nel bene e nel male, sono parte fondante la storia di ognuno di noi. Quindi riuscire a dare una risposta non vuol dire segnare il punto di arrivo obbligatorio o il traguardo unico da raggiungere. Porci questa domanda aiuta in realtà a prendere consapevolezza di se stessi nel momento presente e questo è ciò che ci consente poi di poter dirigere la nostra vita laddove veramente avremmo voluto che andasse.
Mi spiego meglio: come possiamo riuscire a conoscere ogni spinta che ci contraddistingue e a sperimentarci quindi in modi sempre diversi senza chiederci che sogni abbiamo? D’altronde sono i sogni che avevamo da bambini che una volta raccontati e visualizzati davanti a noi ci aiutavano a comprendere se ci appartenevano veramente o no.
Chiederci chi vorremmo essere da grandi e cercare di comprendere come riuscire a diventare quella persona ci consente di agire con volontà riuscendo ad essere soddisfatti della vita che viviamo.
Ps: Non dobbiamo aver paura di volerci immaginare e visualizzare “da grandi”, dobbiamo invece volerlo comprendere e spronarci ogni giorno a muoverci andando verso quell’immagine!
E se non vi va di farlo da soli, io posso supportarvi in questa ricerca interiore! L’obiettivo dovrebbe essere sempre uno solo: dare e prendere il meglio che è insito in ognuno di noi!
A presto,
Sarah Chreyha.